mercoledì, aprile 20, 2011

Romantico è un problema


«Tutto il male del romanticismo consiste nella confusione esistente tra ciò che ci è necessario e ciò che desideriamo. Tutti abbiamo bisogno di cose indispensabili alla vita, alla sua conservazione e al suo proseguimento; tutti desideriamo una vita più perfetta, una felicità piena, la realtà dei nostri sogni e così via. E' umano volere ciò di cui abbiamo necessità, ed è umano desiderare ciò che non ci è necessario ma che è per noi desiderabile. Il male consiste nel desiderare con uguale intensità ciò che è indispensabile e ciò che è desiderabile, soffrendo per non essere perfetti come se si soffrisse per la mancanza del pane. Il male romantico è questo: volere la luna come se esistesse il modo per ottenerla. Non si può mangiare un dolce senza perderlo!»
da F. Pessoa, Il libro dell'Inquietudine

Mi è piaciuta la spiegazione che Pessoa dà del romanticismo. Mi sono sempre considerato molto romantico. Desiderare il desiderabile con la stessa intensità con la quale si desidera l'indispensabile. Sono proprio io, non c'è dubbio. E questo modo di inquadrare il problema è preciso, puntuale. Perché di un problema stiamo parlando, il romanticismo è un problema.
Ok chiariamo che stiamo parlando del romanticismo vero e proprio e non di quello dei baci perugina: il senso inglese del termine romantic ha in qualche modo influenzato anche il nostro significato del termine romantico, ma io quando dico che sono romantico intendo nel senso in cui lo era (con le dovute distanze dal punto di vista della grandezza) Giacomo Leopardi, o Ludwig Van Beethoven. Intendo questo romantico. Ebbene io mi ci sento molto.

Essere romantici, oggi, è un handicap. Voglio la pensione di invalidità!
Desiderare di essere felici, e non semplicemente di passare l'esistenza ottenendo il minimo per andare avanti, è una caratteristica controproducente. Se tutti fossero romantici, il sistema di sgranerebbe: le persone non sopporterebbero di farsi il culo tutto il giorno per guadagnare una miseria. Non si accontenterebbero delle quattro nozioni scarne che dà loro la possibilità di imparare la terza media. Non bramerebbero la moglie gnocca, il figlio bello de papà, la televisione satellitare e la birra fredda fino al giorno della morte. Vorrebbero tutti di più. Vorrebbero tutti concorrere alla propria felicità, puntare in alto e raggiungere i propri sogni, o almeno -checcazzo- provarci, anzi avere la possibilità di provarci. Non si adagerebbero sullo squallore quotidiano accettando di inghiottire il grigio perché "così è la vita che ci vuoi fare"...
E inizierebbero i problemi. La gente vorrebbe espandere i propri orizzonti, crescere culturalmente, coltivare i propri interessi, avere spazio per se stessa, sentirsi libera di realizzarsi. Tutto questo cozza tremendamente con l'ordinaria amministrazione del popolo. Tutto questo costringerebbe qualcuno a ripensare la catena di sfruttamento, obbligherebbe a inserire nell'equazione la ricerca della felicità. Sarebbe molto poco produttivo.
Essere romantici è un problema.

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