Trascrizione dell'intervista avvenuta in presenza di un inviato del "Foglio di Troinas". La trascrizione è stata effettuata magicamente, quindi si declina ogni responsabilità per eventuali errori di ortografia.
Derfel Drifft – Quel coso funziona? Quella specie di pergamena fluttuante?
Intervistatore – Si... sta già trascrivendo. Non si preoccupi signor Drifft.
DD – Non vorrei scrivesse inesattezze.
I – L'incantesimo di trascrizione riporterà su pergamena ogni cosa che ci diremo, con fedeltà assoluta, non si preoccupi. Vogliamo cominciare?
DD – Si, certo... lei di che giornale è?
I – Lavoro per il Foglio di Troinas... non è esattamente un giornale... è una specie di manifesto che viene distribuito gratis qui in città, serve a tenere informati i cittadini.
DD – Va bene, va bene. L'avevo dimenticato. E perché intervistate me?
I – Abbiamo una rubrica... ogni fine settimana... si chiama "Lavorano per noi"... appunto è una rubrica che presenta ogni volta un avventuriero diverso tra quelli che accettano le missioni qui in città. Così i cittadini sono più informati sugli avventurieri che lavorano per il loro bene, e diventano meno diffidenti nei vostri confronti.
DD – Ah... capisco. E' una buona cosa, quella che fate. Una specie di servizio sociale.
I – Esattamente... adesso possiamo cominciare?
DD – Sì, certo.
I – Allora, signor Derfer Drifft...
DD – E' DerfeL... con la "L" finale... Derfel...
I – Va bene, mi scusi... Signor Derfel Drifft... Lei si definisce un avventuriero. Può raccontarci cosa l'ha spinta a dedicare la sua vita al pericolo in cambio del bene comune?
DD – Mi scusi lei... Ma la domanda è malposta. Perché, tutti gli avventurieri che lei ha incontrato rischiano la vita in cambio del bene comune? Cioè c'è anche altro nella vita, oltre al bene comune. Non so, le donne, la fama, il successo, i soldi... la birra.
I – Lei fa l'avventuriero per la birra?
DD – Anche per la birra. Perché no? Lo sa quanto costa la birra? E alloggiare in quelle locande del centro? Non è mica roba che uno può permettersi facendo... che ne so... il ceramista. E poi non le ho detto che faccio l'avventuriero per la birra. Le ho detto che non lo faccio per il bene comune. Cioè voglio dire... cos'è il bene comune? In fondo alla gente le cose stanno bene così, sennò insorgerebbero e farebbero una rivoluzione. Se la gente se ne sta paciosa a zappare la terra, a portare a spasso le pecore o a trombare la moglie, vuol dire che è contenta di come stanno le cose.
I – Per favore non usi quella parola.
DD – Che parola?
I – Trombare.
DD – Perché, le dà fastidio?
I – No, a me no, ma poi dobbiamo sostituirla altrimenti offendiamo qualche lettore. Anzi facciamo così, impostiamo direttamente l'incantesimo di trascrizione che quando rileva una parolaccia la sostituisce con qualcos'altro.
DD – Con cosa?
I – Non lo so... è lo stesso, basta che non sia una parolaccia. Che ne so... il nome di un fiore.
DD – Come vuole lei. E' lei l'intervistatore.
I – Va bene... proseguiamo.
DD – Sì, però che non si possano dire parolacce è una gran margheritata.
I – La prego... proseguiamo. Poi questo dettaglio delle parolacce lo definiremo in seguito. Mi ha appena svelato che la sua motivazione di avventuriero non è il bene comune, ma arricchirsi personalmente.
DD – Per l'appunto.
I – Facciamo un passo indietro e torniamo alla domanda iniziale. Fermo restando che il suo fine è diverso, come è cominciata la sua carriera da avventuriero?
DD – E' una domanda interessante. Vede, io sono il sesto figlio di una famiglia molto numerosa. Ho quattro fratelli e una sorella maggiori, e anche una sorella minore. Mio padre lavorava e lavora ancora come corniciaio. Mia madre era cameriera in una taverna di lusso. Quando ero bambino trascorrevo le giornate giocando ai combattimenti con i miei fratelli. Noi maschietti spesso ci coalizzavamo contro le sorelle e le gonfiavamo di botte. Immaginavamo di essere dei paladini, e loro delle arpie. Quando potevo andavo sempre a trovare mamma. Il lavoro di papà era due begonie. La mamma mi faceva sedere nella taverna e assistevo così agli spettacoli dei teatranti, dei musicanti, delle cantanti. Nel contempo capitavano alla taverna degli avventurieri, che narravano delle loro imprese eroiche e offrivano da bere a tutti. Io pensavo: magari quello che raccontano sono solo tulipanate, ma quei soldi sono veri! A fare l'avventuriero si diventa ricchi! Fu così che a quattordici anni, quando ebbi abbastanza fiato da sorreggere una spada e contemporaneamente soffiare nella mia ocarina, lasciai la casa dei miei genitori e mi misi in viaggio.
I – L'ocarina?
DD – Sì, vede... questo strumento qui. Sembra una specie di uovo di struzzo, ma ha dei forellini...
I – Lo so cos'è un'ocarina!!! Volevo dire... come mai l'ocarina?
DD – Ah... già. Ecco è semplice, i miei non avevano soldi per comprarmi degli strumenti musicali, ma mio padre era un buon falegname e me ne costruì una lavorando del buon legno di ebano. Imparai a suonare l'ocarina, così quando i musicanti venivano ad esibirsi alla taverna dove lavorava mia madre, potevo accompagnarli suonando piano piano... E' così che ho imparato i primi motivetti! ...ed è anche così che ho rimorchiato la prima ragazza. Ma questo suppongo non le interessi.
I – No.
DD – Lo immaginavo.
I – E la spada? Chi le ha insegnato a brandirla?
DD – Quella è una storia molto poco interessante. In città c'era un maestro di arti del combattimento, sembrava venisse da un luogo lontano, utilizzava lunghe spade con il filo tagliente da un solo lato della lama. Quando lo conobbi ero già intenzionato a lasciare casa e divenire un vero avventuriero, ma non ero granché come schermidore. Lui mi notò mentre sbirciavo le lezioni di scherma che impartiva ai nobili della città, e mi prese a calci fino a fuori dalla sua casa.
I - ...Non le ha insegnato a combattere?
DD – No. Sono autodidatta.
I – Scusi e allora che c'entra questa storia con la spada?
DD – C'entra perché la katana che uso ancora oggi per combattere... ecco, gliel'ho fregata a quel geranio. Così ha imparato la lezione. Ahahah! Se lo meritava. Era uno margherito.
I – Ehm... va bene, cambiamo discorso. Come si è accostato alla magia? Ho visto che ha immediatamente riconosciuto l'incantesimo di trascrizione che ho lanciato. E' un incantesimo molto particolare, non è da tutti saperlo identificare.
DD – Lei mi lusinga. La verità è che faccio l'avventuriero da tanto tempo... davvero tanto tempo. Per la precisione ventitré anni. Ho girato questo mondo in lungo e in largo, ho visto un sacco di cose strane. Però ho saputo starmene in disparte, non rischiare troppo, non fare mai il passo più lungo della gamba. Insomma ho imparato molto, restando vivo. Qualche compagno mi insegnava a leggere le pergamene, qualcun altro a recitare musica magica, qualcun altro ancora a scagliare qualche maledizione. Alla fine ho accumulato un buon bagaglio di esperienza, che è la cosa che più conta contro le avversità. Oltre al culo...
I – Cosa c'è, perché si ferma?
DD – Il trascrittore ha scritto culo.
I – E cosa c'è di strano?
DD – Culo non è una parolaccia?
I – No, culo no.
DD – Ah, va bene. Dove ero arrivato?
I – Parlava dell'esperienza che ha accumulato in questi anni.
DD – Ah, ma certo... l'esperienza... beh non c'è molto altro da dire, in verità.
I – Allora vorrei concludere con una domanda.
DD – Ma certo, faccia pure.
I – Cosa ne è rimasto adesso, dopo tanti anni, di Derfel il suonatore di ocarina?
DD – Ehhhhh... che domanda profonda. Diciamo così, quel Derfel è ancora vivo, dentro di me. Ogni volta che vivo delle esperienze indimenticabili, vergo di nero con dell'inchiostro una pergamena, e cerco di comporre una nuova squisita melodia da riprodurre con la mia ocarina ogni volta che ho il tempo di esibirmi per il volgo. Qualche volta è un tango, qualche volta una fanfara, qualche altra volta un requiem. Dipende dall'emozione, dall'evento... e anche da cosa mi passa per la testa in quel momento.
I – Grazie! Ringrazio ufficialmente Derfel Drifft per questa intervista, e voi lettori per aver acquistato questo numero del "Foglio di Troinas".
DD – Arriverderci!
I - Arrivederci.
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