La quotidiana assenza di tranquillità mi ha spesso spinto a riflettere. Oggi attraversavo il paese in macchina e torsi di persone scorrevano veloci oltre il mio finestrino, per cui il mio cervello ha indugiato parecchio sull'incredibile significato che si dà alla propria esistenza. Ognuno pesa la propria vita a modo suo, caricando sul piatto ogni esperienza, ogni dolore, ogni emozione, ogni delusione, ogni attimo di felicità. Abbiamo una quantità di memorie tali da rendere la nostra esperienza di vita talmente intensa e forte che se dovessimo confrontarla con quella di qualsiasi altro non ci sarebbe dubbio, la nostra pesa di più. Alla fine quindi, ciò che dona valore alla nostra vita è l'enorme considerazione che noi le attribuiamo. Perché obiettivamente, solo pochi potranno dire che la propria esistenza ha contato più di quella del prossimo, quando saranno giunti alla fine. Lo concedo a Leonardo da Vinci, a Gandhi e a Socrate, ai fratelli Wright che hanno inventato il volo, e a Albert Einstein che una volta disse: «La scuola dovrebbe avere come suo fine che i giovani ne escono con personalità armoniose, non ridotti a specialisti». Ma non lo concederei alle star di Hollywood né agli imperatori, né ai politici né agli sportivi che hanno infranto qualsivoglia record del mondo. Perché tutti siamo destinati a fare qualcosa di grande, ed è il concetto di grande che va ridiscusso. Segnare il gol che fa vincere un mondiale è più importante di insegnare al proprio figlio cosa significa rispetto della vita? Non lo credo. Sono sicuro che molti dei torsi di persona che scorrevano oltre i finestrini della mia macchina, oggi, non si ritengono più grandi di Giulio Cesare. Ma per me lo sono.
Allo stesso modo, credo che tante altre persone scivolino di giorno in giorno senza nemmeno rendersi conto che il senso della loro nascita è realizzarsi. Lanciano il proprio corpo avanti, inseguendo traguardi come fine settimana, fine mese, fine anno. Sperando nel meglio, confidando nel meglio, o forse neppure quello, forse sono rassegnati e piangono ogni sera, amareggiati dalla propria consapevolezza. Lo stesso la mia esistenza vale quanto la loro? Non lo so, a conti fatti e valutando le cose con la mia scala di grandezza, la mia vale anche di meno, ché di cose grandi di quelle che per me grandi sono davvero, credo di averne fatte ben poche.
Eppure il peso della mia vita mi è lo stesso caro, e non cederei alla tentazione di scambiarla con quella di qualcun altro, nemmeno con quella di qualcuno che la marmaglia di persone delle quali sono circondato considera più fortunato. Che me ne faccio dei miliardi? L'essenziale non è invisibile agli occhi. L'essenziale è proprio di fronte a noi. L'essenziale è assecondarci nella semplicità del quotidiano, e puntare verso la felicità che ci meritiamo. Non quella che tutti credono che sia la felicità, ma verso quella che davvero ci meritiamo. Sono stato abbastanza fortunato, perché ho avuto la possibilità di crescere e comprendere, analizzare e capire, ragionare e acquisire consapevolezza, crescere e pensare, sapere cosa rimettere in discussione e cosa no. Così quando arrivo a casa e parcheggio la macchina, il motore si spegne e il mio cervello continua a ronzare. Salto la cena (perché mi dimentico), esorcizzo le mie elucubrazioni scaricandole sul foglio in varie forme, e infine vado a dormire sereno aspettando con ansia di scoprire cosa cazzo si inventerà il mio inconscio durante quelle poche ore di sonno REM.
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