I genitori restano terrorizzati quando scoprono nei loro figli una lieve inclinazione a star soli; quei fanciulli timorosi che già da piccoli hanno le proprie gioie e i propri dolori appaiono inquietanti. Sono estranei all'interno della famiglia, intrusi e osservatori ostili e l'odio verso di loro cresce di giorno in giorno ed è già molto grande accanto a loro ancora piccoli. Così entrano nella vita, destini che cominciano nelle profondità delle lacrime, destini che non saranno tramandati perché li copre la chiacchiera di una domestica o lo scoppiettare di una macchina. [...]
Ma non desidero andare verso di loro, perché cosa potrei mai dire di più grande del loro dolore o di più sublime del loro silenzio? Non li disturbo. Ma una cosa mi riempie interamente: la coscienza che la vita di quei solitari è una delle forze potenti che agisce dentro di me dalle profondità della notte. Essi mi raggiungono, mi trasformano e ci sono luoghi in me immersi nel chiarore della luce silenziosa che essi emanano. Non credo esista una comunione, o un contatto, più prossimi di questo.
E penso anche: se questi giovani solitari mi inondano di luce dalle lontananze sconosciute della notte, senza far altro che stare tristemente alla finestra, quali influsso dovrebbero esercitare sulla mia esistenza quei solitari che sono intimamente felici e pieni di azione? E mi sembra che in questo senso sia indifferente se tutti loro ancora vivano o siano ormai dei nomi tra i morti.»
Rainer Maria Rilke - Appunti sulla Melodia delle Cose, Passigli Editori
Nessun commento:
Posta un commento