giovedì, settembre 29, 2011

Drizzit 123

Ahahah :D cito sempre Calvin & Hobbes come mia fonte di ispirazione, ma non mi era mai capitato di disegnare una striscia così "vicina" alle atmosfere di quelle vignette. Ne vado molto fiero.

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L'articolista provetto

Sul rinnovato blog della Gilda del Drago Nero (l'associazione ludico-culturale di Bracciano di cui faccio parte, per chi ancora non lo sapesse), ho pubblicato un articoletto sul ritorno di Monte Cook nella scuderia della Wizards of the Coast. Chi fosse curioso, può andarlo a leggere.

PS la foto l'ho scattata io stesso a Lucca 2009, in quell'occasione Monte mi firmò una copia di Tales from the Infinite Staircase che conservo gelosamente.

mercoledì, settembre 28, 2011

Drizzit 122

Illuminare con cura ogni singola vignetta è stato davvero un procedimento noioso. Preferirei disegnare di più e colorare di meno. Spero di non avere più altre idee del genere!

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lunedì, settembre 26, 2011

Drizzit 121

Poiché mi piace disegnare, cerco sempre di ricorrere poco al copia+incolla. Quando lo applico, è sempre per non dover ridisegnare la stessa vignetta due o tre volte, il che mi annoierebbe. Ma ad esempio non sono solito utilizzare sempre la stessa immagine di Drizzit ogni volta che ho bisogno di un suo mezzobusto, o di un primo piano. Mi semplificherebbe molto il lavoro salvare in un file una selezione di figure pronte e poi riciclarle, ma preferisco ogni volta ridisegnare tutto. Come faceva Will Watterson, per citare il mio preferito. Questa striscia non mi ha permesso di copiare+incollare nemmeno quel poco che faccio di solito, cioè due vignette consequenziali, e nonostante le tre vignette fossero tutte e tre simili. Ho dovuto ridisegnare tutto in ogni vignetta, ed è stato un lavoraccio poco divertente. Al di là del risultato dignitoso e della mia voglia di disegnare, cercherò di non ripetere l'esperienza.

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domenica, settembre 25, 2011

Pathfinder GdR: Vigore e Ferite

Come avevo già discusso in un precedente post (questo qui), il manuale Ultimate Combat per Pathfinder GdR introduce alcune regole opzionali da applicare essenzialmente per rendere il gioco più realistico. Una di queste riguarda Vigore e Punti Ferita.

In maniera simile a quanto descritto in precedenti prodotti come Arcani Rivelati per D&D 3.5 o nel gioco di ruolo di Star Wars, si suggerisce di conteggiare un ammontare di punti ferita separatamente e di considerarli i veri "punti ferita", e cioè l'ammontare di punti che se ridotti a zero uccidono il personaggio. Il resto dei punti ferita in realtà rappresenta le "ferite superficiali", che guariscono più facilmente e solo una volta esaurite queste i danni andranno a intaccare i punti ferita reali. In Ultimate Combat la riserva di "veri punti ferita" è chiamata Punti Ferita ed è pari al doppio del punteggio di Costituzione. Giunti a PF pari a zero, si muore. Il manuale indica comunque a metà del valore di PF la soglia sotto la quale si è incapacitati, cioè sotto quel punteggio (pari in soldoni al valore di Cos) si seguono più o meno le regole valide per un personaggio morente nel regolamento base, con la sola differenza che si è coscienti e si può continuare ad agire (una sola azione), anche se ogni volta si perde un PF e si rischia di svenire. I dadi vita guadagnati con il livello, ai quale non si somma il bonus Cos, accumulandosi man mano andranno invece a costituire il Vigore.
Facciamo in esempio: un mago di 3° livello con Cos 10, utilizzando questo metodo avrà 20 PF e 3d6 punti di Vigore (di media 10). Quindi può subire 10 danni senza conseguenze, dopodiché ogni ulteriore danno andrà ad intaccare i PF, molto più difficili da recuperare (vedi più avanti). Giunto a 10 PF o meno, potrà compiere solo 1 azione per round e dovrà effettuare una prova di Cos per stabilizzarsi e non perdere 1 ulteriore PF. Se compie l'azione, perde il PF senza effettuare alcuna prova, ed effettua invece la prova di Cos per evitare di perdere i sensi. Fin qui tutto chiaro? Bene. Perché adottando il nuovo sistema cambiano anche due altre cose fondamentali: le cure e i colpi critici.
Curare il Vigore perduto è facile come curare le ferite nel sistema originale. Un cura ferite leggere ad esempio continua a curare 1d8+livello Vigore. Però si può scegliere invece di focalizzarlo sui PF perduti e in tal caso cura solo 1 PF per dado! In pratica cure e guarigioni, quando applicate sui PF anziché sul Vigore, curano solo 1 PF per dado, o 1 PF per livello nel caso di incantesimi che curerebbero 10 dei vecchi pf per livello (come guarigione). I Punti Ferita si recuperano al ritmo di un solo PF a settimana, e ovviamente sono influenzati dalle variazioni, anche temporanee, di Costituzione (mentre il Vigore, al quale non si applica più il bonus Cos, ne è immune). Nel caso di livelli negativi invece sarà solo il Vigore a diminuire, poiché legato ai Dadi-Vita, mentre i PF non subiranno variazioni (ma ovviamente giungere a 0 DV significa comunque lasciarci la pelle).

In questo sistema, se i colpi critici continuassero a raddoppiare i danni, agli alti livelli si finirebbe per massacrare alcuni potenti mostri con un colpo solo. Prendiamo ad esempio un Drago con 2o DV e Cos 30, passando dal vecchio al nuovo sistema perderebbe 2oo pf (poiché il bonus Cos non si somma più al Vigore) e otterrebbe in cambio solo 80 PF. Passerebbe cioè da più di 300 pf a circa 110 punti di Vigore + 80 PF. Considerato che un PG guerriero con 20 DV di solito sferra 4 attacchi con una media di 40 danni ognuno, considerare di fargli raddoppiare il danno in caso di critico significherebbe rischiare che un drago possa essere abbattuto in un solo round da un solo avversario. Così, il sistema del critico viene modificato: il nuovo sistema dice che quando un critico viene confermato, l'arma infligge danni aggiuntivi pari al suo moltiplicatore del critico, e questi danni aggiuntivi si scalano direttamente ai PF. In questo modo gli effetti devastanti del critico vengono mitigati, ma restano comunque temibili (più che per i nemici, lo restano per i PG che avranno molta difficoltà a recuperare i PF perduti.

Vi piace? A me convince, ma per adattarlo a una delle mie campagne (e playtestarlo un po') ho deciso di ritoccarlo un pochino. Innanzitutto chiamerò Vigore la riserva dipendente da Cos e Punti Ferita quelli dipendenti dai dadi-vita. Mi pare più sensato. Poi conteggerò il Vigore pari alla Cos e non al doppio, mantenendo i punti negativi e la morte a un punteggio pari a -Cos, con le stesse regole precedenti per gestire i PF negativi, stabilizzare e così via, più una variante: quando viene applicata una qualsiasi cura al Vigore negativo, il punteggio va a 0 e poi si applicano le cure.
Riguardo alla cure poi, ho deciso che è meglio farle agire secondo criteri di precedenza. Siccome si scalano prima i PF e dopo il Vigore, quando si andrà a curare un personaggio verrà prima ripristinato il Vigore, e solo dopo i PF. Era imbarazzante che bevendo una pozione si potesse decidere cosa curare: adesso prima la magia ripara le fratture, poi i lividi. Nel caso di guarigioni eccedenti, il surplus si convertirà nei consueti dadi di cura (ma senza bonus). Ad esempio se il mago di prima ha perso tutti e dieci i PF e anche 2 punti di Vigore, quando berrà una pozione di cura ferite critiche tornerà al massimo di vigore. La pozione in verità permetterebbe di recuperare 4 punti di Vigore in quanto cura 4d8+livello PF, quindi avendo perso solo 2 punti di Vigore, il mago recupererà anche 2d8 PF. Il bonus pari al livello non si applica in questo caso, ma se il mago ne bevesse un'altra per recuperare altri PF, stavolta otterrebbe 4d8+livello PF perché il suo Vigore è già al massimo.
Le regole riguardanti il critico mi sembrano già molto sensate e le lascerò così. Vi farò sapere quanto prima come andrà il playtesting.

Casa

Tutte le altre Questions le trovate qui.

sabato, settembre 24, 2011

Drizzit 120

Questa striscia darà il via a una piccola serie di situazioni, pertanto non era fondamentale che terminasse con una battuta-bomba. Invece, ho preferito che suscitasse simpatia. Anzi, più che altro empatia. Mi piace il fatto che Drizzit si appoggi a Glenda, in quanto ferito. Anche se qui sembra già abbastanza in forma, in realtà zoppica (si vedrà meglio nelle vignette successive, spero). Inoltre volevo aggiungere un commento riguardo all'argomento della conversazione tra Katy e Drizzit: chi gioca di ruolo, sa che in effetti gli avventurieri si comportano proprio così! Depredano i cadaveri dei nemici e se si tratta di oggetti utili, li indossano senza problemi. Quindi anche se nella realtà la reazione di Katy può sembrare giustificabile, nel mondo dei giochi di ruolo è lei quella degenere, tra i due. Ma ovviamente, Drizzit non è un gioco di ruolo, e segue le sue regole.

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giovedì, settembre 22, 2011

Altri capolavori da dimenticare

Altri due film che andrebbero evitati, soprattutto se siete sensibili quanto me a certe sollecitazioni. Vi narrerò della mia serata al cinema.

Seduto sulla mia poltroncina vellutata ero in attesa che il film The Eagle cominciasse. Di fianco a me, una coppia (ragazzo e ragazza), sgranocchiavano quella sottomarca di cipster che nei multiplex vendono al doppio del costo dell'originale. Li sento lamentarsi del fatto che c'è troppa pubblicità, in maniera del tutto generica. Dopo i consueti 20 minuti di spot caserecci per lo più riguardanti bisteccherie e autofficine, il film comincia.

The Eagle scorre indigesto come la pasta scotta al ristorante. Si tratta della storia di un romano inviato presso un forte in Britannia, che dopo aver difeso efficacemente la postazione dai barbari, come premio viene congedato. Trattandosi di un film essenzialmente fascista, il protagonista non può che soffrire per il fatto che ora sarà costretto a trascorrere la vita in qualche bella villa romana. Perché è chiaro che lui vuole combattere, vuole l'onore, vuole riscattare la figura del padre che è stato maciullato in battaglia assieme a tutta la sua legione perdendo lo stendardo d'oro di Roma, l'aquila del titolo. Il suo schiavo gli chiede: ma che c'è di tanto importante in quel pezzo di metallo? Lui gli risponde: l'aquila è ROMA! Come se fosse una spiegazione. Comunque continuo a farmi inondare di testosterone, saluti romani, maschilismo manifesto e dialoghi pompati fino alla fine. In due ore non prende la parola mai nemmeno una volta una donna (diciamola meglio, nel film non compare mai una donna). Alcune battute sono da memoriale della storia del cinema: "Bevi i suoi intrugli, sono un toccasana, anche se puzzano più dei suoi peti." Gli dice lo zio riferendosi all'erborista suo schiavo, quando il protagonista è malato.
La vicenda si sposta a nord, quando lui decide di andare a ritrovare l'aquila, ché qualcuno l'ha vista da qualche parte oltre il vallo. Partono in due, lui e lo schiavo. L'aquila alla fine ce l'hanno gli uomini-foca (davvero!), una tribù di barbari che lo spettatore potrebbe addirittura prendere in simpatia, e infatti prima della fine lo sceneggiatore arguto ci infila una sequenza in cui un guerriero degli uomini-foca sgozza un ragazzino la cui unica colpa era di non aver svegliato il papà. Così, tanto per far capire chi sono i cattivi. Fotografia e regia del film sono pregevoli, la colonna sonora è un po' scialba ma le litanie sullo sfondo fanno sempre la loro bella figura. Un po' meno bravi gli scenografi: vestiti e location sanno sempre un po' troppo di finto. Gli attori si limitano a prestare la faccia, ma tanto non serve molto di più in un film del genere. Ovviamente, è la sceneggiatura il punto debole. Buchi grossi come case: i romani costretti a uscire dal forte per ammazzare i barbari? Ma non ce le hanno le lance e le frecce? Uomini a piedi che raggiungono fuggitivi a cavallo. Banalità assortite: ah bravo hai riportato l'aquila, rifaremo la IX legione e tu sarai il capitano (dice il senatore in quattro e quattr'otto, senza consultare nessuno, visto che siamo agli sgoccioli del film e bisogna chiudere). Ma ancora peggio della sceneggiatura è l'intenzione del film, che sembra proprio voler dare una spolverata a quei valori che (forse) saranno stati in voga duemila anni, ma che nonostante progresso e civiltà l'umanità non è mai riuscita a togliersi dal groppone, e che quindi continuano a sprofondarci nella vera barbarie, non quella dei Pitti, bensì quella delle guerre economiche, del sopruso del più forte, dell'ostentazione del potere, della prevaricazione dei diritti dei deboli, della conquista con le armi, della testa alta, del me ne frego. Le barbarie del nazifascismo, delle dittature di stampo sovietico, degli assolutismi, dei combattenti armati per la libertà africani e dei vanti virili del nostro premier, hanno tutte una cosa in comune: l'amor proprio. L'amor proprio ti tiene in vita, è vero, ma se lo esalti e lo veneri e ne fai un valore, diviene un'arma con la quale colpire chi ti sta attorno. Una volta Giacomo Leopardi scrisse: "Il principio universale dei vizi umani è l'amor proprio." Ora ci hanno fatto un film, si chiama The Eagle.

Stremato psicologicamente da questo film, quando si sono riaccese le luci ho notato che la coppia seduta vicino a me aveva già lasciato la sala, abbandonando in terra mezzo panino smozzicato, i bicchieri delle bibite e i cartocci di patatine. Trogloditi. Gente che siccome paga, pensa di aver comprato il diritto di essere incivile. Se vi capitasse di fermarne uno, vi risponderebbe: beh lo butteranno via gli inservienti. Anche se addirittura negli spot prima del film ti invitano a "utilizzare i cestini". E anche se abbandonare un panino mangiato a metà per terra, fa schifo. Ma è a quelli come loro che il film presumibilmente sarà piaciuto.

Cambiando sala per il secondo film della serata, Contagion, mi devo essere confuso. Dopo la lunga trafila di trailer e spot vari, mi ritrovo a contemplare allibito i titoli di testa del film Box Office 3D di Ezio Greggio, pellicola che nemmeno sotto tortura sarei riuscito a vedere. Fuggo dalla sala e imbocco in quella giusta. Vado a sedermi trafelato e un signore, seduto sul sedile di fronte a me, mi chiede se "mi era già capitato". Dapprima non capisco... anzi penso: e questo che ne sa??? Poi lui si spiega, e io intuisco che si riferisce al fatto che sono 25 minuti che sta seduto a vedere spot e il film non comincia ancora. Giunge un altro individuo che impreca ad alta voce prima di sedersi: "Ma che cazzo! Non è possibile! Mezz'ora di pubblicità!". Era andato a protestare (dove? non lo so). Gente qualsiasi, altri trogloditi. Si rivolge a me e gli dico che è normale (nei multiplex è così da 20 anni, anche se in effetti 20 anni fa c'erano 15-20 minuti e adesso sono 20-25). Lui mi fa, tutto incazzato: "ma che il cinema è vostro? C'avete 'na convenzione?" come se gli avessi detto che adoro gli spot e che è giusto che sia così. Capacità intellettive limitate. D'altro canto appunto, questo poveretto probabilmente era la prima volta che si ritrovava a vedere un film in un multiplex, ed era di tale pochezza mentale da non essere riuscito a scorgere l'avvertenza che il film sarebbe cominciato 25 minuti dopo l'orario annunciato, stampata su brochure, biglietto che aveva in mano e premessa anche sul sito internet.
Comincia il film (il troglodita sbotta ad alta voce: "Grazieeee di esistereeeeee"), e già sapevo che si trattava di quel genere di film che avrebbe sfruttato la grande predisposizione dell'americano medio alla paranoia. Dopo il millennium bug, il terrorismo e la suina, era la volta dell'aviaria. Il film percorre precisamente ogni binario presagito. Terrore del contagio, primi piani su facce sudate, morti per strada, gente che si tossisce in faccia, fino ad arrivare alle soglie di un'apocalisse che, dopo quasi due ore di film, speri proprio che avvenga, trasformando quella palla in un bel racconto di fantascienza in stile Richard Matheson. E invece no, trovano la cura, e l'emergenza si sgonfia con la stessa tranquillità con la quale si era montata. Ognuno dei dieci attori di grande richiamo che partecipano al film, ricopre una parte di meno di un quarto d'ora complessivo su schermo, e ci si chiede quanto abbiano pagato per far schiattare Gwyneth Paltrow dopo cinque minuti di pellicola. Matt Damon non si ammala perché ha avuto culo coi geni. Jude Law fa la parte del giornalista che accusa le multinazionali farmaceutiche di fare i miliardi sulla pelle della gente, alimentando fobie solo per vendere medicinali, e sarebbe stato un ruolo di grande denuncia (perché nella realtà i fatti stanno proprio così), ma nel film si scopre che fa il doppio gioco, froda il pubblico e prende mazzette, e così diventa lui lo stronzo, e qualsiasi cosa sensata abbia detto in precedenza perde immediatamente di spessore. Musica sintetica, regia invisibile (di Stephen Soderbergh), e niente altro degno di nota. Quando si arriva ai titoli di coda ci si rende conto di aver assistito a una grande ricostruzione storica di qualcosa che non è avvenuto mai. E qual è il senso del film? Che bisogna imparare a lavarsi le mani? Perplesso lascio la sala, ormai è l'una ed è ora di tornare a casa. Il cafone mentalmente limitato che sedeva di fronte a me ammette con prodezza di aver dormito per quasi un'ora.

Dove andremo a finire? Come dice Daniele Luttazzi, ci siamo già.

Drizzit 119

Drizzit dolceamaro. Anche di queste strisce, ogni tanto, c'è bisogno.

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domenica, settembre 18, 2011

Drizzit 118

Ho realizzato un sogno. Una intera vignetta per singola tetta. Quanti altri autori di strisce a fumetti possono vantarsi di una cosa del genere?

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sabato, settembre 17, 2011

Drizzit 117

Di tanto in tanto è rilassante inserire strisce come questa, in cui l'umorismo non è concentrato tutto sulla battuta finale ma è spalmato su tutte le vignette. Inoltre quando il ritmo della narrazione rallenta, c'è molto più spazio per i dialoghi e si possono approfondire le interazioni tra i personaggi. Ovviamente non se ne può abusare altrimenti la storia ristagna, ma ritengo che dopo lo scontro con lo stregone nonmorto ci sia spazio per una serie di strisce più incentrate sui dialoghi e sull'approfondimento dei protagonisti.

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venerdì, settembre 16, 2011

Drizzit 116

Quando ho scritto questa striscia non ho pensato a quale grandezza sarebbe stata adeguata per il carattere dei gemiti di Drizzit. Poi mentre la disegnavo, mi sono reso conto che se avessi lasciato che le parole di Drizzit fossero state leggibili come quelle di Katy, il discorso di Katy sarebbe stato interrotto più volte, perché il lettore avrebbe letto l'una e l'altra didascalia dando a entrambe la stessa importanza. Invece le parole di Drizzit avrebbero dovuto essere giusto un mormorio di sfondo mentre Katy straparla. Così ho ridotto le dimensioni del carattere al limite del leggibile. Un lettore curioso può ancora sforzarsi a leggere cosa dice Drizzit, ma adesso è chiaro che è il soliloquio di Katy a dominare le vignette.

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mercoledì, settembre 14, 2011

Il mondo non è a misura d'uomo


Questa è una foto che ho scattato presso il lago di Pilato, in cima al monte Vettore. Il lago si divide in due pozze di acqua lucente durante l'estate, quando il sole ne dimezza le dimensioni, e torna a crescere in inverno, alimentato dallo scioglimento delle nevi, tornando alla sua tipica forma a occhiali. Il panorama lassù era monumentale. Pareti di roccia verticale, levigate dal tempo e striate armoniosamente che facevano da cornice a questa valle pietrosa, colma di sassi bianchi, in mezzo alla quale si incastonava il color smeraldo delle acque del lago.

Mentre ero lassù in cima, pensavo a quanto il mondo non sia a misura d'uomo, e a quanto siamo bravi a nascondere certe verità. Quel posto bellissimo se ne sta arroccato in cima al monte, a duemila metri, difficilmente accessibile, a disposizione solo delle piante che riescono ad aggrapparsi alla pietra di lassù e a resistere nonostante il gelo d'inverno, e l'arsura estiva. La natura non tiene conto di essere visitata, vista, annotata, ammirata. La natura non crea scale mobili né passaggi agevoli, né si preoccupa che qualcuno voglia spostarsi da un posto all'altro, o sperimentare comodità, o evitare di sudare. Il mondo se ne frega delle nostre esigenze, delle nostre voglie, dei nostri bisogni e soprattutto se ne frega di essere alla nostra portata.

Di fronte a queste considerazioni, c'è chi si pone in maniera indifferente: ok se il mondo non tiene conto di me, mi accontenterò di ciò che casualmente finirò per ricevere. Altri invece decidono di fare la differenza: il mondo mi ignora, ma io possiedo la volontà di costruire, cambiare le cose, modellarlo per quanto mi riguarda. Cioè possiedo tutto ciò di cui ho bisogno per scavarmi il mio posto, per realizzarmi, per arrivare dove voglio, per essere felice.
Certo si può obiettare che anche chi non ha ambizioni è felice: in fondo chi si accontenta gode, e chi possiede tutto ciò che desidera è per definizione felice. Ma credo che sia lo stesso tipo di felicità alla quale può aspirare un albero, una zucchina o un fiore aggrappato su una roccia. Vite spettacolari, dignitose, che qualche volta si spera addirittura di vivere, ma anche vite insignificanti, prive di senso, di realizzazione.

Fatti non fummo per viver come bruti. E nemmeno come zucchine.

Drizzit 115

Sono stato via qualche giorno (come avrete potuto evincere dagli altri post recenti) e quindi le uscite di Drizzit hanno rallentato un pochino. Prevedo di tornare alle 3 strisce settimanali a partire da oggi. Riguardo alla striscia qui sopra, l'avevo scritta senza preoccuparmi troppo di come un grosso zaino potesse bloccare una porta di pietra a scorrimento. In effetti, sarebbe impossibile. Con lo scrupolo di rendere le cose credibili, ho disegnato il pulsante di apertura bloccato dietro lo zaino, e ho anche tratteggiato i segni della caduta sul muro, come se fosse così pesante da incidere l'intonaco mentre si rovescia. Adesso quella vignetta mi pare più plausibile: lo zainone è crollato di lato bloccando il pulsante. Ovviamente non credo che tutti i lettori stiano lì a domandarsi il perché di ogni cosa, soprattutto visto che si tratta di strisce umoristiche, ma io lo faccio, e quindi devo a me stesso certe pignolerie.

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martedì, settembre 13, 2011

Scandalizzarsi


"Non mi scandalizzo mai. Potrei dire che mi scandalizza la stupidità, ma poi non è vero neanche. Penso che c'è sempre la possibilità concreta di capire le cose. Le cose che si capiscono non scandalizzano, tutt'al più vanno riferite a un giudizio. Il giudizio è legittimo, non lo scandalo. (...) La persona che si scandalizza vede qualcosa di diverso da se stesso. Lo scandalo in fondo è la paura di perdere la propria personalità, è una paura primitiva. Una credenza che sia stata conquistata con l'uso della ragione e con un esatto esame della realtà è abbastanza elastica da non scandalizzarsi mai. Invece una credenza ricevuta senza un'analisi seria delle ragioni per cui è stata ricevuta, accettata per tradizione, pigrizia o educazione passiva è un conformismo. Gli uomini con un profondo senso religioso non si scandalizzano mai. Cristo non si è mai scandalizzato. Si scandalizzavano i farisei."
Alberto Moravia, intervistato da Pier Paolo Pasolini in Comizi D'Amore

lunedì, settembre 12, 2011

Reduce dalle Vacanze di Ruolo 2011

Ho trascorso un weekend tra le Marche e l'Abruzzo assieme ad alcuni amici, con i quali ho organizzato le prime Vacanze di Ruolo della Gilda del Drago Nero. In pratica di giorno giravamo tra bellezze naturali o visitando paesini, e la sera ci impegnavamo in serie sessioni di gioco a Runequest II. Sebbene delle nostre partite serali non vi sia traccia fotografica (avrebbe avuto senso?), del resto delle giornate sì. Ho scattato molte foto e sono soddisfatto. Ve ne lascio qualcuna, come sempre se volete curiosare, le altre le troverete nel mio profilo di Flickr, al quale le aggiungerò man mano nei prossimi giorni.



venerdì, settembre 09, 2011

Drizzit 114

Qualcuno mi ha già chiesto: e come ci era finito sotto il letto??? Non credo ci sia bisogno di approfondire. Lo stregone nonmorto era un tipo piuttosto disordinato e sbadato, il classico padrone di casa che lascia decidere alla donna delle pulizie dove infilare la sua roba. Aveva dimenticato di oliare la saracinesca, di cambiare le batterie al golem, e il suo prezioso filatterio era finito sotto il letto. La vera domanda è: perché nessuno si preoccupa per Drizzit?

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mercoledì, settembre 07, 2011

Trilogia sulla libertà




PS Tutte le mie altre Questions le trovate su faccialibro, per la precisione in questa pagina e in quest'altra.

Drizzit 113

Dopo aver pubblicato la striscia extra subito dopo la numero 100, tutte le strisce sono slittate di un numero. Poiché le scrivo a blocchi di 7 per volta, e dato che avevo già scritto queste due settimane, è capitato che questa striscia (che originariamente concludeva la 16ma settimana di Drizzit) sia divenuta la prima della 17ma settimana. Comunque scrivendo le prossime strisce ho "corretto" l'anomalia. Per i lettori non è cambiato niente, visto che di solito non si fa caso al numero delle strisce, a meno che le strisce non vengano pubblicate su un quotidiano.
A proposito di questa striscia in particolare, ci sono altre due cosine da aggiungere alle note. La prima è che probabilmente, a meno che non siate esperti di creature fantasy o di giochi di ruolo, vi starete chiedendo cos'è un filatterio. Beh attendete la prossima striscia e lo saprete.
La seconda è che l'elaborazione della terza vignetta di questa striscia mi ha portato via mezza mattinata. Lo so, non sembra così complessa, ed è per questo che sono seccato. Ha richiesto diversi filtri di sfocatura per le fiamme, la sovrapposizione delle scritte e la deformazione progressiva dell'urlo del nonmorto... per non parlare dei lens-flaring! Una faticaccia. Spero che i posteri un giorno ne riconosceranno il valore.

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lunedì, settembre 05, 2011

Drizzit 112

Per essere una striscia a fumetti, Drizzit annovera una gran quantità di vignette nelle quali i personaggi sono inquadrati a figura intera. Considerato il formato, dovrei disegnare più spesso vignette come queste, con i personaggi ritratti a mezzobusto, e con espressioni facciali ampiamente visibili, in modo che anche se la striscia venisse ridotta, risulterebbe comunque fruibile. Come per tante altre cose, non mi sembra il caso di attenermi ai canoni classici.

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Recenti incursioni in sala

Questa settimana ho fatto un salto al cinema più volte. L'insopportabile trascinarsi avanti dell'estate riempie le mie serate di una fastidiosa voglia di starmene in un posto buio, comodo, condizionato e guardare qualcosa di assolutamente stupido. Non so perché.
Il primo film che ho visto è stato Professione Assassino, ovvero The Mechanic (grazie industria del cinema italiana per il modo in cui cambi i titoli ai film anche quando non ce n'è assolutamente bisogno). Si tratta di un onesto action-movie con Jason Statham, che ricicla senza problema quelle due o tre espressioni facciali che ce l'hanno reso simpatico. Il film ha il pregio di non "modernizzare" troppo la storia originale (è un remake di un film con Charles Bronson). Sarebbe stato facile prendere la sceneggiatura del vecchio film e riempirla di coreografie di combattimenti assurdi (in stile The Transporter), o optare per un montaggio inusuale e sincopato. Invece la maggior parte delle scene d'azione del film restano vecchia maniera: inseguimenti e sparatorie. Ovviamente girate con i mezzi moderni e con una regia decisamente più veloce, ma questo è il minimo dovuto. Alla fine si esce dal cinema con quella sensazione di aver già visto tutto, altrove, e anche fatto meglio. Insomma niente che valga la pena, perché niente di eccezionale.

Poi mi sono sparato il nuovo Conan The Barbarian. Il protagonista, mi hanno detto, ha interpretato anche un altro ruolo fantasy in un serial che però non ho visto. Come Conan, a mio parere, faceva schifo. Nei romanzi Conan è un invincibile guerriero-ladro, agile, forte e imbattibile. Schwarzenegger ha sostituito all'immagine dei libri quella del Conan muscoloso e statuario. Momoa dal punto di vista fisico ci azzecca di più, ma con quella faccia da cazzone non è riuscito minimamente a convincermi. Al di là del protagonista, comunque, il film fa acqua sia dal punto di vista della sceneggiatura che da quello della regia. I primi tre-quattro minuti sono la parte migliore dell'intera pellicola. Seguono due ore di dialoghi talmente insulsi che si ringrazia il cielo per il fatto che siano sporadici, combattimenti dalle coreografie ridicole e perlopiù immotivati, e siparietti umoristici di un pecoreccio quasi vanziniano. Memorabile la scena con la protagonista femminile che interroga Conan sulla sensatezza del destino, e lui che gli risponde: "io vivo, combatto, uccido e non mi interessa altro" (o qualcosa del genere). E lei lo bacia. Come anche quella in cui fanno fuori gli schiavisti e si ritrovano davanti una gran quantità di femmine giovani, nude e procaci che non vedono l'ora di partire in viaggio con i loro salvatori. Il cattivo del film è caratterizzato in maniera superficiale, peccato perché l'intenzione era buona, ma nel finale si fa uccidere come un coglione. Ho adorato il vecchio Conan di John Milius soprattutto per la colonna sonora di Basil Poledouris, qui la colonna sonora fa il proprio dovere ed è forse una delle cose migliori del film (assieme alle ricostruzioni sceniche, complimenti ai falegnami e ai carpentieri), ma da sola non salva questa pellicola, così come non la salva la breve ma buona interpretazione di Ron Perlman nella parte del padre.

Infine ho rivisitato le sale per andare a gustarmi Lanterna Verde. Che dire? Un altro film di supereroi di cui non si sentirà più parlare quando sarà uscito dalle sale, più o meno come Captain America. Quest'ultimo mi è passato davanti con la stessa indifferenza di quando guardo il muro scorrere fuori dal vetro della metropolitana. Lanterna Verde invece qualche emozioncina me l'ha regalata, ma è stato tutto merito degli effetti speciali (suppongo che il costo di dieci minuti di questo film sarebbero bastati a risanare il debito pubblico dell'Italia). Ancora una volta, è la sceneggiatura che è di una banalità stratosferica. Lui supereroe, lei svenevole ma combattiva, la volontà contro la paura, bisogna essere coraggiosi o il nemico te se magna, complesso di inferiorità da babbo morto, sono una pippa no ce la faccio, e siamo umani con tutti i difetti riusciamo ad essere i più fighi della galassia. Mi sembra che sia tutto. Da premiare comunque un paio di scene: quella in cui la gnoccolona di turno fa notare a uno sbigottito Ryan Reynolds che non basta una ridicola mascherina a nascondere l'identità, e quella in cui lui cercando di ricordare il giuramento si lascia andare a un paio di citazioni da vero nerd. Tim Robbins ha una parte da deficiente (più deficiente ancora di quella di John Malkovich in Transformers 3) e ci si chiede quanto debbano pagarlo per convincerlo a comparire in ruoli del genere. Ma alla fin fine è un film veloce e spettacolare, come una salva di fuochi di artificio. Intrattiene e stupisce prima ancora che ci si renda conto che sono passate due ore che si potevano impiegare per fare altro.

sabato, settembre 03, 2011

Ma di che mi lamento?

Certe volte mi capitano giornate come oggi, in cui mi alzo e sono già in ritardo, senza che abbia nemmeno un orario. Sono una di quelle fortunate persone che non deve timbrare un cartellino ogni mattina (adesso il cartellino non lo timbra più nessuno, ci sono le card elettroniche), io sono la risorsa e chi la gestisce, e guadagno quello che mi merito in base a quello che riesco a fare ogni giorno. Il 90% delle volte quando mi sdraio nel letto penso "anche oggi non ho fatto un cazzo" ma ci anche sono giorni in cui mi crogiolo nella soddisfazione di qualche riconoscimento, e altri in cui mi dico: ogni volta che si investe in se stessi è un buon investimento. D'altro canto, da gran sostenitore del down-shifting, dovrei essere più che felice di poter gestire le mie giornate in modo da avere tutto il tempo libero che voglio, quando lo voglio, sacrificando nella quantità che voglio il tempo che potrei dedicare a guadagnare qualche soldo in più. Ma come dicevo, certe volte capitano le giornate come oggi. Mi scaldo il caffé e lo lascio freddare perché ho già una lunga lista di cose da fare, che so di dover fare e voglio fare, così quando mi ricordo del caffé è già ora di pranzo e io faccio colazione. Poi dò ripetizioni e poi ho il mio turno in ludoteca, e poi c'è da organizzare la super-festa del weekend. Allora guardo il mio album dei disegni e dico: vorrei scarabocchiarci ancora un po' ma dovrò attendere il prossimo lungo viaggio in treno (ammesso che mi dimentichi di portare il mio Mac). E l'intera questione mi sembra ridicola e complicata nello stesso momento, non capisco se rammaricarmi o fare spallucce. Butto giù questa pagina di blog e mi chiedo se è servita a esorcizzare qualcosa e se quest'ansia continuerà a seguirmi fino al suo naturale climax, l'abominevole sabato sera. Sono un coacervo di talenti sprecati, ma coltivati con cura. Qualcosa varrà, dal punto di vista dei punti paradiso, spero.

venerdì, settembre 02, 2011

Drizzit 111

Adoro il fatto che Drizzit attraversi tre vignette volando. Mi piace anche che la seconda sia praticamente vuota, dominata solo dall'effetto sonoro. All'inizio pensavo di disegnarci le teste degli altri, o di fare in modo che Drizzit li sorvolasse nella traiettoria, ma dopo un paio di prove ci ho ripensato: la vignetta si riempiva troppo e distraeva il lettore dalla prima e dalla terza, che sono quelle importanti.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio