lunedì, marzo 21, 2011

A proposito di Questions...


«Quando Woody parla, il significato delle sue parole non muove mai alcun indicatore [di consenso, di applausi]. Woody Allen ha dato inizio a una nuova era emozionandoci metafisicamente, inducendoci a imparare mentre sorridiamo, e questo è l'unico modo in cui possiamo essere intellettualmente mossi a trascendere il nostro status sociale, e conseguente paura del fallimento, per esercitare invece la nostra opportunità, adesso chiaramente dimostrata, di rendere l'intera umanità un durevole, concreto e vivo successo.»

Queste parole fanno parte dell'introduzione a Inside Woody Allen, scritta da R. Buckminster Fuller e riportata nel volume La vita secondo Woody Allen, di Stuart Hample, ISBN edizioni.

Ho voluto riportarle qui perché io sono una di quelle persone che reputa Woody Allen un genio, e oltretutto un genio molto, molto divertente. Mi piace pensare che le persone alle quali non piace Woody Allen appartengano solo a due categorie: quelli che non lo capiscono, e quelli per i quali non vale la pena fare lo sforzo di capirlo (cioè essenzialmente le persone intelligenti ma pigre). Quando ho deciso di cominciare a scrivere le Questions, una serie di vignette che effettivamente non ha lo scopo di far ridere ma quello di far riflettere, ho cercato di trovare nella filosofia di Woody Allen una specie di via da percorrere. Mi sono detto: se una persona legge una delle mie Questions e la capisce subito, è un mezzo fallimento. Il mio scopo infatti era quello di spingere almeno un neurone a fare un salto. La reazione che vorrei vedere sulla faccia di un lettore è definita da tre fasi successive: fase 1, legge la vignetta; fase 2, resta interdetto per un secondo; fase 3, elabora una propria reazione alla vignetta. Quale che sia questa reazione poco mi interessa. Alcune vignette potrebbero essere divertenti per alcuni, irritanti per altri, scialbe per altri ancora, profetiche per certi altri. Non importa, l'importante era che non fossero immediate, che non parlassero al lettore superficiale o distratto, che richiedessero cioè una sorta di collaborazione da parte di chi le legge.


Non so se ci sono riuscito, forse no. Quel che è certo è che nella società delle scoregge incendiate e dei cinepanettoni, non mi aspetto che una follia del genere possa essere premiata dal consenso. Non si tratta di arroganza, non reputo il mio lavoro "migliore" in nessun modo a un libro di barzellette su Totti. Credo che si tratti di una differenza di spazio, cioè di dove "collocare" la propria opera. Le vignette di Drizzit, per dire, fanno parte di una categoria ben stabilità, che è quella delle strisce a fumetti. Stanno nello stesso cassetto assieme a Calvin & Hobbes, i Peanuts, Garfield e Sturmtruppen... senza minimamente voler fare alcuna comparazione dal punto di vista artistico (finirei spappolato)! Allo stesso modo, quando ho deciso di "collocare" in un cassetto le Questions, non volevo che occupassero uno dei soliti spazi, come la satira politica, o le vignette umoristiche da giornaletto. Volevo che si posizionassero su un piano culturalmente e intellettualmente più alto, ma senza che divenissero esclusive. Senza essere elitarie, senza essere snob.


E' questo il senso di quello che scrive Fuller riguardo alle strisce di Hample su Woody Allen. Quando parla Woody è difficile che sia il "significato" della battuta a strappare gli applausi. La maggior parte del pubblico resta interdetto, come se fosse sul punto di comprendere di cosa sta veramente ridendo, come se dovesse pensarci ancora un po'. Quello sforzino, necessario a comprendere il messaggio dietro l'ironia o il sarcasmo o il senso della battuta di Allen, ci costringe ad allenarci ogni volta. Ed è allenandosi in questo modo, un passo alla volta, uno sforzino per volta, invitati dalla curiosità di comprendere, stuzzicati dalla possibilità di ridere per un senso, o di condividere l'opinione dell'autore, che pian piano si spinge tutto il pubblico a trasformarsi in persone in grado di promuovere la società umana, a prescindere dal proprio status sociale (niente più distinzioni tra intellettuali e popolo) .


Ok forse sono ambizioso, ma da qualche parte dovevo cominciare, e mi sembrava una cosa importante cominciare da qui.

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