Aprì prima un occhio, poi l'altro. Il suo amico Luis era a pochi salti di distanza, e lo fissava sconsolato. Allora Sergio sollevò il becco da terra e sbuffò forte.
«Ma cazzo ancora non mi sono estinto!» Quindi agitò le ali atrofiche, nascoste sotto la sua nuvola di piume color fango. Luis non comprese. Si grattò il capo con l'ala destra e sollevò gli occhi al cielo.
«Ma chi te l'ha messa in testa questa stronzata che stai per estinguerti?»
Il kiwi si sollevò sulle zampe robuste e dondolò il lungo becco a stecco.
«E' una voce. Gira da qualche anno.»
«Beh non è un bel modo di cominciare un racconto per bambini, che si risveglia e constata con disappunto di non essere ancora morto.» Commentò il pettirosso.
«Guarda che io mica voglio morire. – Puntualizzò Sergio. – Io voglio estinguermi.»
Luis zompettò vicino a Sergio, che rispetto a lui era grosso dieci volte tanto, e senza dare troppo peso ai farfugliamenti dell'amico, gli raccolse un lombrico dal terreno soffice.
«E poi Luis basta con questa storia del racconto per bambini... Questa è la vita, non una delle favole di Wittie. Guardati adesso. Hai un verme in bocca. Nemmeno questo è bello, in un racconto per bambini. E poi abbiamo già detto un mucchio di parolacce, e le parolacce fanno incazzare le mamme.»
«Sta zitto e mangia!» Gli intimò Luis, tirandogli praticamente il lombrico in faccia. Sergio scosse la testa, facendo cadere il molle anellide su una delle sue zampe speronate. Con il becco lo afferrò e velocemente lo inghiottì.
«Adesso voglio un cappuccino.» Biascicò, mentre il lombrico gli scendeva nel ventriglio.
«Ma vaffanculo.» Gli rispose il pettirosso. Con un paio di balzi il suo piccolo volatile raggiunse l'apertura della tana. «Comunque hai ragione, c'è qualcosa che non quadra. Senti, è una fresca mattinata di autunno, andiamo da Wittie. Facciamoci rispiegare la questione del racconto per bambini. L'altra volta non l'ho capita benissimo, ma suonava interessante.» Il pettirosso gli fece cenno con la testa di seguirlo. Sergio era ancora intorpidito dal sonno e non gli andava di ascoltare le farneticazioni di quel vecchio gufo rincoglionito... e poi di prima mattina! Ma sapeva che Luis gli avrebbe rotto i coglioni fino alla morte, quindi sbuffando si mosse oltre la soglia.
«Buongiorno, Nuova Zelanda!» Esclamò ironico appena tirò fuori la testa da quel buco che chiamava casa. Il canneto di giunchi davanti a lui ondeggiava pacioso cullato da un leggero vento proveniente dal mare. Il bosco attorno scricchiolava lento, e un'odore di muschio si faceva largo tra i rami. Luis frullò rapidamente su un ramo in alto, distese le ali e si stiracchiò per bene.
«Sbrighiamoci, che altrimenti quello va a dormire.» Disse.
Sergio scosse la testa e si infilò nel canneto. Era facile per lui, gli bastava agitare le ali e si ritrovava tra i rami più alti del bosco. Sergio invece era costretto a strisciare nel fango, facendosi strada tra i cespugli, ché natura non gli aveva dato la fortuna di avere delle ali come ne avevano la maggior parte degli uccelli sulla terra. Quei due moncherini inutili, che teneva nascosti sotto le piume, erano tutto ciò che rimaneva dei due poderosi arti che i suoi antenati spiegavano per librarsi in volo nel cielo azzurro. Poi probabilmente doveva essere accaduto che un suo zio molto molto stupido disse: ehi a me piacciono i bacarozzi, posso scambiare queste ali con un bel becco lungo e delle rampe tozze? E qualcuno più in alto doveva averlo ascoltato. Stramaledetto zio idiota.
«Sergio sei ancora vivo, o sei affogato in un ruscello?» La voce di Luis pioveva dall'alto, oltre le foglie e le inflorescenze lanuginose delle canne. «Sono qui, sono qui. – Gli rispose il kiwi con voce un filo seccata. – Perché intanto non vai avanti e avverti Wittie che stiamo arrivando?»
«Occhei.» Disse il pettirosso, e volò via.
«Ma cazzo ancora non mi sono estinto!» Quindi agitò le ali atrofiche, nascoste sotto la sua nuvola di piume color fango. Luis non comprese. Si grattò il capo con l'ala destra e sollevò gli occhi al cielo.
«Ma chi te l'ha messa in testa questa stronzata che stai per estinguerti?»
Il kiwi si sollevò sulle zampe robuste e dondolò il lungo becco a stecco.
«E' una voce. Gira da qualche anno.»
«Beh non è un bel modo di cominciare un racconto per bambini, che si risveglia e constata con disappunto di non essere ancora morto.» Commentò il pettirosso.
«Guarda che io mica voglio morire. – Puntualizzò Sergio. – Io voglio estinguermi.»
Luis zompettò vicino a Sergio, che rispetto a lui era grosso dieci volte tanto, e senza dare troppo peso ai farfugliamenti dell'amico, gli raccolse un lombrico dal terreno soffice.
«E poi Luis basta con questa storia del racconto per bambini... Questa è la vita, non una delle favole di Wittie. Guardati adesso. Hai un verme in bocca. Nemmeno questo è bello, in un racconto per bambini. E poi abbiamo già detto un mucchio di parolacce, e le parolacce fanno incazzare le mamme.»
«Sta zitto e mangia!» Gli intimò Luis, tirandogli praticamente il lombrico in faccia. Sergio scosse la testa, facendo cadere il molle anellide su una delle sue zampe speronate. Con il becco lo afferrò e velocemente lo inghiottì.
«Adesso voglio un cappuccino.» Biascicò, mentre il lombrico gli scendeva nel ventriglio.
«Ma vaffanculo.» Gli rispose il pettirosso. Con un paio di balzi il suo piccolo volatile raggiunse l'apertura della tana. «Comunque hai ragione, c'è qualcosa che non quadra. Senti, è una fresca mattinata di autunno, andiamo da Wittie. Facciamoci rispiegare la questione del racconto per bambini. L'altra volta non l'ho capita benissimo, ma suonava interessante.» Il pettirosso gli fece cenno con la testa di seguirlo. Sergio era ancora intorpidito dal sonno e non gli andava di ascoltare le farneticazioni di quel vecchio gufo rincoglionito... e poi di prima mattina! Ma sapeva che Luis gli avrebbe rotto i coglioni fino alla morte, quindi sbuffando si mosse oltre la soglia.
«Buongiorno, Nuova Zelanda!» Esclamò ironico appena tirò fuori la testa da quel buco che chiamava casa. Il canneto di giunchi davanti a lui ondeggiava pacioso cullato da un leggero vento proveniente dal mare. Il bosco attorno scricchiolava lento, e un'odore di muschio si faceva largo tra i rami. Luis frullò rapidamente su un ramo in alto, distese le ali e si stiracchiò per bene.
«Sbrighiamoci, che altrimenti quello va a dormire.» Disse.
Sergio scosse la testa e si infilò nel canneto. Era facile per lui, gli bastava agitare le ali e si ritrovava tra i rami più alti del bosco. Sergio invece era costretto a strisciare nel fango, facendosi strada tra i cespugli, ché natura non gli aveva dato la fortuna di avere delle ali come ne avevano la maggior parte degli uccelli sulla terra. Quei due moncherini inutili, che teneva nascosti sotto le piume, erano tutto ciò che rimaneva dei due poderosi arti che i suoi antenati spiegavano per librarsi in volo nel cielo azzurro. Poi probabilmente doveva essere accaduto che un suo zio molto molto stupido disse: ehi a me piacciono i bacarozzi, posso scambiare queste ali con un bel becco lungo e delle rampe tozze? E qualcuno più in alto doveva averlo ascoltato. Stramaledetto zio idiota.
«Sergio sei ancora vivo, o sei affogato in un ruscello?» La voce di Luis pioveva dall'alto, oltre le foglie e le inflorescenze lanuginose delle canne. «Sono qui, sono qui. – Gli rispose il kiwi con voce un filo seccata. – Perché intanto non vai avanti e avverti Wittie che stiamo arrivando?»
«Occhei.» Disse il pettirosso, e volò via.
(prosegui con la seconda parte)
1 commento:
«Sta zitto e mangia!» XD
Oddio, siceramente sono morta dalle risate e no, non é decisamente un racconto per bambini. Nonostante le parolacce mi piace la fluidità dei discorsi e l'alternarsi delle situazioni.
Bhé, bravissimo ancora una volta :D
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