lunedì, febbraio 28, 2011

L'Italia e la crisi in Libia

"La Libia sta sprofondando in una paurosa guerra civile. La dittatura di Gheddafi, che dura da 41 anni, sta mostrando il suo vero volto, disumano e feroce. “I manifestanti sono ratti pagati dai servizi stranieri. Una vergogna per le loro famiglie e le loro tribù. Andate a sterminarli!” - ha detto il rais, nel suo discorso televisivo del 21 febbraio scorso. Invitava così i suoi soldati , i suoi fedeli e le migliaia di mercenari africani a sterminare i ‘rivoltosi’. Si parla ormai di oltre diecimila persone massacrate in questa tragica repressione ordinata da uno dei più spietati dittatori d’Africa. Eppure i manifestanti libici chiedono solo pane, dignità e democrazia (seguendo l’esempio dei tunisini e poi degli egiziani).
Infatti, nonostante le immense ricchezze finanziarie derivanti dal petrolio, la disoccupazione giovanile è arrivata al 30%. Si stima che 70 miliardi di dollari siano finiti nelle tasche del dittatore di cui 1,1 miliardi sono investiti nella nostra banca Unicredit. Un abisso tra pochi ricchissimi e moti poveri. Per di più, il popolo libico non ha mai sperimentato la democrazia, nonostante il linguaggio rivoluzionario e populista di Gheddafi e del suo “Libro Verde”. La conseguenza è tragica: la Libia, oggi, invece che ‘verde’ è diventata ‘rossa’ con il sangue dei suoi figli massacrati.

Davanti a questa tragedia noi italiani dobbiamo chiederci quali siano le nostre responsabilità. Noi siamo profondamente legati alla Libia sia perché siamo quasi vicini di casa, sia perché abbiamo colonizzato quel paese. Un colonialismo brutale il nostro, soprattutto in Cirenaica dove Omar-el-Mukhtar (“il leone del deserto”), ha guidato la resistenza contro il nostro esercito. Non possiamo dimenticare che noi italiani abbiamo impiccato o fucilato, in quel periodo, almeno 100mila libici su una popolazione di 900mila abitanti: un vero e proprio genocidio!
Quando Gheddafi salì al potere, pretese che l’Italia pagasse quel debito coloniale. Fu il governo Berlusconi a pagarlo: 5 miliardi di euro con la condizione che la Libia bloccasse l’immigrazione africana. Il 5 gennaio 2009 il Senato italiano ha approvato il Trattato di amicizia italo-libico. Come ha potuto l’Italia firmare un trattato con un dittatore come Gheddafi che non rispetta i diritti umani? Basterebbe vedere quello che Gheddafi ha fatto agli immigrati respinti dall’Italia e da lui rimandati poi a morire o nel deserto o nei loro paesi.
Adesso il nostro paese si trova a fronteggiare una “duplice invasione” sia degli immigrati africani intrappolati in Libia che tentano di nuovo la traversata sia dei profughi libici che scappano dalla loro patria in fiamme. E del loro inferno siamo in parte responsabili perché abbiamo armato fino ai denti il rais libico. Difatti, molti degli elicotteri che sono stati usati per uccidere i manifestanti sono stati importati dall’Italia. Nel 2009 le esportazioni belliche italiane in Libia hanno raggiunto una cifra incredibile: 112 milioni di euro. Nei due anni 2008-2009, abbiamo esportato in Libia armi per oltre 205 milioni di euro, con la Finmeccanica che ha fatto la parte del leone (ricordiamoci che la Libia è diventata la seconda azionista di Finmeccanica).

Per questo chiediamo:
- accoglienza per tutti quelli che fuggono da questa guerra;
- di fare pressione sul nostro Governo affinché sospenda il Trattato di amicizia italo-libica;
- di sospendere la vendita di armi alla Libia e a tutti i paesi del Nord-Africa (come già proposto dai governi inglese, francese e tedesco);
- che l’Unione Europea non eriga un muro di navi militari in mezzo al mare per bloccare gli immigrati in arrivo;
- che il nostro Governo e l’Unione Europea si prodighino a far sì che in Libia possa finalmente trionfare la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la pace."

Question #2

Dedicata a tutti quelli che invece di vedersi, si lamentano che non si vedono.

Drizzit 11

E' vero (sarebbe innegabile) che Drizzit è ispirato al Drizzt Do'Urden di R.A. Salvatore, ma fin dall'inizio non mi era sembrata una buona idea quella di ripercorrere tutte le tappe dei romanzi dell'eroe del quale Drizzit è la parodia. Non solo sarebbe stato banale, ma avrebbe relegato queste vignette a un pubblico di nicchia, di conoscitori dell'originale. Intendiamoci, mi piace che chi conosce Drizzt apprezzi le citazioni e prese in giro degli eventi apparsi nei romanzi originali, ma vorrei che anche un generico amante del fantasy, o dei giochi di ruolo, o anche solo un lettore di strisce a fumetti, possa appassionarsi a quanto succede e seguire la storia senza provare la sensazione spiacevole che gli manchi qualcosa per poterla comprendere appieno.
Nei romanzi c'è tutta una serie di vicende a seguito delle quali Drizzit viene in possesso di mortegelida e lampo (nell'originale icingdeath e twinkle), le sue scimitarre magiche. A me non interessava molto sviluppare quella parte. Volevo solo che Drizzit avesse le sue spade magiche, affinché potessi scrivere strisce divertenti come questa.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

domenica, febbraio 27, 2011

Question #1

Ho troppe domande in testa. Ne ho presa una a caso e l'ho buttata sul foglio. Così ho scritto questa prima, semplice -ma complicata- domanda. Mi guardo attorno e tutti sembrano molto più incasinati, o tristi, o stressati, o messi male di me. Chiedi in giro: ma perché continui così? E ti rispondono che non hanno alternative. Va bene, ma almeno checcazzo, protesta.

Piero Ostellino, mi fai SCHIFO

“Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia – diciamo così – partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l’indulgenza all’esame o al capo ufficio per fare carriera. Avere trasformato in prostitute – dopo averne intercettato le telefonate e fatto perquisire le abitazioni – le ragazze che frequentavano casa Berlusconi, non è stata (solo) un’operazione giudiziaria, bensì (anche) una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto, eventualmente, uso del proprio corpo.”

Piero Ostellino, dal Corriere della Sera del 19 Gennaio 2011

Qui posso dirlo, Piero Ostellino mi fai schifo. Non c'è altro da aggiungere.
Per fortuna qualcuno si è accorto della gravità di quanto sopra scritto, e l'ha denunciato.
Brave ragazze, continuate così.

sabato, febbraio 26, 2011

Help Nathan to buy Firefly

Qualche giorno fa, Nathan Fillion è stato intervistato da Entertainment Weeky. Sono affetto da una particolare adorazione nei confronti di Nathan Fillion, credo che sia la sua faccia da bastardo, o la sua strana attitudine allo scherzo, il modo in cui si atteggia a brillante e spaccone. Non so. E' anche probabile che nella vita non si esattamente come appare nei telefilm, ma il fatto che nelle due serie che gli hanno dato più successo (Firefly e Castle) egli interpreti più o meno lo stesso tipo di personaggio, mi fa pensare che abbia a che fare con il suo modo di essere naturale. Anche perché, nelle interviste non sembra tanto diverso.

Comunque, sproloqui a parte su Nathan Fillion, egli durante questa intervista ha detto "Se vincessi alla lotteria e avessi tipo 300.000 dollari, comprerei io la serie Firefly per produrre la nuova stagione da mandare gratis online." O qualcosa del genere.

Per chi non conoscesse Firefly, si tratta di una serie di fantascienza andata in onda qualche anno fa, creata da Joss Whedon (quello di Buffy, ma credetemi, ha poco a che fare con lei). La serie ha vinto numerosi premi e nell'atmosfera era la commistione perfetta tra western e film di fantascienza... il protagonista (interpretato da Nathan Fillion) era il capitano Malcolm Reynolds, una sorta di Han Solo, contrabbandiere fuorilegge che tentava di sbarcare il lunario accettando missioni al margine della legalità, cercando nel contempo di sfuggire al potere centrale della galassia. I pianeti di "frontiera" luoghi di colonizzazione lontani dal centro burocratico e vivo dell'unione governativa, nella serie sono abbandonati a loro stessi e la Serenity (l'astronave di Malcolm) assieme al suo variopinto equipaggio (tra cui un prete e un'accompagnatrice di cui lui è innamorato) vivono una serie di avventure che hanno più il sapore di un romanzo di avventura che di uno di fantascienza. La serie fu premiata anche per gli effetti speciali, davvero pregevoli, e forse proprio per il costo la Fox decise che non ne valeva la pena: si potevano fare gli stessi soldi spendendo molto meno. Chiusero la serie alla prima stagione, dopo 15 episodi. Dopo un paio di anni Joss Wedon diresse un film, Serenity, nel quale chiudeva molte delle questioni lasciate in sospeso dalla serie. Anche il film fu molto apprezzato e ricevette numerosi riconoscimenti, ma ovviamente chi lo apprezzò di più furono i milioni di fan rimasti orfani di Firefly. Cercate di recuperare la serie e di vederla, ne vale davvero la pena (in Italia è stata trasmessa da canal Jimmy più o meno stuprandola, cioè tagliandola in 4:3 e con un doppiaggio che eliminava molte delle scelte di registro del parlato inglese).

Tornano alla dichiarazione di Nathan, è chiaro che abbia scatenato una rivoluzione. Fatti due conti, acquistare i diritti della serie non costerebbe certo 300.000 dollari (si stima 30-40.000 dollari), quindi perché non aiutare il capitano Malcolm Reynolds a portare a termine l'intenzione? Detto fatto. Su internet è nata una campagna di raccolta fondi: "Help Nathan buy Firefly", poi una pagina ufficiale di Facebook e su Twitter, e il fanclub ufficiale di Firefly (i "Brown Coats" in onore dei cappotti marroni che i ribelli indossavano durante la battaglia di Serenity valley, nel telefilm) si è fatto carico di organizzare il tutto. Nel sito si legge che prima di accettare soldi, si muoveranno affinché sia realmente possibile fare una cosa del genere (non è detto ad esempio che la Fox abbia intenzione di venderli, o che Joss Whedon abbia intenzione di dare un seguito alla serie... o che Nathan Fillion non stesse scherzando!). Comunque, qualsiasi donazione, casomai il progetto dovesse partire e poi non andare in porto, sarà rigirata a un paio di enti benefici fondati da Joss Whedon e da Nathan Fillion.

Insomma è passata solo una settimana! ...ma già si inizia a sperare.

Drizzit 10

Ok con questa striscia, credo che concluderò il cosiddetto "ciclo della mucca"... devo ammettere che la statuina di evocazione della mucca è stata una trovata divertente (ogni volta che la guardo mi fa ridere), ma rischiava di apparire un po' troppo spesso. Così ho pensato che il potentissimo oggetto magico in questione potesse cadere nelle mani del nemico. D'altro canto, non si spiegava perché Drizzit non se ne fosse sbarazzato subito! Non la rivedremo per un po'. Vi esorto nel frattempo a fantasticare sull'uso che potrebbe farne una tribù di orchi malvagi.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

venerdì, febbraio 25, 2011

Siamo noi i barbari?

Quella che vi posto di seguito è una lunga ma interessantissima riflessione di Mauro Volpi (costituzionalista e consigliere del Csm) sul degrado dei costumi e della società civile italiana. Mi rendo conto che si tratta di molte righe, ma vi consiglio di leggerlo.

Comincia a farsi strada nella cultura italiana, dopo aver molto insistito sulle derive del potere politico e delle modalità del suo esercizio, l’esigenza di interrogarsi sullo stato della “società civile” nel nostro paese. [...] La mia risposta questo interrogativo è che in Italia vi sono non da oggi svariati segni di imbarbarimento e di degrado. Il degrado è economico, sociale, valoriale, etico, culturale, civile e politico.

Cominciamo dal primo, il degrado economico. [...] Come scrive Francesco Marsico, in Italia dai dati Istat relativi al 2008 risulta che il numero di famiglie situate al di sotto della “povertà relativa” è l’11,3% del totale, mentre quelle che vivono in condizioni di “povertà assoluta” sono 1.226.000, pari al 4,9% della popolazione. Dai dati forniti dalla Banca d’Italia relativi al dicembre 2009 risulta che il 10% degli italiani detiene il 44% della ricchezza nazionale, mentre di questa solo il 10% spetta alla metà meno abbiente della popolazione. Altro prodotto di quel modello di sviluppo è la precarizzazione del lavoro che assume tre aspetti, tra loro connessi. Il primo è quello di una nuova mercificazione del lavoro, che pregiudica le garanzie (a cominciare dalla sicurezza, visto che l’Italia è tra i primi paesi in Europa per numero di infortuni mortali sul lavoro) e i diritti dei lavoratori (come il diritto di sciopero e quello di scegliere i propri rappresentanti sindacali all’interno del luogo di lavoro). Il secondo è quello della disoccupazione, che colpisce tutte le fasce di età, ma in Italia è particolarmente drammatica per i giovani, tra i quali raggiunge una percentuale ormai vicina al 30%. Infine vi è la precarietà del lavoro, che spesso è solo un lungo e tormentoso passaggio verso la disoccupazione e frustra qualsiasi possibilità per i giovani di costruirsi un futuro.

Il degrado sociale consiste non solo nel peggioramento delle condizioni di vita di ampi strati della società, ma anche nella perdita (o nella debolezza) di riferimenti di tipo collettivo. Esso sfocia spesso nell’individualismo, che è cosa ben diversa dal “personalismo”, al quale si ispira l’art. 2 della Costituzione, in quanto tende a sacrificare la dimensione sociale della persona a vantaggio di una posizione di isolamento e di chiusura verso gli “altri”, posizione che porta talvolta a confondere la propria libertà con l’arbitrio e con la sopraffazione nei confronti delle altre persone. Altri aspetti del degrado sociale sono l’esaltazione del corporativismo, accentuato in Italia dal ruolo fondamentale giocato storicamente dalle corporazioni e dalle “caste”, e del familismo, che determina una promozione sociale in gran parte basata sul legame parentale. [...]

Il degrado valoriale deriva innanzitutto dallo smarrimento della memoria storica, senza la quale un popolo non può avere futuro. [...] Così alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale si sono manifestati rigurgiti nordisti da un lato e nostalgie borboniche dall’altro, accomunati da un comune sentimento anti-unitario. A sua volta la Resistenza è stata equiparata al fascismo, come se le ragioni di chi lottava per la libertà e la liberazione nazionale fossero le stesse di chi difendeva un regime autoritario e combatteva insieme all’esercito tedesco al servizio del nazismo. [...]
Allo smarrimento della memoria si accompagna la perdita di valori di riferimento. A proposito di questa i vertici della Chiesa cattolica hanno individuato nel “relativismo” il male epocale delle società occidentali. Qui pare opportuno richiamare le parole di Gustavo Zagrebelsky, secondo le quali “la democrazia è relativistica, non assolutistica”, nel senso che “non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli sui quali essa stessa si basa”. Quindi essa non può essere relativistica “sulle questioni di principio, quelle che riguardano il rispetto dell’uguale dignità di tutti gli essere umani e dei diritti che ne conseguono e il rispetto dell’uguale partecipazione alla vita politica e delle procedure relative”. Ebbene, proprio questi sono i valori che vengono ad essere messi in discussione. Quale rispetto vi è per la dignità e per i diritti degli immigrati, considerati non come esseri umani, ma come braccia da lavoro da sfruttare o “carne da macello” da respingere versi i campi di concentramento del deserto libico? E dei giovani, disoccupati o precari malpagati, comunque privati del proprio futuro? E delle donne, umiliate, offese e viste non come persone in sé, ma, per usare le parole del Presidente del Consiglio (pronunciate nel settembre 2010 in una conferenza-stampa con Zapatero), come “il più grande regalo di Dio all’uomo”? E degli omosessuali, considerati come dei “diversi” da colpire o dei malati da curare? E poi quanto è garantita la uguale partecipazione alla vita politica dalla struttura personalistica e oligarchica del sistema politico e da un sistema elettorale, che, dietro il mito dell’elezione diretta del Governo, trasforma gli elettori in soggetti muti chiamati a ratificare le scelte imposte dall’alto? In pratica viene pregiudicata la libertà degli elettori [...]. Ebbene, il popolo italiano può scegliere un partito e dare il potere al capo di una coalizione di maggioranza relativa, che ottiene la maggioranza dei seggi grazie ad un assurdo premio inesistente nelle altre democrazie, ma non è libero di scegliere i propri rappresentanti.

Altrettanto evidente è il degrado etico che si è diffuso nella società grazie alla propaganda, veicolata dai mezzi di comunicazione di massa, di un modello di vita basato sulla ricerca del successo ad ogni costo e del guadagno facile, nel quadro di una feroce competizione con gli altri e del sacrificio di ogni visione solidaristica. Non c’è da stupirsi se perfino l’idea di “utilizzare” il proprio corpo per fare carriera (che significa svendere la propria dignità) sia stata giustificata da un esponente politico di primo piano del centro-destra, attualmente sottosegretario al ministero dell’istruzione [...]. E se di fronte ad una giovane precaria il Presidente del Consiglio nel marzo del 2008 non abbia trovato di meglio che invitare le giovani donne a sposarsi con rampolli di ricche famiglie.

Il degrado culturale appare evidente all’interno della scuola e dell’università, cioè dei luoghi deputati alla trasmissione del sapere e alla formazione delle nuove generazioni, all’interno dei quali si tenta di imporre una concezione mercantilistica della istruzione. Basti pensare alle tre “famose” i (internet, inglese, impresa), poste a fondamento dell’educazione pubblica nelle scuole dall’ex ministro Moratti [...]. Si potrebbe ironizzare sul fatto che chi ci governa ha volutamente dimenticato la “i” più importante, l’italiano, inteso come l’insieme della cultura di base, letteraria, storica, filosofica, giuridica, scientifica, che fa di noi un popolo. Ma in realtà viene ad essere mortificato il ruolo fondamentale della scuola e dell’università di trasmissione della cultura e di sviluppo della ricerca di base, che è indispensabile anche per un’utilizzazione corretta e proficua dei nuovi strumenti tecnologici. [...] Il degrado culturale deriva anche dall’uso che viene fatto dei mezzi di comunicazione di massa. In passato la televisione ha svolto un ruolo innegabile nella diffusione della lingua e della cultura nel popolo italiano; oggi contribuisce fortemente alla sua diseducazione, configurandosi come un modello di “cattiva maestra”, per usare l’espressione di Popper, e propagando una video-politica che trasforma il cittadino in homo videns (come sottolinea Sartori), non più partecipe ma succube, specie quando la televisione rappresenta per svariati milioni di persone l’unica fonte di informazione. Inoltre l’infima qualità della grande maggioranza dei programmi televisivi veicola un modello di vita edonistico e consumistico, producendo un ribaltamento tra fiction, posta al centro dell’attenzione, e realtà, trascurata e relegata in secondo piano.

Il degrado civile si manifesta nello scarso rispetto per le regole di qualsiasi natura, da quelle di costume a quelle etiche a quelle giuridiche. L’inosservanza di elementari regole etiche e di correttezza da parte di uomini pubblici viene relegata nel gossip. Le violazioni della legalità sono spesso sopportate o giustificate in nome dell’eccessiva rigidità delle regole (come ha fatto più volte il Presidente del Consiglio per l’evasione fiscale, l’11 novembre 2004 anche di fronte al comando generale della Guardia di finanza). La Costituzione nei suoi principi e nelle sue regole essenziali viene ignorata o relegata in una sfera extragiuridica o in quella dell’antimodernità. Come se il fatto di avere più di sessant’anni fosse di per sé sinonimo di vecchiezza. L’attacco ripetuto e costante contro la Costituzione, al quale la politica trova assai comodo addebitare i disastri e l’incapacità innovativa derivanti dalla propria insipienza, va a colpire al cuore quell’insieme di valori che dovrebbe essere di guida e di modello per tutti, e in particolare per i titolari di funzioni pubbliche. Indici concreti del degrado civile sono l’evasione fiscale, calcolata da Confindustria in 120 miliardi l’anno, la corruzione, che ha fatto collocare l’Italia al sessantasettesimo posto nella classifica stilata per il 2010 da Transparency International e che secondo la Corte dei Conti ammonterebbe a 60 miliardi all’anno, e infine la diffusione nella economia e nella società della grande criminalità. [...]

Vi è infine un degrado politico che pregiudica il corretto funzionamento delle istituzioni. I partiti appaiono come entità oligarchiche sempre più distaccate dalla società e negli ultimi venti anni si è imposto il modello del “partito personale” (secondo la felice espressione di Mauro Calise), il cui compito fondamentale non è di rappresentare interessi sociali, [...], ma quello di lanciare un leader che appaia in grado di rimanere più a lungo possibile al potere. In Italia il fenomeno è stato accentuato dalla radicalità della crisi che all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso ha colpito il sistema politico e dalla successiva commistione tra potere politico, economico e mediatico, che ha portato all’emergere di un capo carismatico, il quale ha dato vita ad un partito votato al culto della sua personalità e alla difesa dei suoi interessi privati (economici e giudiziari). [...]
Il degrado politico determina l’inesistenza di una qualsiasi etica pubblica, che viene spesso condannata come moralismo. Ciò comporta che il comportamento indecoroso e socialmente o eticamente riprovevole di un uomo politico non porta al suo allontanamento o a sanzioni politiche, ma viene giustificato finché non vi sia una sentenza definitiva di condanna della magistratura. [...] Di fronte a comportamenti ingiustificabili e degradanti viene poi invocata la privacy dell’uomo pubblico come sfera che non tollera alcuna intromissione e che giustifica qualsiasi comportamento, anche il più vergognoso e contraddittorio rispetto agli “ideali” proclamati pubblicamente, e quindi perfino la commissione di reati (la maggioranza dei quali, come si sa, vengono commessi in privato). Si dimentica volutamente che il livello di tutela della privacy di un uomo pubblico è necessariamente inferiore rispetto a quello di un comune cittadino. E che in base all’art. 54, c. 2, Cost. i titolari di funzioni pubbliche “hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Naturalmente la tanto invocata privacy non vale più nei confronti di chi si permette di criticare o di controllare uomini potenti. Questi viene esposto ad attacchi mediatici, basati su notizie di scarsa rilevanza, quando non inventate (come nel caso Boffo) o mediaticamente costruite sul nulla (come per il giudice Mesiano), o sulla minaccia di pubblicare notizie sgradevoli. Certo, si può sostenere con buoni argomenti che la classe politica è lo specchio della società attuale. Ma si tratta di una ben magra consolazione, perché da quando si è affermato il suffragio universale i cittadini sono stati convinti che fossero chiamati ad eleggere i “migliori”, quelli che per capacità di esprimere interessi sociali, per cultura, per qualità umane, apparissero come i più degni di rappresentarli. Nel momento in cui la qualità e la dignità della rappresentanza vengono degradate al livello medio (o forse anche più basso) esistente nella società, essa perde di ogni credibilità e la nobile professione del politico viene ad essere appannaggio di persone in cerca di successo e che sarebbero incapaci di emergere in qualsiasi altra attività umana.

Mauro Volpi - da I barbari siamo noi? Una riflessione sui costumi incivili degli italiani.

giovedì, febbraio 24, 2011

Drizzit 9

Eheh in questa vignetta torna l'autore. Non avevo escluso completamente l'idea di riapparire, di tanto in tanto. Mi piace il meta-fumetto, e il rapporto che il me stesso disegnato ha con le strisce che disegna. Ma non potevo basarci tutta la storia, una comparsa ogni tanto, è la scelta migliore.
Per quanto riguarda l'argomento di questa striscia, credo che si tratti di uno dei tanti paradossi generati dalla suspension of disbelief invocata al tempo da Samuel Coleridge. Lui diceva che il lettore è disposto a prestare fiducia a un autore, e a "sospendere" la propria incredulità accettando cose che in realtà sarebbero inverosimili, a patto che la storia lo coinvolga. Insomma se un fumetto è ben fatto, ed è divertente, non vai a chiederti come sia possibile che l'elfo (che peraltro non esiste) abbia trovato degli abiti praticamente identici ai suoi addosso a un orco (che non esistono nemmeno gli orchi). Sospendi la tua incredulità e seguiti a leggere, accettando che esistano gli elfi, gli orchi e anche che indossino abiti della stessa taglia.
Quindi quello della suspension of disbelief è una sorta di test. Fateci caso: se in un film, in un libro o in un fumetto, la storia non vi piace, si finisce per non tollerare più nessuna delle sue incongruenze, e anzi si finisce per criticarle tutte. Al contrario se l'opera vi piace, siete sempre ben disposti a passare sopra a qualche imprecisione, ad accettare che le cose siano "andate davvero così".
Ecco da questo ragionamento è nata la striscia qui sopra, una sorta di scena surreale nella quale cerco invano di giustificarmi addirittura con i personaggi dello stesso fumetto. Tanto per farvi rendere conto dell'entità delle pippe mentali che mi faccio.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

martedì, febbraio 22, 2011

Drizzit 8

Ecco la prima striscia della seconda "serie di sette" di Drizzit. Come vedete, ho deciso di includere il titolo ma di lasciarlo fuori dalle vignette. Questo mi permetterà di inserirlo anche nelle strisce successive, senza che ogni volta tolga spazio ai disegni o al testo. Sto anche cercando di migliorare il tratto e la resa del disegno (datemi tempo).
Tornando a questa striscia in particolare, credo che il problema che Drizzit si pone qui sia comune a molti giocatori di gioco di ruolo coscienziosi. Gli orchi hanno una speranza di redenzione, o sono "cattivi" per loro natura? Ok in realtà credo che veramente pochi giocatori si pongano la questione. Ok me la pongo solo io.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

lunedì, febbraio 21, 2011

Quando si ha voglia di fare qualcosa...

...alla fine ci si riesce. Credo che sia una specie di impulso primordiale, per cui se veramente desideri qualcosa, alla fine la pressione esercitata dalla tua voglia di farla ti spingerà a realizzarla. magari ci vorranno anni, magari dovrai aspettare tempi migliori, occasioni migliori, la giusta combinazione insomma. Ma alla fine, un piccolo passo per volta, alle mete ci si arriva sempre.
E' chiaro non sto parlando di utopie irrealizzabili, mi riferisco a sogni "concreti" (un sogno concreto è sempre un sogno?) e in particolare a quegli aspetti della vita che molti ti dicono: mettili da parte, devi fare altro. Altre cose sono migliori, altre cose sono più proficue. E sulla proficuità delle alternative mi è capitato spesso di essere in contrasto con gli altri.
Perché proficuo adesso è sinonimo di un benestare materiale, che è sinonimo di soldi. La felicità è in vendita là fuori, basta avere le risorse per permettersela. Beh io 'sta felicità in vendita non l'ho mai trovata. Mi capita di essere felice spesso, ma per cose del tutto povere. E la mia rotta è sempre in quella direzione, nella direzione delle cose che mi fanno stare bene, e non di quelle che mi mettono "al sicuro". Sarò sempre precario, forse, ma sempre soddisfatto e felice. E' una maledizione, credo -così la vedono in molti- ma se riesco a non far del male a nessuno, potrei conviverci senza problemi fino alla morte.

E veniamo a discorsi più concreti. Oggi ha aperto la Gilda del Drago Nero. E' un'associazione ludica, promuoviamo giochi di ruolo, giochi da tavolo, giochi di carte e qualche volta anche videogiochi e altro ancora. Ci piace vantarci della nostra Sindrome di Peter Pan eheheh. Ma potrei anche dire che è stato difficile per noi divenire grandi e mantenere un amore così grande per il divertimento più puro.
Con i miei amici abbiamo iniziato a giocare a Risiko, Dungeons & Dragons e con i videogames quando ero alle scuole medie. La passione ci ha aiutato a crescere. Leggo molto, disegno, scrivo racconti, libri, fotografo il mondo e tutto questo, forse, nasce dal modo in cui sono cresciuto e dal mondo in cui questa cosa è cresciuta con me. Giocavamo sui muretti, bucando le schede del personaggio con le matite, rigando i dorsi delle carte con i sassi, riempendo di pinoli e foglie secche le scatole dei giochi. Poi tornavo a casa, scrivevo sul mio vecchio piccì, giocavo con il Lego, leggevo fumetti a profusione. Bei tempi, le medie. A parte le medie, intendo.

Più in là una copisteria, tramite un amico, ci ha offerto uno spazio dove giocare: nel loro magazzino, nello scantinato di un condominio. Così è nata la Gilda del Drago Nero. Poi sono passati degli anni, ho aperto un negozio di fumetti, nel retro ho ospitato l'associazione ludica. In un piccolo spazio abbiamo dato vita a un sacco di eventi e ci siamo fatti conoscere. E adesso posso permettermi di dire che la Gilda del Drago Nero vive di vita propria. Certo gli inizi sono difficoltosi, ma abbiamo un locale tutto nostro... spazioso, con una stufetta a legna e la possibilità di organizzare proiezioni e tornei. Sono bei tempi anche adesso.

Dice Simone Weil che questa è la vera libertà. Meno male. Vorrà dire che da oggi mi considererò un po' più libero. Comunque la Gilda è lì, dimostra qualcosa. Dimostra che puntare in alto non è tanto utopico come si vuole far credere. Che c'è ben poco da rassegnarsi. Che si può essere inquieti ed irrequieti, ma anche arrivare da qualche parte, dove da bambini si pensava di poter arrivare, e dove la maggior parte delle persone non arriva mai perché "bisogna stare con i piedi per terra". Forse non ho fatto salti troppo lunghi, o mi sarei spezzato una gamba, forse sono più prudente di quanto non pensi io stesso, ma alla fine giocavo a 12 anni e gioco adesso, 20 anni dopo. Grazie a ogni singola persona che me l'ha permesso.

domenica, febbraio 20, 2011

Drizzit 7

Mi è piaciuto concludere il primo ciclo di 7 strisce così, con una enorme vignetta che rimanda un po' alla copertina di the thousand orcs, disegnata dal mirabolante Todd Lockwood. Ovviamente il mio è un pallidissimo omaggio. Da adesso, tre Drizzit a settimana. L'insonnia aiuta.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

venerdì, febbraio 18, 2011

Il fenomeno dei "fenomeni"

Roberto Benigni è andato al Festival di Sanremo a fare una comparsata di 15 minuti, e per 15 minuti ha chiesto 250.000 euro, roba che mia madre per guadagnarli deve lavorare 8 anni. Questa cosa ha fatto indignare qualche persona, come è facile immaginare, e anche a me fa incazzare un pochino... si tratta di tanti soldi, per 15 minuti, e nonostante la simpatia che provo per Benigni, di questi tempi si fa fatica a immaginare che i minuti di una persona possano valere 16.000 euro l'uno.

Però... è anche vero che in quei 15 minuti lo share ha toccato il 50% il che vuol dire che una persona su due stava guardando Benigni, e che probabilmente la pubblicità subito prima e subito dopo l'intervento di Benigni l'avranno venduta a prezzi comparabili al PIL di uno stato africano. Insomma 'sti 250.000 euro se li è meritati, se stiamo a guardare le leggi del mercato. Poi consideriamo che a parte un paio di minuti di battutelle iniziali, fondamentalmente ha spiegato a tutti gli italiani l'inno di Mameli!
E' chiaro che non è facile trovare un altro che ti fa il 50% di share spiegando l'inno di Mameli. E quello che dobbiamo chiederci non è "come mai lui ci riesce" ma piuttosto "come mai non ci riesce nessun altro". Perché Benigni non è l'unico showman di talento che abbiamo in Italia. Ma in un panorama televisivo dove il direttore generale della RAI telefona all'Isola dei Famosi per congratularsi per la trasmissione e dove vanno in onda porcate tipo le trasmissioni di Maria de Filippi e il gioco dei pacchi... direi che Benigni 250.000 euro si può permettere di chiederli.

Il punto è che se in televisione le cose che dice Benigni si potesse permettere di dirle chiunque, saremmo in uno stato libero e civile... e soprattutto se in televisione ci fossero più persone come Benigni, allora Benigni non sarebbe più un "fenomeno" e forse si eviterebbe di pagarlo quanto otto anni di stipendio di mia madre per 15 minuti di intervento. Non discuto che Benigni sia bravo, è bravissimo, e proprio perché ormai è considerato un "mostro sacro" può permettersi di fare battute che chiunque altro le facesse rischierebbe la testa, ma è proprio questo il punto. Benigni fa ironia su cose terribili. Quando dice "Silvietto scusa faccio solo una battuta e poi basta" e ride e scherza, sta ironizzando sulla catastrofe che piaga la televisione e più in generale la cultura italiana.
Perché fa così tanto odiens? Perché alla gente piace che lui prenda per il culo i potenti, piace che renda la cultura una cosa alla portata di tutti e soprattutto alla gente piace chi sa fare la televisione. E' come dice Luttazzi, la gente ne ha bisogno. Se in televisione ci fosse gente come Benigni tutto il tempo, invece che leccaculo assunti per parentela e pompini, invece che tette e culi che vanno in onda per questioni di affarismo politico, allora Benigni sarebbe pagato normalmente perché sarebbe semplicemente un altro di quelli che stanno in televisione perché sanno fare televisione e non sarebbe considerato una specie di "fenomeno".

La domanda quindi è... perché la televisione italiana è piena di stronzi che non sono capaci a fare un cazzo anziché di programmi condotti da agente brava e intelligente come Benigni? Adesso sarò chiaro ai limiti della denuncia: ma Giletti, che talento ha? e quell'altro simpaticone lampadato di Carlo Conti? ...e c'è tanta altra gente di cui non conosco manco i nomi perché di televisione ne sorbisco poca ché mi fa venire il voltastomaco... Ma gli zombi redivivi tipo Frizzi? E le conduttrici ignoranti che stanno lì solo perché sono gran gnocche? E le figure grottesche come Malgioglio?

Che stanno facendo adesso i veri artisti, cantanti e pensatori veri, uomini di cultura e di spettacolo, gente capace di fare la televisione? Ne cito alcuni tipo Dario Fo, Beppe Grillo, Daniele Luttazzi, Gigi Proietti, Lella Costa, Corrado Guzzanti... gente che il televisore lo farebbe ESPLODERE. Dove sono? Dategli un programma in prima serata! E ce ne sono altri che ogni tanto appaiono, facendosi pagare centinaia di migliaia di euro perché in mezzo alla desolazione televisiva spiccano come fuoco nella notte, come Celentano o Fiorello...
Non farebbero il 50% di share ogni sera? E allora perché non stanno lì e invece in televisione c'è Simona Ventura con le tette rifatte a presentare l'Isola dei Cazzoni?
Luttazzi con Decameron su LA7 a mezzanotte faceva il 6% quando una qualsiasi trasmissione in prima serata sulla stessa rete fa di solito il 3-4%. E non ci stanno persone di talento che possono condurre programmi in maniera migliore, più elevata, più brillante e meno gretta di non so... Panariello? Nessuno si accorge che quando Fiorello fa una trasmissione ti sfonda i dati di ascolto? E Fiorello chi è? E' solo uno che sa fare televisione (e ti pare poco). Ma forse se fai andare gente di qualità a fare tv si accorgono che tutto il resto è una merda.

E Fiorello non fa ascolti per quello che dice, perché effettivamente non dice granché. E' solo bravo, quel tipo di bravura che merita di andare in televisione. Quello che c'è in televisione adesso invece, merita di non andarci!
Perché allora stanno lì? ... perché non ci credo che c'è stata una selezione, un casting, e alla fine ha vinto Giletti!!! ...o Carlo Conti!!! ...o Barbara D'Urso!!! Ma che talento hanno? Chi sono ste persone di fronte a Lella Costa, Ascanio Celestini o Sabina Guzzanti per dire? Sono insignificanti.
Poi grazie che arriva Benigni e BOOOM esplode lo schermo... la gente è abituata alle "sagaci battute" di Paolo e Luca...

Concludo che Enzo Biagi è morto senza lo spazio che meritava in TV perché al tempo non gli rinnovarono il contratto della tramissioncina che conduceva, il Fatto, cinque minuti al giorno, alle otto e mezza dopo il telegionale. E ci hanno messo le comiche di Max e Tux al suo posto.

giovedì, febbraio 17, 2011

La parola libertà

Oggi leggevo le Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale, un libriccino che raccoglie alcuni pensieri di Simone Weil.

"E tuttavia nulla al mondo può impedire all'uomo di sentirsi nato per la libertà. Mai, qualsiasi cosa accada, potrà accettare la servitù; perché egli pensa. Non ha mai smesso di sognare una libertà senza limiti, sia come felicità remota di cui sarebbe stato privato per una punizione, sia come una felicità futura che gli sarebbe dovuta per una sorta di patto con una provvidenza misteriosa. Questo sogno è sempre rimasto vano, come tutti i sogni, oppure è servito da consolazione, ma come fosse oppio; è tempo di rinunciare a sognare la libertà e decidersi a concepirla."

Mi ha fatto pensare al modo in cui la parola "libertà" viene utilizzata. Ce l'hanno tutti in bocca, se ne ammantano, se ne vantano. Tutti a coccolarla e a promuoverla. Lo fanno i partiti di centrodestra, che la innalzano come una spada contro l'oscuro male dell'oppressione socialista; lo fanno i gruppi di guerriglieri nei paesi in guerra civile, che in nome della libertà ammazzano e compiono violenza di ogni tipo; lo fanno i filmacci americani di terza tacca, che quando non sanno quale valore promuovere si buttano sempre sulla libertà, che è sempre attuale e sempre verde. Chi non la ama, la libertà? Parafrasando la frase di un professore del liceo, che rispose in maniera simile a un rappresentante degli studenti quando io ero allo scientifico: "la libertà è come la pelle dei cojoni... come la tiri stà."
Certo non è Simone Weil, ma il concetto è chiaro. La libertà è il jolly. Tutti possono farsi belli parlando di libertà. Ma quante persone si fermano a pensare cos'è, la libertà?

Una volta ce lo chiesero. Avevo diciassette anni. Mi ricordo che uno dei miei amici disse: la libertà è che quando vado al supermercato, invece di scegliere una sola marca di un prodotto, ne ho tre e posso scegliere. Il resto era d'accordo sul fatto che comunque il concetto di libertà coincidesse più o meno con "fare il più possibile il cazzo che mi pare". Ma ovviamente non è così. Così è essere schiavi della libertà, e nemmeno questa è libertà. Imprigionati nella frenesia di togliersi di dosso quanti più vincoli possibile, tabù, restrizioni, convenzioni, tradizioni, auto-imposizioni, convinzioni, prassi. Ovviamente il modo più semplice per essere liberi diventa accumulare potere. E accumulare potere diventa accumulare soldi. E la libertà si riduce alla libertà di fare più soldi. Scommetto che in pochi di quelli che sparano inni alla libertà in faccia al prossimo ha mai riflettuto davvero su quanto egli stesso è schiavo.

"Si può intendere per libertà qualcosa di diverso dalla possibilità di ottenere senza sforzo ciò che ci piace. Esiste una concezione ben diversa della libertà, una concezione eroica, che è quella della saggezza comune. La libertà autentica non è definita da un rapporto tra il desiderio e la sua soddisfazione, ma da un rapporto tra il pensiero e l'azione; sarebbe completamente libero l'uomo le cui azioni procedessero tutte da un giudizio preliminare concernente il fine che egli si prepone e il concatenamento dei mezzi atti a realizzare questo fine."

Ecco cos'è la libertà in senso eroico. La libertà vera. Non ha nulla a che vedere con il desiderare qualcosa e appagare quel desiderio. La libertà vera scaturisce dalla possibilità che deve avere un uomo di perseguire un fine con tutti i mezzi che ritiene atti allo scopo. Cioè avere un'idea di cosa ci rende felici, e avere la possibilità di lavorare per raggiungerla.
Questa è la libertà vera. Credo che sia una delle cose più nobili e belle che abbia mai letto.

"Poco importa che le azioni in se stesse siano agevoli o dolorose, e poco importa anche che esse siano coronate da successo; il dolore e la sconfitta possono rendere l'uomo sventurato, ma non possono umiliarlo perché è lui stesso a disporre della propria facoltà di agire."

Non importa se il tentativo di raggiungere la propria idea di felicità è doloroso, e non importa nemmeno se ci si riesce. Tentare, soffrire e fallire non è umiliante fintanto che si decide di propria spontanea volontà di farlo.

"Poiché pensa, [l'uomo] ha la facoltà di scegliere tra cedere ciecamente al pungolo con il quale una necessità assolutamente inflessibile lo incalza dall'esterno, oppure conformarsi alla raffigurazione interiore che egli se ne forgia: in questo consiste l'opposizione tra servitù e libertà. [...] Un uomo sarebbe totalmente schiavo se tutti i suoi gesti procedessero da una fonte diversa dal suo pensiero, cioè dalle reazioni inconsulte del suo corpo, oppure dal pensiero altrui; l'uomo primitivo affamato che si muove solo per placare la fame, lo schiavo romano perennemente teso verso gli ordini di un sorvegliante con la frusta; l'operaio moderno che lavora in una catena di montaggio, sono tutti prossimi a questa condizione miserabile."

Schiavi.

Drizzit 6

Eheh. Inutile nasconderlo. La vera protagonista di queste strisce è la mucca evocabile. Qualcuno già mi ha chiesto se la statuina della mucca evocabile sarà disponibile come oggetto magico nelle mie avventure di Dungeons & Dragons. Ebbene no, mi dispiace, non lo sarà. Continuerà a comparire solo nelle tasche di Drizzit, quando meno ne avrà bisogno.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

martedì, febbraio 15, 2011

Giovani e pendolari, un concorso

Il Comune di Bracciano (dove risiedo) ha indetto un concorso sul tema "i giovani popolo di pendolari". Si tratta di un'iniziativa della Consulta Giovanile e premia la migliore fotografia e il miglior racconto (o saggio breve) sull'argomento. In realtà ci sono premi minori anche per il secondo e il terzo classificato, in entrambe le categorie (qui potete leggere tutti i dettagli).

Inizialmente pensavo di partecipare con una fotografia. Ma è difficile, per me, scattarne una all'altezza. Non faccio più parte del popolo dei "giovani pendolari" e dovrei salire apposta su un treno affollato, per scattare foto. Non me la sento, credo che sarebbe più giusto se il premio lo vincesse uno studente del liceo, che magari il pendolarismo lo vive tutte le mattine sulle proprie spalle. Uno che magari con un colpo di macchinetta tascabile, in uno scatto fortuito, riesce a catturare un momento eccezionale di quella piccola odissea nella quale è costretto ad imbarcarsi suo malgrado. Credo anche che questo sia lo spirito del concorso, cioè quello che il concorso vorrebbe premiare.

Ma un racconto potrei spedirlo. La scadenza è il 10 Marzo. Magari riesco a buttare giù qualcosa di decente, e tentare non nuoce.

lunedì, febbraio 14, 2011

Drizzit 5


Mi piace l'immediatezza di questa piccola sequenza. Immagino che l'orco abbia continuato ad avere incubi per tutta la notte. Nota tecnica per i posteri: credo che sia la prima striscia di Drizzit senza nemmeno un baloon. Sono piccoli traguardi che val la pena ricordare.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

domenica, febbraio 13, 2011

Crinalvento, Medusa ladro 7°

Per il terzo capitolo della mia campagna di Pathfinder, che segue la saga di Seconda Oscurità, ho sostituito alcuni png con altri di mia invenzione in modo da rendere più interessanti certe sessioni. Uno dei png da me inseriti è una medusa/ladra le cui caratteristiche riporto qui di seguito.
So che creare png è una dei compiti più onerose che spettano a un master di Pathfinder (e della 3a edizione in generale), soprattutto quando poi si tratta di mostri con livelli di classe... ho speso un'ora a controllare punteggi e modificatori. Quindi spero che condividere certi lavori possa alleggerire il lavoro di altri master. In ogni caso, può essere di spunto per una vostra avventura o qualcosa del genere.
Se qualcuno avesse bisogno del formato odt (open office) oppure del pdf, può lasciarmi l'indirizzo email e glielo spedisco.


Crinalvento – GS 14

PE 38.400

Medusa Ladro 7°

CB umanoide mostruoso Medio

Iniz +7; Sensi scurovisione 18m; visione 360°, percezione +22

Difesa

CA 20, contatto 14, impreparato 16 (+3 Des, +3 naturale, +3 cuoio borchiato, +1 Schivare)

pf 148 (8d10+8d8+64)

Temp +10, Rifl +15, Vol +11 (eludere)

Attacco

Velocità 9m

Mischia Stocco +2 acido +17/+7 (1d6+2 +1d6 da acido/18-20) e Daga +1 danzante +16 (1d6+1/19-20) e serpenti +11 (1d4 +veleno)

Distanza balestra a una mano perfetta +17/gittata 9m (1d6/19-20)

Spazio/portata 1,5m/1,5m

Attacchi speciali attacco furtivo (+4d6)

Statistiche

For 10, Des 16, Cos 18, Int 12, Sag 13, Car 16

Attacco base +14; BMC +14; DMC 27

Talenti (incluse doti da ladro) Arma accurata, Arma focalizzata (stocco), Arma focalizzata (daga), Iniziativa migliorata, Inseguire, Magia minore (individuazione del magico), Mobilità, Recupero (8 pf), Schivare, Tempra possente, Volontà di ferro

Abilità Conoscenze (dungeon) +12, Camuffare +17, Disattivare congegni +14, Furtività +20, Intimidire +20, Manolesta +21, Percezione +22, Raggirare +17; modificatori razziali +4 Percezione

Linguaggi Comune, Draconico

Ecologia

Ambiente qualsiasi

Organizzazione unico (PNG)

Tesoro Armatura di cuoio borchiato, Balestra a una mano perfetta, Stocco +2 acido, Daga +1 danzante, 80 mo, 2 pozioni di ristorare inferiore, 2 pozioni di rimuovi paralisi, cinque pozione di cura ferite moderate, pozione di neutralizza veleno.

Capacità speciali

Sguardo pietrificante (Sop) pietrifica in modo permanente, 9 metri, Tempra CD 21 (basata su Car) nega.

Veleno (Str) Morso – ferimento; TS Tempra CD 22 (basata su Cos); frequenza 1/round per 6 round; effetto 1d3 danni a For; cura 2 TS consecutivi.

Visione a 360° (Str) Le meduse ottengono visione a 360° grazie ai capelli serpe; ottengono inoltre un modificatore razziale +4 alle prove di percezione (già conteggiato) e non possono essere fiancheggiate.

Tattiche

Crinalvento cerca di evitare il combattimento diretto e di restare nelle retrovie, dove può attaccare con la balestra entro 9 metri cercando di sfruttare il proprio attacco furtivo. Se coinvolta in combattimento rilascia la propria daga danzante e sferra attacchi con lo stocco e con i capelli serpe, sfruttando nel contempo anche il letale sguardo. Il talento inseguire le permette di incalzare i nemici che si allontanano. Crinalvento non combatte fino alla morte per nessun motivo: quando la situazione si mette male, tende a utilizzare la dote da ladro per recuperare 8 pf e a fuggire, così da potersi rimettere in sesto velocemente grazie al suo arsenale di pozioni.



venerdì, febbraio 11, 2011

Drizzit 4

Lo so, oggi non è lunedì. Ma adesso sono un po' più veloce nel disegnare le vignette, quindi riesco a produrle ad un ritmo maggiore. Certo, è sempre meglio accumularne un po' in modo che in futuro si possa partire per la Svezia senza interrompere la pubblicazione, ma adesso che ne ho un bel po' da parte mi posso permettere di pubblicare una striscia extra.
Qui si spiega cos'è successo nella striscia precedente (chi conosce i Forgotten Realms lo sapeva già!). Mi piace la continuità delle strisce, cioè il fatto che abbiano un "ciclo" narrativo e che, anche se ognuna è leggibile in maniera autonoma, si possano leggere una dopo l'altra formando una sorta di "episodio". Ecco nell'episodio attuale, Drizzit si ritrova nudo e deve trovare una soluzione. Che accadrà? Si vedrà... lunedì.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

giovedì, febbraio 10, 2011

Inside Woody Allen

"Aristotele pensava che il tempo fosse una quantità. Ma il suo negozio fallì quando si rese conto che non poteva incartarlo." - Woody Allen

Ho acquistato un libro (sai che novità). Ma di questo volevo parlarne. E' un libro di strisce a fumetti, si tratta della raccolta di Inside Woody Allen di Stuart Hample. Furono pubblicate dal 1976 al 1984 su molti giornali statunitensi e il protagonista era proprio Woody Allen. Il comico mise a disposizione di Hample la sua sterminata collezione di battute, e lo autorizzò ad utilizzarle per farne delle strisce. Hample aveva chiesto di poter utilizzare Allen come protagonista di una striscia, ma non si aspettava tutta quella collaborazione. Nella raccolta, pubblicata da ISBN edizioni col titolo La Vita secondo Woody Allen, sono state inserite le 300 migliori strisce e anche molto materiale relativo alla collaborazione tra Woody e Stuart. Al di là della genialità delle battute (che suppongo molti conosceranno già) non mi ero mai accorto di come queste potessero incastrarsi così bene nella struttura di una striscia a fumetti. Nonostante ormai molti riferimenti siano obsoleti (si tratta di vignette pubblicate 30-40 anni fa!) restano ancora godibilissime e piacevoli da leggere.

Ovviamente non sto qui a parlare di questo libro per fargli pubblicità. Anche se ve lo consiglio. Lo faccio innanzitutto perché alcuni dei consigli che Woody Allen ha dato per iscritto a Stuart Hample valgono non solo per lui, e non solo per i disegnatori di strisce (categoria nella quale sono un mediocre esordiente dilettante), ma più in generale per tutti gli scrittori. C'è un punto in cui dice:

"Non aver paura di essere FUORI. Stai davanti ai tuoi lettori, non affannarti ad inseguirli. Resisti alle battute facili, prevedibili. Valori ed interessi sono solo apparentemente, e non realmente, intellettuali. Per cui le battute non devono essere commerciali." - Woody Allen

E dopo averla letta mi sono messo a pensare... davvero valori e interessi sono falsamente intellettuali? In effetti spendersi in dettagli insignificanti riguardanti un interesse specifico, non è cultura. Per vincere al milionario o al Trivial infatti, non si richiede di essere colti, solo di fare il pieno di nozioni. L'intelligenza, diceva la Montessori, si fa coltivando l'abitudine di fare i collegamenti. Certo farsi rincorrere dai lettori, nel 2011, è abbastanza facile se ti chiami Woody Allen... la gente legge Fabio Volo, Federico Moccia e Dan Brown e pensa di trovarci la filosofia. Ecco ho scritto una cosa snob. E non me ne pento.

L'altro motivo per cui ho voluto dedicare un post a questo libro, è che in una vignetta su tre ci riconosco gli stessi meccanismi mentali che animano i miei pensieri. Ovviamente, io inseguo Woody Allen come lui si aspetta che facciano i suoi lettori. Ma è estremamente "confortevole" leggere una riflessione e dire: ehi anche io ieri stavo pensando a questo. Oppure: ehi questa battuta potrebbe riferirsi anche a quello che io penso. Ti fa sentire meno alieno, meno solo.

Drizzit 3

La terza striscia di Drizzit è di nuovo una di quelle che può essere compresa appieno solo da chi conosce il personaggio a cui Drizzit è ispirato. Certo, l'ultima vignetta della striscia è divertente comunque, e se il lettore non conosce i romanzi fantasy di Drizzt Do'Urden quello che perderà in divertimento lo guadagnerà probabilmente in curiosità. Che è successo? Lo scoprirà nella prossima vignetta.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

lunedì, febbraio 07, 2011

Drizzit 2

Ecco, questa è la seconda striscia "regolare" di Drizzit. Come vedete non c'è il titolo, perché solitamente nelle strisce (che sono pubblicate sui giornali) il titolo viene stampato al di fuori delle vignette, e non all'interno. Tuttavia, una volta ogni sette-otto vignette lo inserirò nuovamente, come a voler completare "un ciclo" di narrazione. Inoltre mi ci ero abituato, e questa striscia mi sembra come... più povera. Non so.
Comunque spero che sia all'altezza delle precedenti. Mi sono divertito molto a disegnare la mucca. Soprattutto lo sguardo della mucca.

Striscia precedente; Striscia successivaLeggi Drizzit dall'inizio

venerdì, febbraio 04, 2011

La vecchia stazione di servizio

Le cose abbandonate, decadono più velocemente.
Sembra una cosa stupida da dire, invece non lo è affatto. Non intendo dire che una cosa, se viene curata, riparata e conservata, impiega meno tempo a distruggersi. No, questo darebbe banale. Intendo "abbandonata" nel senso di "lasciata sola". Ecco forse così si capisce meglio: le cose lasciate sole, decadono più velocemente.

Stamattina stavo camminando sul ciglio di una provinciale, e mi sono imbattuto in una stazione di servizio abbandonata. La scritta ERG era accartocciata dal sole. Il blu della pensilina era scolorito e venato di rosso laddove la ruggine era emersa. I cartelli sbiaditi. L'erba che si faceva strada lungo il marciapiede.
Eppure quella stazione ha chiuso solo un anno fa, me lo ricordo. E i cartelli non sbiadiscono così velocemente, le scritte non si piegano al tempo in così poco tempo. L'erba non sale sui marciapiedi e non li spacca con tale rapidità e forza. Anche senza ridipingere il blu, anche senza strappare le erbacce, anche senza sostituire la scritta ERG, quel posto avrebbe resistito alla decadenza in modo migliore se non fosse stato abbandonato. Se la stazione non fosse stata lasciata sola.

Io ho posseduto un locale. Ho vissuto molto più tempo di un anno nella stessa casa. Ho visto trascorrere il tempo per decine di stazioni di servizio, anche trascurate. Ma niente invecchia e si ingiallisce, perde forza e si affievolisce, muore e si disgrega tanto velocemente fintanto che non viene lasciata sola.
Credo che sia un principio universale. Vale per le cose, e vale per le persone. Se le lasci sole, invecchiano, si incupiscono, si chiudono in se stesse. Abbandonate, perdono vita con incredibile celerità. Quando si staccano dal resto del mondo, il mondo si stacca da loro. Appassiscono, come le piante alle quali vengono recise le radici. Appassiscono. Ecco cosa è successo a quella vecchia stazione di servizio: è appassita.

giovedì, febbraio 03, 2011

Drizzit 1


Ecco la prima apparizione ufficiale di Drizzit. Ho messo anche un badge nella prima vignetta, perché volevo che fosse chiaro che tutte quelle pubblicate fino ad ora erano prove generali, durante le quali sceglievo i colori, provavo gli strumenti e definivo i personaggi.
L'unica cosa che non sarà mai definitiva è la qualità del disegno. Ma prima o poi imparerò a tenere dritta quella maledetta penna.
Tornando alla striscia qui sopra, mi chiedo se sia accessibile a tutti. E' chiaro che Drizzit è un omaggio al personaggio di Drizzt Do'Urden creato da R.A. Salvatore, ma non tutti sapranno chi è Drizzt Do'Urden, e forse nemmeno cosa sia un elfo scuro, e che gli elfi scuri vivono nel sottosuolo. Insomma credo che almeno all'inizio, queste strisce saranno molto più divertenti se si conosce l'ambientazione fantasy alla quale sono ispirate. Poi man mano tutto sarà più chiaro a tutti.
Da oggi in poi cercherò di postare Drizzit un paio di volte a settimana, prevedibilmente il lunedì e il giovedì.

Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio

mercoledì, febbraio 02, 2011

HHL

Ho scoperto che il testo della canzone HHL - Homo Homini Lupus degli Elettrojoyce (potete scaricarla gratuitamente qui oppure qui l'intero album) è composta da brani di William Blake tratti dai suoi Proverbi dell'Inferno.

Riporto qui di seguito la mia traduzione dei proverbi. Se ne avete la possibilità (e cioè se masticate un minimo l'inglese) vi consiglio di leggerveli in lingua originale. Li trovate anche in rete, ad esempio in questa pagina ci sono tutti (ma è la prima che è uscita da una semplice ricerca).

Nel tempo della semina impara; in quello del raccolto insegna; durante l'inverno spassatela.
Guida il tuo carro e il tuo aratro sopra le ossa dei morti.
La strada degli eccessi conduce alla saggezza.
La prudenza è una vecchia zitella orribile e ricca, corteggiata dall'incapacità.
Colui che desidera ma non agisce, alleva pestilenza.
Il verme tagliato perdona l'aratro.
Getta nel fiume colui che ama l'acqua.
Il folle non vede lo stesso albero che vede il saggio.
Colui il cui viso non emana luce, non diverrà mai una stella.
L'eternità è innamorata delle opere del tempo.
L'ape operosa non ha tempo per la tristezza.
Le ore di follia sono misurate dagli orologi, ma quelle della saggezza nessun orologio può misurarle.
Lascia conti, pesi e misure agli anni di carestia.
Nessun uccello vola troppo in alto se vola con le proprie ali.
Un corpo morto non si vendica delle offese.
Il più sublime dei gesti è anteporre un altro a se stessi.
Se il folle persistesse nella sua follia, il mondo diverrebbe saggio.
La follia è la cappa sotto cui si nasconde la malizia.
La vergogna è la cappa sotto cui si nasconde l'orgoglio.
Le prigioni sono costruite con le pietre della legge, i bordelli coi mattoni della religione.
L'orgoglio del pavone è la gloria di Dio.
La lussuria della capra è la ricompensa di Dio.
La nudità della donna è il lavoro di Dio.
L'eccesso di tristezza ride, l'eccesso di gioia piange.
Il ruggito dei leoni, l'ululato dei lupi, la furia del mare in tempesta, la spada della distruzione sono porzioni di eternità troppo grandi per l'occhio umano.
La volpe se la prende con la trappola, non con se stessa.
Le gioie fecondano, i dolori partoriscono.
L'uomo indossi la pelle del leone, la donna il vello della pecora.
Il nido all'uccello, la tela al ragno, l'amicizia all'uomo.
Il folle egoista e sorridente e il folle grottesco e scontroso saranno entrambi creduti saggi, così che possano divenire un manganello.
Quello che ora è provato, un tempo era solo immaginato.
Il ratto, il topolino, la volpe e il coniglio guardano le radici; il leone, la tigre, il cavallo e l'elefante guardano i frutti.
La cisterna contiene, la fontana dilaga.
Un pensiero colma l'immensità.
Sii sempre pronto a dire ciò che pensi, e l'uomo superficiale ti eviterà.
Qualsiasi cosa si possa credere, è un'immagine della verità.
L'aquila non ha mai perso così tanto tempo come quando si iscrisse alla scuola del corvo.
La volpe provvede a se stessa, ma Dio provvede al leone.
Pensa al mattino. Agisci a mezzogiorno. Mangia in serata. Dormi di notte.
Colui che ha subito una tua imposizione, dopo ti conosce.
Così come l'aratro è trainato dalle chiacchiere, Dio esaudisce le preghiere.
Le tigri della furia sono comunque più sagge dei cavalli dell'istruzione.
Aspettati veleno dalle acque quiete.
Non potrai mai sapere cosa è abbastanza, finché non avrai sperimentato il troppo.
Ascolta le parole del folle: è un privilegio da re.
Gli occhi del fuoco, le narici dell'aria, la bocca dell'acqua, la barba della terra.
Chi manca di coraggio è dotato di forte astuzia.
L'albero di mele non chiede mai al faggio come deve crescere, così come il leone al cavallo come deve catturare la sua preda.
Chi è grato di ricevere accumula una abbondante messe.
Se qualcun altro non fosse stato folle, lo saremmo noi.
L'anima della dolce delizia non potrà mai essere sporcata.
Quando vedi un'aquila, vedi una porzione di genio: solleva la testa!
Così come il bruco sceglie le foglie migliori per deporre le uova, così il prete depone le sue maledizioni sulle nostre gioie.
Creare un piccolo fiore è il lavoro di ere.
Condannare rinforza, benedire rammollisce.
Il miglior vino è quello più vecchio, la migliore acqua è quella più nuova.
Pregare non ara! Supplicare non miete!
La gioia non ride! I dispiaceri non piangono!
Alla testa il sublime, al cuore il pathos, ai genitali la bellezza, a mani e piedi la proporzione.
Come l'aria all'uccello e l'acqua al pesce, così la riprovazione al riprovevole.
Il corvo non ha mai desiderato che tutto sia nero, né il gufo che tutto sia bianco.
Esuberanza è bellezza.
Se il leone fosse consigliato dalla volpe, sarebbe furbo.
Le migliorie rendono dritte le strade, ma le strade impervie senza migliorie sono le strade del genio.
Meglio uccidere un bimbo nella culla che crescere desideri insoddisfatti.
La verità non sarà mai detta in modo da essere incomprensibile, e non creduta.
Abbastanza, oppure troppo.

- William Blake, Proverbi dell'Inferno