lunedì, gennaio 31, 2011

Drizzit 0.9

Ecco l'ultima striscia del prologo di Drizzit! Dalla prossima la pubblicazione sarà regolare (credo due volte a settimana) e ci sarà qualche piccolo cambiamento. L'autore (cioè me stesso) smetterà di apparire così spesso, il titolo comparirà solo una volta a settimana lasciando la prima vignetta libera dal suo ingombro e le varie scelte stilistiche saranno definitive (non vi eravati accorti che l'abito di Drizzit cambiava praticamente ogni vignetta? eheheh).
Se riesco ad essere costante e produttivo, magari a fine anno posso raccoglierle in un bel volumetto e regalarle per Natale. Non sarebbe una cattiva idea.

domenica, gennaio 30, 2011

Requiem della 4a edizione

Non so chi lo dirà per primo. Cioè non so chi lo ammetterà per primo, visto che si tratta di uno di quegli argomenti talmente scottanti per chi è un appassionato di Giochi di Ruolo, che si cerca sempre di evitare di dirlo. Però a me pare evidente, e sfiderò il tabù: la 4a edizione di Dungeons & Dragons puzza di morto lontano un miglio.Dopo un lancio in pompa magna degno dell'era mediatica che l'ha accolta, con tanto di countdown sul sito ufficiale, il nuovo Manuale del Giocatore (che sin dalla grafica di copertina sembrava avere qualcosa di strano) è approdato sugli scaffali. Vendite magnifiche, tutti si aspettavano che la 4a edizione del gioco di ruolo fantasy più famoso del mondo fosse l'evoluzione della 3a edizione, che a sua volta era l'evoluzione della 2a edizione, che era l'evoluzione della prima. Ma non è stato così. Nonostante in tutti i forum del mondo i sostenitori senza se e senza ma della 4a edizione abbiano fatto di tutto per confondere le acque e seminare il dubbio, la maggior parte di quelli che dopo aver acquistato il manuale base lo hanno letto, sono rimasti davvero di stucco.

La quarta edizione era un passo indietro. Ma fatto con orgoglio! Convinti che tornare a un gioco di ruolo più semplice, riduttivo e legato alle tattiche da tavolo avrebbe permesso più facilmente di conquistare nuovi giocatori e nel contempo avrebbe reso felici i giocatori più vecchi e nostalgici, gli autori della 4a edizione con un colpo di spugna hanno cancellato ogni evoluzione che D&D ha avuto in 30 anni. Ovviamente stiamo parlando delle evoluzioni "indesiderate". Col tempo Dungeons & Dragons era diventato un gioco eccezionalmente plasmabile, con una infinità di opzioni (addirittura troppe opzioni) e quindi dannatamente complesso, soprattutto per le nuove leve. La lettura dei manuale della 3a edizione era davvero impegnativa, ed era difficile che un nuovo giocatore si avvicinasse al tavolo da gioco senza qualcuno che, già esperto del regolamento, lo aiutasse a comprendere la miriade di possibilità che aveva di fronte (cosa che veniva fatta, solitamente, nell'arco di diverse partite, in modo che il boccone non risultasse indigesto e il poveretto non desiderasse tornare subito a giocare a Risiko).

Non andava bene, non andava bene affatto. Una volta "epurato" lo scheletro del regolamento da ogni fronzolo, Bill & C. hanno ottenuto un bellissimo wargame da tavolo con risvolti interpretativi niente male. Si può scegliere una classe per volta (a meno di non comprare anche il terzo Manuale del Giocatore), ogni manovra di combattimento è affidata ai cosiddetti "poteri" (che talvolta sono così ridicoli da apparire imbarazzanti per chi li ha scritti) e si è costretti a giocare su un quadrettato spostando segnalini. Forse questa 4a edizione era davvero l'edizione che Gary Gigax aveva sognato di creare, ma non era di sicuro quello che si aspettavano centinaia di migliaia di giocatori di D&D in tutto il mondo.

Chi aveva provato le edizioni precedenti, e magari era passato dalla 1a alla 2a e poi alla 3a edizione... oppure chiunque avesse provato negli ultimi 20 anni qualsiasi altro gioco di ruolo disponibile nel panorama editoriale del settore (Call of Cthulhu, Vampire la Masquerade, Star Wars, Gurps, Rolemaster, il GiRSA per citarne solo alcuni tra i più famosi) si era formato nell'idea che giocare di ruolo volesse dire interpretare... cosa che fra l'altro è vera, se ci fermiamo anche solo alla definizione da vocabolario. Ebbene D&D non è mai stato un gioco di ruolo noto per il suo lato "narrativo" ma evolvendosi era riuscito negli anni ad accontententare tutti: dai wargamers più accaniti, che giocavano la 3a edizione con miniature e quadretti proprio come la 4a edizione obbligherà a fare tutti, ai "puristi" dell'interpretazione che trascorrono intere sessioni solo a recitare la parte del loro personaggio e la sua interazione con gli altri personaggi e col mondo, a quelli a cui piace investigare e risolvere gli enigmi che il Dungeon Master pone davanti, fino a quelli che si gettavano in sequenze infinite di scontri senza mai però ricorrere al quadrettato, lasciando che ogni fendente fosse descritto, e la scena appena accennata su un foglio di carta. A quest'ultima categoria appartenevo anche io, che come DM ho sempre amato mixare sessioni di investigazione e interazione con una buona dose di combattimenti pirotecnici.

Come me, molti giocatori di ruolo abituati a narrare, raccontare, immaginare e creare il proprio personaggio utilizzando appieno ogni possibilità del regolamento, si sono scontrati con la minimizzazione semplificante delle regole della 4a edizione. Si era passati dal poter creare qualsiasi personaggio (a patto di conoscere tutte le milioni di opzioni possibili) a dover scegliere quali opzioni offriva il manuale. Si era passati dal poter inscenare qualsiasi combattimento, a doverlo ridurre a un piano quadrettato. Persino le pagine dei libri, bianche e senza abbellimenti, sembravano ribadire il concetto. Quell'edizione di D&D, con i manuali tutti uguali, era la versione per bambini (e per bambini troppo cresciuti) del gioco di ruolo fantasy più giocato al mondo.

Dall'uscita del Manuale del Giocatore, sono bastati 4 anni di sfruttamento commerciale intensivo per esaurire qualsiasi entusiasmo del pubblico. Un manuale al mese per 4 anni fanno 50 manuali, e qualsiasi accanito giocatore di ruolo direbbe basta. C'è da dire che anche la 3a edizione era stata sfruttata fino al midollo, e che alla fine i manuali erano anche di più, ma in qualche modo il sistema della 4a edizione non è riuscito a reggere tanto quanto quello della 3a edizione. La 3a edizione è durata 8 anni. La 4a edizione a malapena la metà. Gli ultimi manuali della 4a edizione escono sempre più sporadicamente. Sempre di più restano sugli scaffali dei negozi di giochi di ruolo, che tentano (spronati dalla wizards e dalle case editrici locali) di spingere le vendite organizzando eventi. Quando possono. Ma anche questi eventi cominciano a stancare, sempre meno giocatori hanno voglia di rigiocare l'ennesima sessione di primo livello a un gioco di ruolo che sembra ridotto ormai a un gioco da tavolo iperpompato.
La linea Essentials, l'ultima uscita, tenta di riconquistare i nostalgici riproponendo scatole vintage e chi ci casca spende altri 100 euro per acquistare 4 manuali formato "mignon" che per il 50% sono un copia incolla l'uno dell'altro. Ma il gioco, nonostante qualche piccolo passo indietro che la dice lunga su come le cose stiano andando, è sempre lo stesso.

Attendo con ansia l'annuncio di una 5a edizione, anche se forse aspetteranno un altro po', per evitare che la massa di genti che ha acquistato i manuali della 4a si incazzi a morte. Personalmente -ci tengo a precisarlo alla fine di questo mio articolo- ho collezionato quasi tutti i manuali della 4a edizione che sono usciti in italiano, ho acquistato anche alcune avventure, i dungeon tiles per comporre le mappe, ho comprato anche i manuali Essentials (sì, io sono uno di quei coglioni). Ho anche iniziato e arbitrato diverse campagne alla 4a edizione, e ho promosso i Gameday e persino i D&D Encounters. L'associazione ludica di cui faccio parte, li promuoverà ancora, e sto anche scrivendo un manuale di regole aggiuntive per la 4a edizione. Perché tutto sommato è un bel gioco, anche se non è un gioco di ruolo.

sabato, gennaio 29, 2011

L'inferno dei viventi

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.»
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)


Queste parole di Calvino sono un tutto tondo, credo che sia illuminante fermarsi a contemplare la loro universalità, la loro completezza. Di Calvino ho letto molto, ma forse non abbastanza. Oggi mentre stavo cercando uno dei suoi racconti brevi (a proposito anche io ne ho pubblicato uno qui) mi è comparsa questa riflessione, che è riportata su Wikipedia.

L'inferno dei viventi è già qui, ce l'abbiamo intorno. Nasciamo. La condizione essenziale per poter essere testimoni dell'esistenza ci viene donata fin dal primo battito di cuore: è semplicemente essere vivi. Da quel momento in poi, le cose possono solo peggiorare. Possiamo farci male, menomarci, ammalarci, storpiarci, impazzire, e alla fine morire. Non ci è dato di tornare alla sanità, di resettare il sistema, di rifarci crescere un braccio, o di recuperare l'ignoranza che abbiamo perso a vantaggio della follia. Da quando nasciamo, iniziamo a morire (questo lo disse di sicuro qualcuno prima di me, ma non so chi). L'inferno dei viventi è quello che ci circonda, ci consuma, ci tormenta, ci impegna, ci mastica e ci sputa. E' una specie di meccanismo che ci incastra, ci risucchia attraverso strade ben studiate... si cresce, si studia, si cerca un lavoro, si sgobba, si prolifera e poi si crepa.
In molti guardano a questa sequenza di cose come alla vita. Qualcuno addirittura ambisce a tutto questo. Sempre meno bambini quando gli viene chiesto cosa vogliono fare da grandi rispondono "l'astronauta" o "la ballerina". Sempre di più ti rispondono: "voglio una famiglia, una casa, un figlio" e questo significa che vogliono solo entrare nel percorso, seguire la sequenza, salire sul tram di quanto progettato. D'altronde come biasimarli? Meno deviazioni, meno problemi, meno tormenti, meno dispiaceri, meno preoccupazioni. La trafila assicura tranquillità, certezze. Sostituire ai sogni la cruda realtà: arredare casa, il pranzo di Natale, aspettare il pargolo quando esce da scuola, pagare le rate dell'università, le ore perse sul treno ogni giorno. L'inferno dei viventi.

Questo inferno lo creiamo noi tutti, semplicemente stando insieme.
Per soffrire meno, ci sono due alternative. La prima è accettarlo, farne parte, assimilarsi. Accettare che non sarai mai astronauta, che le tue ambizioni (se ancora ne hai, povero stronzo illuso) sono solo ninna nanne per bambini, che devi crescere e mettere "la testa a posto" e "i piedi per terra" e rinunciare alla ricerca di qualcosa di più, accontentarti di quello che ti spetta. Che non è poco, perché tanti non hanno nemmeno quello, tanti soffrono e si dolgono e non hanno la possibilità di avere quello che hai tu, tu che sei fortunato, quindi: accontentati. La felicità è essere felice di quello che si ha già, quindi anziché ucciderti per ottenere quello che vorresti, abbassa il capo e impara a dire che quello che hai è prezioso, che quello che hai è oro! Impara a valorizzare le cose di tutti i giorni, riempi la vita con la quotidianità, ripeti all'infinito la danza del giorno e della notte finché non sarai memoria (e poi, come dice Foscolo, se hai un sepolcro bene, altrimenti faranno ancora prima a scordarsi di te).

L'altra alternativa, per chi non vuole divenire parte dell'inferno al punto da chiamarlo "vita", è riconoscere le cose che non ne fanno parte. Le cose fuori posto, le anomalie, le cose che sono insolitamente contro corrente. Degeneri e malinconiche, bisogna imparare a riconoscere la materia dei sogni quando la si incontra per strada. A volte è un oggetto, a volte un racconto, a volte una foto, a volte una persona. Stona, stride con quello che ci hanno insegnato ad apprezzare, ma è perfettamente in armonia con quello che vorremmo apprezzare, con quello che vorremmo vedere, con quello che vorremmo essere. Sembrano cose tristi, ma è solo perché sono incongrue, sfasate, inadatte a quello che hanno attorno. Credo che qualcuna di loro, di queste cose o di queste persone, creda di essere triste davvero.
Riconoscere queste persone, o queste cose, richiede impegno costante. E' una fatica. Chi te lo fa fare? Puoi restare in casa. Se accendi la televisione, scompaiono. "Hai tutto ciò che si può desiderare, non darti un cruccio in più, non pensare a loro, non pensare a quello che stona, a chi è diverso, a chi crede che la vita non sia quella che ci hanno edificato attorno."

Riconoscere, salvare e dare spazio. Salvare quello che è davvero prezioso e dargli la giusta importanza. Rimetterlo al posto che merita, sopra le altre cose. Io credo di averne trovate, di cose preziose. Quello che so io, è che riconoscere, salvare e dare spazio a tutto ciò che non è inferno, significa salvare una parte di me stesso, una parte che resta a galla solo per dimostrare che è vero, c'è qualcosa oltre all'inferno. Ed è il bello della vita.

Drizzit 0.8

Mentre mi apprestavo a concludere la serie di "vignette di prova" di Drizzit (a proposito, questa è la penultima, poi cercherò di pubblicarle sul blog con una certa regolarità) mi sono arrivati altri utili suggerimenti. Ad esempio di non puntare troppo sul meta-fumetto, cioè sull'interazione tra autore e personaggio. E anche di fare qualche esercizio al di fuori delle strisce, per migliorare la confidenza con la tavoletta grafica e con il sistema dei colori. Ringrazio tutti per i consigli. Drizzit sarà fichissimo anche grazie a voi!

venerdì, gennaio 28, 2011

L'amore delle pietre

Oggi mi sono ricordato di un fumetto che sto leggendo, un manga in realtà, Vinland Saga. Notevole dal punto di vista della ricostruzione storica (è ambientato in Europa del nord attorno all'anno mille), è disegnato con un tratto molto curato, decisamente più curato della stragrande maggioranza dei manga. Mi è tornato in mente per un discorso apparso in uno degli ultimi numeri, in cui un prete straccione, rivolgendosi a un principe vichingo, gli spiega che in realtà chi è più vicino a dimostrare il vero amore puro così come ci insegna il Vangelo è... un sasso. Perché il sasso non è vivo, quindi non brama nulla di ciò che lo circonda, non ha bisogno di niente, è privo di ogni egoismo, è fuori da ogni equazione. Il sasso si offre tale e quale è, al pieno delle proprie possibilità, senza ingannare (se inganna non è colpa sua, ma dell'ambiente che lo circonda). Lui dona senza ricevere nulla. Il sasso è amore puro. Ma il sasso è morto.
La disturbante equazione tra amore e morte mi è rimbalzata nel cervello oggi, perché ad un certo punto avevo fame, ma non volevo far perdere tempo a nessuno, né spendere soldi. E ho rinunciato a mangiare, mettendo i miei bisogni in secondo piano. Ma prima o poi avrei dovuto mangiare, e mangiare significa "consumare" qualcosa, quindi disturbare, alterare, trasformare... interagire. E significa farlo per egoismo. Un egoismo buono, se vogliamo, un egoismo necessario, di cui nessuno può rimproverare l'altro, fintanto che nulla toglie al prossimo.
E qui il pensiero mi si è incasinato. Quand'è che si non toglie nulla al prossimo? Bevo acqua, imbottigliata chissà dove esaurendo sorgenti che vengono pagate una miseria, utilizzando plastica inquinante per le bottiglie, trasportate con mezzi inquinanti su e giù per il mondo, pagate mille volte il prezzo di un'acqua di rubinetto (per non parlare del fatto che sgorgava gratis), e la bottiglia dovrà essere gettata, differenziata, riciclata. Disturbo. Le persone pagate per fare tutto questo sono certamente pagate poco, probabilmente non in regola con le norme di sicurezza, assunte con contratto a termine. Disturbo. Potrei bere l'acqua del rubinetto di casa, e infatti così faccio quando sono a casa. E se posso bevo a una fontanella. Ma oggi stavo per prendere l'aereo e la mia sete è diventata disturbo. Non avrei disturbato nessuno se fossi stato sasso.
Insomma credo che la morale sia che vivere implica una sana dose di egoismo, e che la cosa importante è stare attenti a che non degeneri. Poi l'aereo è partito, e tutte queste riflessioni sono rimaste materiale per blog.

mercoledì, gennaio 26, 2011

Drizzit 0.7

Mi piace l'effetto colore che sono riuscito a dare alla mappa della prima vignetta. E mi piacciono anche i funghetti rossi in mezzo alle stalagmiti. Il finale "aperto" di questa striscia invece è del tutto fuori luogo. Queste strisce dovrebbero essere un prologo, e dare loro una qualche continuità è un errore perché dovrebbe essere una caratteristica della forma "definitiva" di questo fumetto. Ma mentre disegnavo l'ultima vignetta mi sono detto: «Mi sto prendendo troppo sul serio. Chissenefrega.»

martedì, gennaio 25, 2011

Chi si contenta (di Italo Calvino)

C'era un paese dove era proibito tutto.
Ora, l'unica cosa non proibita essendo il gioco della lippa, i sudditi si riunivano in certi prati che erano dietro al paese e lì, giocando alla lippa, passavano le giornate.
E siccome le proibizioni erano venute un poco per volta,sempre per giustficati motivi, non c'era nessuno che trovasse a ridire o non sapesse adattarsi.
Passarono gli anni. Un giorno i connestabili videro che non c'era più ragione a che tutto fosse proibito e mandarono messi ad avvertire i sudditi che potevano fare quel che volevano.
I messi andarono in quei posti dove usavano riunirsi i sudditi.
- Sapete - annunziarono - non è più proibito niente.
Quelli continuavano a giocare alla lippa.
- Avete capito? - insistettero i messi. - Siete liberi di fare quel che volete.
- Bene, - risposero i sudditi. - Noi giochiamo alla lippa.
I messi s'affannarono a ricordar loro quante occupazioni belle e utili vi fossero cui loro avevano atteso in passato e cui potevano di nuovo attendere d'allora in poi. Ma quelli non davano retta e continuavano a giocare, una botta dopo l'altra, senza nemmeno prender fiato.
Visti vani i tentativi, i messi andarono a dirlo ai connestabili.
- Presto fatto - dissero i connestabili. - Proibiamo il gioco della lippa.
Fu la volta che il popolo fece la rivoluzione e li ammazzò tutti.
Poi senza perder tempo, tornò a giocare alla lippa.

(Italo Calvino, Apologhi e racconti - 1943-1958, in Prima che tu dica pronto)

Wondering

Da oggi me ne andrò qualche giorno in Svizzera, a Zurigo e Basilea. Ho intenzione di visitare la mostra di Picasso, e soprattutto di fare molte foto. So che farà freddo, ma per fortuna il freddo non mi spaventa e non mi ha mai fermato (al contrario del caldo). Tornerò venerdì.
Noiose riflessioni notturne che non dovreste leggere: stanotte mentre tornavo a casa, in macchina, percorrendo una stradina che attraversava la campagna, mi sono ritrovato a pensare di fermarmi lì, dormire in una tenda, sotto zero, in un sacco a pelo caldo, nel silenzio più assoluto di una notte invernale. E' di questo che ho bisogno? Freddo, silenzio e solitudine? Ultimamente sono incredibilmente produttivo. Scrivo, disegno, leggo, scatto foto, tengo aggiornati un paio di blog, creo manuali di giochi di ruolo. Credo sia desiderio di comunicare, sotto forme diverse. Allora la verità non è che non voglio relazionarmi col mondo, è che non sono capace a farlo nei modi convenzionali. Il punto è che non credo di aver bisogno di nessuna riabilitazione, a me sta bene così.

lunedì, gennaio 24, 2011

Drizzit 0.6

In realtà non ho nessuna intenzione di trasformare Drizzit in qualcosa di "epico", ma la citazione mi piaceva perché condurre avventure epiche è la mia aspirazione come Dungeon Master quando gioco a Dungeons & Dragons, e spesso finisce che le sfide che pongo davanti al mio gruppo di giocatori sono al limite delle possibilità dei loro personaggi, con risultati simili a quelli che si trova ad affrontare Drizzit in questa striscia.
Tornando alle vignette, sto cercando di aumentare la qualità del disegno. A parte impratichirmi con la tavoletta grafica, vorrei che le strisce di Drizzit non sembrassero tirate via. Mi piace arricchirle con dettagli che forse in una striscia sono del tutto futili, come ad esempio il mantellino sbrindellato dell'ultimo riquadro. Devo misurare bene certe scelte, perché se la striscia non viene letta con l'ingrandimento adeguato, si tratta di lavoro inutile.

domenica, gennaio 23, 2011

I feared

Questa poesia di William Blake mi ha riportato alla mente alcuni discorsi che ho affrontato recentemente con degli amici, sulla responsabilità che abbiamo nei confronti del prossimo, degli amici, delle persone che amiamo. Magari sentirsi responsabili di quello che diciamo può essere un modo di dimostrare loro quanto li abbiamo a cuore, ma se finisce che la responsabilità ci schiaccia, dobbiamo aprire gli occhi e capire che il mondo va avanti anche senza di noi, e che in in fondo non siamo che una piccola variabile. Mi sembra che Blake abbia una visione diametralmente opposta a quella del film La vita è meravigliosa... nessuno è speciale, e i frutti di questo mondo maturano e crescono a prescindere, e lo fanno male, in modo sbagliato, e noi non possiamo farci niente. Vi riporto la poesia in inglese perché la traduzione di Giuseppe Ungaretti non mi piace, ma se vi interessa la troverete sicuramente tradotta da qualche parte. Il titolo originale era I feared the fury of my wind, e Ungaretti da bravo ermetico l'ha tradotto: timore.

I feared the fury of my wind

I fear'd the fury of my wind
would blight all blossoms fair and true;
and my sun it shin'd and shin'd,
and my wind it never blew.

But a blossom fair or true
was not found on any tree;
for all blossoms grew and grew
fruitless, false, tho' fair to see.


Ho creato un altro paio di strisce di Drizzit. Appena ho tempo ne posto un'altra. Vado come un treno.

sabato, gennaio 22, 2011

Il destino dell'arte

Mi è capitato di discutere con più di qualcuno sul destino dell'arte in un mondo dove l'avanzare del livello tecnologico riduce sempre di più la distanza tra chi sa fare e chi non sa fare. Ad esempio: la fotografia. Una ventina di anni fa, forse meno, con le vecchie macchine fotografiche a rullino, il fotografo era una persona esperta, accorta, molto informata. Una volta scattata una foto, non la si poteva vedere immediatamente, come si può adesso sullo schermo LCD di una macchinetta digitale. Bisognava tornare in studio, sviluppare la foto, e constatare che magari la luce non era sufficiente, il diaframma andava aperto di più, oppure occorreva aumentare il tempo di otturazione, o scegliere una pellicola più sensibile. E non si potevano scattare mille foto, e poi scegliere la migliore. Le pellicole costavano, e il numero di scatti era limitato. Insomma il fotografo doveva sapere, lanciando un'occhiata a ciò che stava fotografando, quali impostazioni utilizzare, e regolare la macchina fotografica di conseguenza. Non poteva andare "per tentativi". Adesso si può. Ho una reflex digitale, sono ancora una pippa, quindi scatto dieci foto per ogni soggetto, la prima è troppo chiara, poi troppo scura, poi bilancio meglio l'apertura, poi cambio posizione... solo alla fine trovo le condizioni e le impostazioni ideali. E le ho trovate sperimentando, a costo zero, grazie al fatto che la mia macchinetta memorizza fino a 1200 scatti, e che dopo ogni click posso visualizzare la foto in anteprima.
Pian piano, le impostazione "automatiche" delle macchinette saranno in grado di rilevare l'ambiente e fare la scelta migliore, anche migliore del miglior fotografo. E allora cosa accadrà? Cosa succederà quando anche l'ultimo professionista si renderà conto che la tecnologia offre le sue stesse competenze a tutti, o quantomeno a tutti coloro che possono permettersele? L'arte scomparirà? Tutto si confonderà? Saremo tutti artisti e non lo sarà più nessuno?

No, secondo me no. Forse perché sono romantico, ma per me un professionista e un artista sono due cose diverse. Il professionista sa fare le cose, ma l'artista è capace di sentirle, e di farle sentire. La miglior tecnica fotografica può generare la miglior foto, ma non per questo quella foto sarà un'opera d'arte. Quello che l'immagine cattura oltre alla luce, ce lo mette l'autore, e questo è qualcosa che nessuna tecnologia riuscirà mai a togliere all'essere umano. La tecnologia darà la possibilità a molte più persone di esprimersi in maniera "professionale" e questo può essere un bene o un male, ma l'arte non ne risentirà. Una società sterile non sarà in grado di produrre arte nemmeno se tutti avessero una reflex da seimila euro, così come una pittura murale tracciata col dito sporco di carbone può essere il più commovente dei ritratti. Sembrano banalità, ma vale la pena ribadirle, qualche volta. E tanto per concludere con un inutile sfoggio di cultura citazionista (quella più inutile), mi sembra appropriato questo pensiero di Lev Tolstoj:

«Lo scopo dell’arte non è quello di risolvere i problemi, ma di costringere la gente ad amare la vita. Se mi dicessero che posso scrivere un libro in cui mi sarà dato dimostrare per vero il mio punto di vista su tutti i problemi sociali, non perderei un’ora per un’opera del genere. Ma se mi dicessero che quello che scrivo sarà letto tra vent’anni da quelli che ora sono bambini, e che essi rideranno, piangeranno e s’innamoreranno della vita sulle mie pagine, allora dedicherei a quest’opera tutte le mie forze».

venerdì, gennaio 21, 2011

Drizzit 0.5


Nella versione definitiva delle strisce credo che ometterò il titolo... o forse lo apporrò sopra o di lato, devo ancora decidere. Perché incastrarlo dentro le vignette è problematico (come in questo caso), e di rimpicciolirlo non se ne parla. Ho ancora qualche dubbio sulla colorazione di Glenda, che mi sembra troppo scura e in qualche modo copre i tratti del disegno. Un altro dubbio è sul tono delle battute. Quanto possono essere "nerd" i contenuti? Se nella terza vignetta qui sopra avessi scritto "Zaurias, un Glabrezu abissale" probabilmente in pochi avrebbero colto i riferimenti (diciamo tre dei miei trenta lettori ecco). E poi le parolacce. Vanno bene? Il mio problema non è quello di offendere qualcuno, ma di andare fuori dal contesto. Lo stile della striscia non è dissacrante, eccessivo o provocatorio... quindi una parolaccia potrebbe essere di troppo. Ad esempio la striscia qui sopra avrebbe potuto terminare una vignetta prima. Sarebbe stata migliore?

mercoledì, gennaio 19, 2011

Personali deviazioni

Da ieri sono presente anche su deviantArt, e questa è la mia pagina. Visto che ho iniziato a produrre disegni scemi in formato digitale, sotto forma di vignette e manifestini, mi sembrava giusto esporli nel modo più consono possibile. Non pretendo di essere un'artista, ma non credo che lo pretendano in molti, tra quelli iscritti a deviantArt. Però una maggiore visibilità aiuta a ricevere critiche, complimenti, suggerimenti e magari anche un po' di pubblicità.

A proposito di pubblicità, anche oggi abbiamo lavorato alla nuova sede della Gilda del Drago Nero, finendo di montare una porta e realizzando una parete interna. C'è ancora molto da fare, ma vedere le cose "realizzarsi" sotto i propri occhi dona quel poco di serenità in più che serve per continuare a credere in un progetto del genere. Magari a Febbraio riusciremo davvero ad avere una sede tutta nostra che ospiti l'associazione ludica. Ci siamo ogni volta un po' più vicini. Questa è la foto della "porta" del locale, appena realizzata. Simone la sta attraversando tenendo in mano un bicchiere d'acqua, dimostrando così che il varco esiste, ed è agibile. Roberto rimira la maestosa opera di muratura da lui realizzata. Io ho scattato la foto (il che la dice lunga sulla mia effettiva utilità).

lunedì, gennaio 17, 2011

Gossip

Durante le feste, il settimanale gossipparo della scuderia berlusconiana Chi ha dedicato un meraviglioso reportage fotografico al pranzo di Natale della famiglia del premier. Sticazzi del pranzo di Natale della famiglia del premier, potrei dire. Però qualcuno 'ste riviste se le compra, e quindi non sarebbe appropriato liquidare tutto con "sticazzi" (non sarebbe appropriato, ma sarebbe fichissimo). Probabilmente esiste una intera Italia che si nutre di certe schifezze: pettegolezzi, paparazzate, scoop sulla vita privata dei vip, gossip. Le edicole traboccano di quelli che io amo definire "giornalacci da sala d'attesa" (anche se io in sala d'attesa preferisco leggere annunci immobiliari che certa immondizia). Questa Italia esiste. Compra certe riviste. Si compiace della propria morbosità. Si dice da sola che "non c'è niente di male". A me non interesserebbe nemmeno parlarne, ma poi capita qualcosa di curioso. Il nostro premier viene indagato come usufruente finale di prostitute (forse pure minorenni) e il politico di turno va in edicola a dirci che siamo tutto malati di gossip.

Chiariamo le cose, una volta per tutte. Se il premier di un paese va a puttane, non è gossip. E qualunque politico che vada in televisione a dire che l'interesse di un elettore per il fatto che il suo premier è indagato come cliente di prostitute sia amore di gossip, è un politico mediocre, scarsamente intelligente, paraculo, e anche molto triste.
Gli "onorevoli" politici (così chiamati perché la Costituzione li richiama ad esser tali), in quanto tali, devono rispettare la legge ancora più degli altri. L'Italia sembra essere l'unico paese dove, come dice Luttazzi, essere premier è un'attenuante generica anziché un aggravante, quando si commette un crimine. Se un elettore si interessa del fatto che il proprio premier si accompagna con prostitute minorenni, significa che è un elettore attento, responsabile e diligente. Non che è uno sporcaccione moralista. Indignarsi per le schifezze e le bassezze delle persone di statura infima, come Berlusconi, significa di buon grado onorare chi fa politica con decoro e nel rispetto della legge, che è quanto chiunque si augura da parte di un politico.

Per concludere, vi lascio con un pezzo tratto da un articolo di Silvia Truzzi, su Il Fatto Quotidiano, che è attinente alla vicenda delle immagini pubblicate da Chi.

«Un comandamento dice: “Onora il padre”, è immaginabile che sia complicato osservarlo. Si potrebbe capovolgerlo. “Onora i figli”, invece che esporli come un santino nell’assurda convinzione che questo porti qualche beneficio elettorale. (...) Il presidente del Consiglio crede – e forse è tristemente vero – di essere invidiato da molti uomini per le sue avventure sessuali. Non ne fa mistero: al capo piacciono le donne, dopo una giornata di duro lavoro bisognerà pure divertirsi. Allora, se non altro, basta pose ipocrite e ritratti di una apparentemente happy family da telefilm americano.»

Illus. da Calvin & Hobbes di Will Watterson edito da Comix

domenica, gennaio 16, 2011

Drizzit 0.4

Ci siamo quasi. Ho ancora qualche problema con la dinamica della sequenza (sicuramente Will Eisner mi frusterebbe a sangue), ma almeno questa vignetta e la precedente condividono la stessa selezione di colori, caratteri e formato del titolo. Qualcosa insomma si è stabilizzato. Anche la realizzazione ha richiesto meno tempo, forse perché ho preso un po' più la mano con gli strumenti di disegno digitale. Oppure perché come dice Drizzit, è tutto così approssimativo!


PS ho inserito un banner laterale (di cui vedete la riproduzione anche qui a destra) che permette di escludere tutti i post tranne quelli di Drizzit. Si può fare lo stesso cliccando semplicemente sul TAG di Drizzit, in fondo a uno qualsiasi dei suoi post, ma in questo modo magari risulta più immediato. Così chi passa di qua solo per Drizzit e non per le mie chiacchiere, può cliccare lì direttamente.

venerdì, gennaio 14, 2011

La Gilda diventa grande

Ho sfruttato Drizzit (il protagonista delle mie vignette) per la locandina che anticipa l'imminente apertura della Gilda del Drago Nero nei nuovi locali. Si tratta di un grosso passo avanti per l'associazione ludica in questione: gestire un locale tutto nostro significa far fronte a tutta una serie di problemi (economici, organizzativi e... sociali) che non ci spettava di affrontare quando eravamo "ospiti" dello Zainetto Pratico di Heward. Ora il negozio ci supporterà in maniera diversa, nel senso che ci auguriamo di essere suoi sostenitori per tutto quanto quel che riguardo l'ambito ludico. Ma ogni onere e ogni beneficio della Gilda ricadrà sui suoi soci fondatori (un pugno di persone afflitte dalla sindrome di Peter Pan). Al momento, il locale è da ristrutturare, ma ci riproponiamo che sia agibile entro l'inizio di Febbraio. Diamoci da fare, incrociamo le dita e non incrociamo le braccia.

lunedì, gennaio 10, 2011

Drizzit 0.3

In realtà non è cambiato solo il titolo. Ho deciso in maniera più o meno definitiva i colori, il font delle vignette, le caratteristiche del vestito di Drizzit e altre cosucce. Anche la qualità del tratto dovete ammettere che è migliorata un po'... del tipo che ho imparato a tenere dritta la penna mentre traccio la linea. E' un grosso passo avanti.
Mi piacerebbe considerare queste prime vignette come una sorta di "prologo" alle strisce vere e proprie. Con Drizzit e Glenda che partecipano attivamente alle decisioni. Un giorno, quando sarò in carcere per palese abuso di citazione, i miei nipoti potranno sfogliare le pagine del libro e dire: «Queste cagate erano solo il prologo, vent'anni dopo, lo zio ha imparato a disegnare.»
Ma saremo già nella realtà virtuale.

sabato, gennaio 08, 2011

Lo Zainetto RELOAD


Lo Zainetto Pratico di Heward inaugura la nuova gestione, ad opera del dinamico duo Ilaria+Federico, i quali hanno tutte quelle piccole qualità che io non avevo e che servono per gestire una fumetteria (tipo non insultano i clienti). Spero che riprenderanno anche ad aggiornare il sito del negozio, che da ottobre langue inutilizzato.
L'inaugurazione, con buffet annesso, è stata programmata per venerdì prossimo 14 gennaio 2011 e siete tutti invitati a partecipare. Segnatevelo sui calendari.

venerdì, gennaio 07, 2011

Mirò

«Quella che gli altri considerano vera, non è la vita reale di un uomo. E' l'immagine che loro si fanno di lui. Il vero me stesso è colui che sono, così come mi conosco, e anche colui che sono diventato per gli altri, e forse per me stesso. L'essenziale non è forse la misteriosa irradiazione che emana dal focolaio segreto in cui l'opera si plasma, e che poi trasforma l'uomo intero? La vera realtà è questa.
Realtà più profonda, ironica, che si burla di quella sotto i nostri occhi; e che tuttavia è la stessa. Basta soltanto illuminarla nel profondo, con un raggio di stella.
Allora tutto diventa insolito, instabile, limpido e al tempo stesso intricato. Le forme germogliano e mutano. Si interscambiano e così creano la realtà di un universo di segni e di simboli nel quale le figure migrano da un regno all'altro, sfiorano con i piedi le radici, anzi sono esse stesse radici e si dissolvono nella chioma delle costellazioni.
Questo è una sorta di linguaggio segreto composto di formule incantatorie, che viene prima delle parole, dal tempo in cui quello che gli uomini immaginavano e presagivano era più vero e più reale di quel che vedevano, e in cui era la sola realtà.»
- Jean Mirò (da Lavoro come Giardiniere e altri scritti)

La mia realtà è fatta di aspettative, quelle che ho io nei confronti delle persone che mi circondano, e quelle che hanno loro nei miei confronti. Una specie di ragnatela, che mi intrappola. Vorrei essere il buco nel tessuto sociale.
Anche io credo nel linguaggio primordiale, nel potere del ghirigoro. Ma ancora di più, credo nel misterioso potere dell'ispirazione, della vena creativa. E' un'ambizione male orientata, che ti spinge a fare qualcosa senza che ce ne sia davvero bisogno, ma alla fine ti ricompensa personalmente. Il mio bene è dentro di me.

mercoledì, gennaio 05, 2011

Drizzit 0.2

Ho imparato un paio di funzioni, ma sono ancora molto lontano dal saper usare un programma di grafica. Forse devo rivedere il titolo, mi pare davvero smorto.

martedì, gennaio 04, 2011

Persuasori occulti

Vi segnalo questo articolo, uscito su Il Fatto Quotidiano, che pone interessanti questioni riguardo la manipolazione dell'opinione pubblica. Il tema è il nucleare.
Suppongo che chiunque guardi la televisione anche solo un pochino più di me, avrà visto passare quel curioso spot nel quale due scacchisti (in realtà la stessa persona) dibattono sulla possibilità o meno che il nucleare sia il futuro dell'energia. Alla fine dello spot lo spettatore è invitato a discuterne presso il forum di un sito internet.

Io di televisione ne guardo poca, ma 'sto spot me lo sono sciroppato al cinema, poco prima dei titoli di testa di Megamind. L'ho trovato imbarazzante, ridicolo e involontariamente divertente (lo spot, il film era fichissimo). O perlomeno questa è la mia opinione. Bellissimo quando uno dei due scacchisti fa all'altro: il nucleare produce scorie! e l'altro gli risponde: ma è meno di una pedina all'anno per persona! Adesso, a parte il fatto che stiamo parlando di materiale tossico radioattivo, non di bucce di banana, ma chiunque fa presto a moltiplicare "una pedina per persona" per 60 milioni di persone, all'anno. Fanno 60.000.000 di pedine di materiale radioattivo tossico ogni anno. Fusti di quel materiale, prodotti dalle nostre centrali nucleari negli anni precedenti al referendum, adesso languono solitarie su qualche spiaggia in Africa o in qualche paese del terzo mondo, dove qualcuno ha provveduto a scaricarle. Tranquilli, fra ventimila anni saranno innocue.

A quel punto, nello spot, l'altro scacchista controbatte nuovamente: ma stoccate in siti specializzati sarebbero al sicuro per anni! Certo, per ventimila anni. La soluzione migliore, lo sappiamo tutti, è seppellirle in qualche cava abbandonata la cui composizione minerale aiuti a contenerne la radioattività. Una delle ipotesi erano le cave di salgemma, in Sardegna. Ma è probabile che adesso esistano metodi più moderni per trattare rifiuti del genere, di questo non ne dubito. Probabilmente esistono, e saranno appaltati ad aziende controllate dalla mafia, come accade sempre in Italia. Napoli è sepolta dall'immondizia, le mozzarelle diventano blu per colpa della diossina che emerge dai terreni dove la camorra ha fatto sparire carichi di rifiuti tossici provenienti dal nord, le ecoballe stoccate nei magazzini sono inutilizzabili perché fatte senza criterio, non esiste un piano decente di raccolta differenziata nella maggior parte dei comuni italiani (siamo indietro 20 anni rispetto a qualsiasi altro paese europeo), i soldi delle emergenze rifiuti vengono intascati da politici e amministratori che si danno il cambio e non finiscono mai in galera, i posti nelle aziende pubbliche che dovrebbero occuparsi di rifiuti sono regalati in cambio di voti o utilizzati per piazzare amici e parentame vario. E noi adesso vogliamo gestire scorie tossiche radioattive da stoccare al sicuro per 20.000 anni?
Mi accontenterei se riuscissero a gestire la discarica di Cupinoro per i prossimi 20 anni, a due passi da dove abito io. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Insomma a un certo punto uno dei due scacchisti avrebbe dovuto alzarsi in piedi e dire all'altro: ma vattela a pià 'nder culo! come avrebbe fatto il miglior Tomas Milian. Ma siamo in Italia, è nel clima di distensione delle tensioni e di apertura al dialogo che ci viene iniettato nei cervelli ogni giorno dagli stessi politici che poi ce lo mettono in quel posto, lo spot si conclude invitandoci a farci un'idea chiara sull'argomento.

Ecco il punto è proprio quello. Non c'è nessuna idea chiara da farsi. Il referendum ha sancito che il nucleare in Italia non si deve fare. Punto. Non è una tragedia! Basta investire in altro. Energia rinnovabile. Tutti gli altri stati del mondo stanno investendo in quello, il nucleare era (forse) una soluzione 40 anni fa quando abbiamo deciso di non farne uso. Il plutonio si esaurirà entro breve, e le centrali nucleari non produrranno che una frazione minima dell'energia necessaria, quando saranno pronte, fra 10 anni (forse, ma siamo sempre in Italia, facciamo 20). Nessuno costruisce più centrali nucleari. Gli USA hanno smesso negli anni '70 e investono milioni nella ricerca di alternative. Tutte le università del mondo ricevono ingenti finanziamenti sulla ricerca per nuove fonti di energia pulita, rinnovabile, a impatto ambientale zero. Noi coi soldi ci costruiamo il ponte di Messina, ci paghiamo le auto blu e gli stipendi e centinaia di enti inutili, ci assicuriamo caccia da guerra e ci regaliamo i decoder digitali terresti. E ovviamente, ci tiriamo su nuovissime centrali nucleari, contro la volontà popolare.

E parlando di costi, comprare l'energia elettrica dagli altri stati non è una vergogna, se mi tiene una centrale atomica lontano da casa. Ce l'hanno in Francia? Sticazzi. Noi siamo italiani e abbiamo detto di no, i francesi facessero quello che vogliono, se poi una centrale esplode in Francia moriremo anche noi per colpa dei francesi teste di cazzo ma intanto noi abbiamo deciso che le centrali nucleari non le vogliamo (c'è stato recentemente un incidente grave in Africa ma queste cose accadono ogni anno, solo che le notizie del genere non vengono riportate, mica fanno vendere vaccini).

L'articolo sopra citato parla proprio della strategia utilizzata per far cambiare idea ai cittadini. Perché il governo ha già deciso, in barba alla costituzione e alla volontà popolare di chi andò a votare 40 anni fa: il nucleare torna. Solo che rischia come al solito che la gente si incazzi, e poi bisogna mandare l'esercito a presidiare i siti e prendere a manganellate i pacifisti. Roba che si fa in certe dittature sudamericane, qui ai politici pare brutto (lo fanno lo stesso, ma pare brutto). Allora si fa così: discutiamone. E partono gli spot. Discutiamone ma noi abbiamo già deciso, quindi vedi se ti va di cambiare idea, così eviti le manganellate.
Persuasori occulti li chiama l'articolista arguto. Persuasori occulti.

lunedì, gennaio 03, 2011

Sui sacerdoti che non fanno politica

Il vescovo di Bologna ha ammonito i sacerdoti intimandoli di non fare politica. Un sacerdote che non fa politica, non serve a un cazzo. Ovviamente la "politica" non è scegliere un partito e allinearsi a quello che il partito ti dice. Quella non è politica, quello è vendersi il culo. E' quello che fanno i politici di oggi. E a giudicare da chi siede in parlamento, direi che funziona.

La politica invece è quella cosa nobile che si traduce con il darsi da fare per il bene di tutti. Il bene di tutti, esatto. Gesù faceva politica. Parlava solo di questo, del bene di tutti, da mattina a sera. I ricchi non andranno in paradiso. Non giudicare. Beati gli umili. Perdona. Non fare al prossimo tuo quello che non vuoi sia fatto a te stesso. Questa è politica. Se un domani un partito qualsiasi dicesse: a noi piace che ognuno si possa arricchire senza nessun limite, ci piace dividere i buoni dai cattivi secondo i nostri princìpi, sappiamo di essere i migliori, siamo a favore della condanna a morte e del carcere a fini di punizione, e appoggiamo la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco, quel partito sarebbe contro il messaggio evangelico, sarebbe contro il messaggio di Gesù. Oltre che contro un paio e forse più di articoli della nostra Costituzione. Allora bisognerebbe forse dire a Gesù: ehi stai facendo politica! Vaffanculo! ...io non credo.

E non credo nemmeno a quei sacerdoti "cerchiobottisti" che scambiano l'amore cristiano con il quieto vivere. Schierarsi è cristiano. Indignarsi è cristiano. Anche incazzarsi è cristiano. Se Gesù ha preso un randello e ha sparecchiato il tempio dai mercanti, allora un sacerdote può incazzarsi se le politiche di un tale partito sono contrarie ai valori in cui crede e che ha promesso di testimoniare. Se Gesù guardando il fico che non produceva frutto ha detto: "basta mi hai rotto le balle!" e l'ha seccato, allora un sacerdote può dire "basta mi avete rotto le balle!" a chiunque abusi del potere per impoverire il popolo e farsi i cazzi suoi.
Un prete che non fa politica, è sale che ha perso il suo sapore.
Don Milani era un prete, Don Tonino Bello era un prete, Don Primo Mazzolari era un prete. Non dicevano: non votate questo, votate quest'altro. Facevano politica però, eccome se la facevano!

Possiamo discutere sulla qualità della politica fatta dai preti. Ad esempio se Ratzinger dicesse: non votate questo partito perché è a favore della fecondazione assistita, io gli risponderei: ma vaffanculo. Perché secondo me la fecondazione assistita non solo non è contraria agli insegnamenti di Gesù, ma addirittura li concretizza. E questo è un esempio. Ma non mi permetterei mai di dire a Ratzinger: devi stare zitto. Ratzinger ha la sua idea di cosa è giusto e cosa è sbagliato. La esprime. Bene. Tanti cristiani scambiano la fede per la religione, e l'essere fedeli con l'essere obbedienti, gli danno retta. Sticazzi. Il problema sono questo tipo di fedeli, non quello che dice il Papa. Il Papa deve fare politica, perché se non facesse politica non servirebbe a niente. E i sacerdoti devono farla parimenti, senza allinearsi a nulla se non all'esempio di Gesù, e possibilmente (ma questa è la mia modesta opinione) anteponendo quello alle stronzate secolari della Chiesa.