Stamattina è morto Enzo Biagi. Era il più grande giornalista vivente italiano, e sfido chiunque e metterlo in dubbio. Ha vissuto la dittatura del fascismo, la liberazione dell'Italia, la vecchia e la nuova repubblica. E' stato cacciato via dalla RAI perché faceva giornalismo, ha sempre avuto una concezione genuina e solida di cosa significasse fare giornalismo, di cosa significhi attualità, notizia, telegionale, informazione... di cosa sia un "fatto". Per questo è stato silenziato, un silenzio che lui ha accettato perché (diceva lui) alla sua età la carriera non è importante. E aveva ragione, perché chi lo prende in culo siamo noi. Lui muore sereno, sicuro di aver fatto giornalismo come nessuno oggi dimostra di essere in grado di fare, tranne forse qualche mosca bianca che però dovrà faticare per raggiungere la sua maturità e la sua professionalità. A me invece resta quella sensazione di essere abbandonato in una nazione che non riesce a dare un seguito alle persone di valore che se ne vanno. Guardo il TG1, il TG2... e mi chiedo come cazzo sia possibile scambiarli per giornalismo, per informazione... ma anche solo per servizio pubblico. Mi rifugio in trasmissioni di vera informazione, infilate nei palinsesti ad orari sempre più improbabili, come se si trattasse di programmi per un pubblico di nicchia, perché è questo che sono diventati quelli che vogliono sapere le cose, che non gliene frega una mazza dei reality show, che ci tengono ad essere informati: una nicchia. E l'ultima fatica di Biagi, che durante le puntate non riusciva quasi più nemmeno a parlare per la vecchiaia, fu sbattuta a mezzanotte per non poter essere confrontata da nessuno sano di cervello con l'immondizia dei telegiornali che vengono sparati alle ore di massimo ascolto. Ché in confronto sarebbero apparsi merda.
Umilmente un giornalista sale al cielo. Io continuo a ringraziarlo.
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