Il signor Knodeldome se ne stava beato a rimirare il tramonto, scaldandosi le mani con una corroborante tazza di thé alla cannella. Sua moglie Greta non era in casa, e non sarebbe tornata prima di lunedì prossimo, quindi poteva permettersi di lasciar languire i piatti sporchi nel lavello e il letto da rifare tutto il giorno. Aveva trascorso la giornata guardando film di kung-fu di infima categoria, affittati presso la videoteca del paese, e adesso stava per gettare nel microonde una busta di polpettine Ikea che sarebbero state una cena più che soddisfacente. Non poteva certo immaginare che proprio in quel momento, in casa sua, un kiwi e un pettirosso stessero vagando nel tinello, discutendo animosamente sul modo in cui aprire la porta.
«Sei un cazzone, Luis. Siamo bloccati qui dentro in compagnia di una tavola da stiro e una pila di panni che puzzano di lavanda. Pensavo che avessi un piano.» Il kiwi si sedette sul parquet sbuffando rumorosamente.
«Non sono mai stato in questa tana, non so come si arriva alla stanza dei libri. – Tentò di giustificarsi il pettirosso. – Wittie mi ha descritto il luogo dove viene conservato il tomo di Bart il tasso, ma lo riconoscerò solo quando ci arriveremo.»
Dopo aver camminato in direzione dell'alba per quasi un giorno, quello che Sergio avrebbe voluto era che la cosa fosse stata molto più semplice. Tipo entrare, prendere il libro, e uscire. Proprio così. Invece non era stato semplice niente, fin dall'inizio. Appena giunti in vista delle enormi mura bianche della tana degli umani avevano dovuto aggirarle fino a trovare una breccia nella rete (e questo perché Sergio non era in grado di volare, maledetto zio ancestrale). Scavando nel terreno molle con gli artigli, il kiwi era riuscito a scivolare sotto le maglie metalliche, e si erano ritrovati nel giardino. A quel punto si erano fermati a chiedere indicazioni al chihuahua del padrone di casa, che li aveva aiutati volentieri, anzi aveva aggiunto: «Cagategli sul letto, a quel deficiente. Così imparano lui e la moglie a mettermi quei vestitini ridicoli del cazzo quando arriva l'inverno.»
Sebbene né Sergio né Luis avessero compreso esattamente di cosa stesse parlando il cagnolino, lo avevano ringraziato per l'aiuto e si erano diretti verso il lato della casa, laddove il chihuahua aveva assicurato che avrebbero trovato una finestra aperta. E in effetti una finestra aperta c'era. Ma mentre Luis era subito volato sul davanzale per sbirciare dentro, Sergio aveva dovuto scalare la cuccia del cane, saltare sulla caldaia, e poi lanciarsi nel vuoto in direzione dell'amico. Grazie al cielo, era riuscito a non precipitare di sotto. Quindi erano scivolati entrambi all'interno, finendo per rimanere intrappolati in un buio sgabuzzino colmo di cianfrusaglie.
«Come si apre la porta di questa stanza?» Domandò Sergio, spazientito.
«Perché pensi che io conosca le risposte a tutte queste domande? Mica ci abito io in questa tana! Il mio nido non ce le ha le porte. E nemmeno le finestre. A che cazzo servono le finestre? Se uno vuole guardare fuori, basta non costruire il muro.»
«Beh prova a sbatterci contro. Magari la porta si apre.»
Luis restò per un attimo interdetto. Poi lanciò uno sguardo alla porta, ci rifletté qualche altro secondo, quindi si alzò in volo e prese a girare vorticosamente per la stanza. Dopo aver compiuto quattro o cinque giri, giusto per essere sicuro di aver raggiunto una velocità sufficiente, si lanciò con tutta la foga possibile contro il legno. Sfracellandosi. Il rumore prodotto dal suo cranio fu simile a quello di una noce che si spacca sotto i denti di un cinghiale. Il piccolo pettirosso rimbalzò in aria e precipitò su una cesta colma di calzini ancora da appaiare. Immediatamente Sergio si precipitò dall'amico.
«Ma che cazzo fai??? – Gli gridò. – Cosa sei, coglione? Stavo scherzando!»
Il pettirosso era disteso con le ali aperte e le zampe in aria, la lingua fuori dal becco e lo sguardo vitreo di chi sta tirando le cuoia. Il pedalino bianco sul quale giaceva supino era già intriso del sangue che gli fuoriusciva copiosamente dalla testa. Sergio afferrò col becco il pedalino e cercò di avvolgerci meglio che poteva la testa di Luis.
«Sergio...» Pigolò l'uccellino.
«Dimmi!» Gli rispose Sergio, leggermente sorpreso.
«Sergio non vedo più niente...» Proseguì Luis.
«Perché hai un calzino zuppo di sangue sulla faccia.»
«Sergio ho paura che non ce la farò. – Il pettirosso ormai faticava anche solo a parlare. – Ma tu non devi rinunciare... Ti prego... Recupera... Il tomo...»
«E basta con questo libro della minchia! – Sbottò il kiwi. – Sono giorni che farnetichi e non parli d'altro! Basta con questa storia del racconto, che noi dobbiamo seguire il destino degli eroi e tutto il resto. Eccolo il tuo destino da eroe! Ti sei spaccato il cranio sul legno di una porta. Sei proprio fico, eh già! Scommetto che comporranno una canzone su di te. Ma che dico! Scriveranno un libro, proprio come quello di Bart il tasso. Adesso smettila con queste stronzate... dai torniamocene a casa...»
Una lacrimuccia sgorgò prepotente dal margine dell'occhio sinistro di Sergio. Luis non si muoveva più. Sergio avrebbe voluto strizzare le palpebre e teletrasportarsi altrove, non gli importava dove. Si sarebbe volentieri scagliato tra gli spazi siderali, avrebbe attraversato mondi e dimensioni parallele, avrebbe desiderato volentieri giungere là, dove nessun kiwi era mai stato prima. Un posto dove niente era consueto, ma nemmeno conosciuto e men che mani usuale. Avrebbe voluto non sapere più niente di niente, disconoscenza totale. E poi svegliarsi nel suo letto chiedendosi cos'è che aveva da fare oggi, senza nemmeno ricordarselo. Questo gli sarebbe piaciuto. Dimenticare e tirare avanti.
Invece non ebbe il tempo nemmeno di asciugarsi quell'unica, preziosa lacrima. Il signor Knodeldome irruppe nella stanza, bofonchiando parole incomprensibili nella sua lingua oscura. La porta si spalancò e l'omone mosse un paio di passi sul parquet, facendolo scricchiolare minacciosamente, quindi cominciò a ruotare la testa in tutte le direzioni. Probabilmente aveva udito il cozzare della testa di Luis sul legno e questo aveva richiamato la sua attenzione. Il kiwi schizzò velocemente sotto una pila di panni. Nascosto lì sotto gli giungevano solo echi distanti di ciò che stava accadendo, e non sapeva come avrebbe reagito quel corpulento mammifero semmai avesse scoperto che una palla di piume beccuta stava nuotando nella sua biancheria pulita. Preso dal panico, si spinse oltre fino a sbucare fuori dal cumulo di indumenti ammucchiati. Notò che il signor Knodeldome era chino sul cadavere di Luis. Il suo amico pettirosso sarebbe diventato pappa per il chihuahua? Chi lo sa. In ogni caso non c'era spazio per i sentimenti, Sergio doveva approfittare della situazione. Balzando sulle zampe, il goffo pennuto corse oltre la soglia della porta, rimasta fortunosamente aperta. L'ultimo pensiero che Sergio lasciò nella stanza fu che alla fine, con quel colpo di cranio, Luis la porta l'aveva aperta davvero.
«Sei un cazzone, Luis. Siamo bloccati qui dentro in compagnia di una tavola da stiro e una pila di panni che puzzano di lavanda. Pensavo che avessi un piano.» Il kiwi si sedette sul parquet sbuffando rumorosamente.
«Non sono mai stato in questa tana, non so come si arriva alla stanza dei libri. – Tentò di giustificarsi il pettirosso. – Wittie mi ha descritto il luogo dove viene conservato il tomo di Bart il tasso, ma lo riconoscerò solo quando ci arriveremo.»
Dopo aver camminato in direzione dell'alba per quasi un giorno, quello che Sergio avrebbe voluto era che la cosa fosse stata molto più semplice. Tipo entrare, prendere il libro, e uscire. Proprio così. Invece non era stato semplice niente, fin dall'inizio. Appena giunti in vista delle enormi mura bianche della tana degli umani avevano dovuto aggirarle fino a trovare una breccia nella rete (e questo perché Sergio non era in grado di volare, maledetto zio ancestrale). Scavando nel terreno molle con gli artigli, il kiwi era riuscito a scivolare sotto le maglie metalliche, e si erano ritrovati nel giardino. A quel punto si erano fermati a chiedere indicazioni al chihuahua del padrone di casa, che li aveva aiutati volentieri, anzi aveva aggiunto: «Cagategli sul letto, a quel deficiente. Così imparano lui e la moglie a mettermi quei vestitini ridicoli del cazzo quando arriva l'inverno.»
Sebbene né Sergio né Luis avessero compreso esattamente di cosa stesse parlando il cagnolino, lo avevano ringraziato per l'aiuto e si erano diretti verso il lato della casa, laddove il chihuahua aveva assicurato che avrebbero trovato una finestra aperta. E in effetti una finestra aperta c'era. Ma mentre Luis era subito volato sul davanzale per sbirciare dentro, Sergio aveva dovuto scalare la cuccia del cane, saltare sulla caldaia, e poi lanciarsi nel vuoto in direzione dell'amico. Grazie al cielo, era riuscito a non precipitare di sotto. Quindi erano scivolati entrambi all'interno, finendo per rimanere intrappolati in un buio sgabuzzino colmo di cianfrusaglie.
«Come si apre la porta di questa stanza?» Domandò Sergio, spazientito.
«Perché pensi che io conosca le risposte a tutte queste domande? Mica ci abito io in questa tana! Il mio nido non ce le ha le porte. E nemmeno le finestre. A che cazzo servono le finestre? Se uno vuole guardare fuori, basta non costruire il muro.»
«Beh prova a sbatterci contro. Magari la porta si apre.»
Luis restò per un attimo interdetto. Poi lanciò uno sguardo alla porta, ci rifletté qualche altro secondo, quindi si alzò in volo e prese a girare vorticosamente per la stanza. Dopo aver compiuto quattro o cinque giri, giusto per essere sicuro di aver raggiunto una velocità sufficiente, si lanciò con tutta la foga possibile contro il legno. Sfracellandosi. Il rumore prodotto dal suo cranio fu simile a quello di una noce che si spacca sotto i denti di un cinghiale. Il piccolo pettirosso rimbalzò in aria e precipitò su una cesta colma di calzini ancora da appaiare. Immediatamente Sergio si precipitò dall'amico.
«Ma che cazzo fai??? – Gli gridò. – Cosa sei, coglione? Stavo scherzando!»
Il pettirosso era disteso con le ali aperte e le zampe in aria, la lingua fuori dal becco e lo sguardo vitreo di chi sta tirando le cuoia. Il pedalino bianco sul quale giaceva supino era già intriso del sangue che gli fuoriusciva copiosamente dalla testa. Sergio afferrò col becco il pedalino e cercò di avvolgerci meglio che poteva la testa di Luis.
«Sergio...» Pigolò l'uccellino.
«Dimmi!» Gli rispose Sergio, leggermente sorpreso.
«Sergio non vedo più niente...» Proseguì Luis.
«Perché hai un calzino zuppo di sangue sulla faccia.»
«Sergio ho paura che non ce la farò. – Il pettirosso ormai faticava anche solo a parlare. – Ma tu non devi rinunciare... Ti prego... Recupera... Il tomo...»
«E basta con questo libro della minchia! – Sbottò il kiwi. – Sono giorni che farnetichi e non parli d'altro! Basta con questa storia del racconto, che noi dobbiamo seguire il destino degli eroi e tutto il resto. Eccolo il tuo destino da eroe! Ti sei spaccato il cranio sul legno di una porta. Sei proprio fico, eh già! Scommetto che comporranno una canzone su di te. Ma che dico! Scriveranno un libro, proprio come quello di Bart il tasso. Adesso smettila con queste stronzate... dai torniamocene a casa...»
Una lacrimuccia sgorgò prepotente dal margine dell'occhio sinistro di Sergio. Luis non si muoveva più. Sergio avrebbe voluto strizzare le palpebre e teletrasportarsi altrove, non gli importava dove. Si sarebbe volentieri scagliato tra gli spazi siderali, avrebbe attraversato mondi e dimensioni parallele, avrebbe desiderato volentieri giungere là, dove nessun kiwi era mai stato prima. Un posto dove niente era consueto, ma nemmeno conosciuto e men che mani usuale. Avrebbe voluto non sapere più niente di niente, disconoscenza totale. E poi svegliarsi nel suo letto chiedendosi cos'è che aveva da fare oggi, senza nemmeno ricordarselo. Questo gli sarebbe piaciuto. Dimenticare e tirare avanti.
Invece non ebbe il tempo nemmeno di asciugarsi quell'unica, preziosa lacrima. Il signor Knodeldome irruppe nella stanza, bofonchiando parole incomprensibili nella sua lingua oscura. La porta si spalancò e l'omone mosse un paio di passi sul parquet, facendolo scricchiolare minacciosamente, quindi cominciò a ruotare la testa in tutte le direzioni. Probabilmente aveva udito il cozzare della testa di Luis sul legno e questo aveva richiamato la sua attenzione. Il kiwi schizzò velocemente sotto una pila di panni. Nascosto lì sotto gli giungevano solo echi distanti di ciò che stava accadendo, e non sapeva come avrebbe reagito quel corpulento mammifero semmai avesse scoperto che una palla di piume beccuta stava nuotando nella sua biancheria pulita. Preso dal panico, si spinse oltre fino a sbucare fuori dal cumulo di indumenti ammucchiati. Notò che il signor Knodeldome era chino sul cadavere di Luis. Il suo amico pettirosso sarebbe diventato pappa per il chihuahua? Chi lo sa. In ogni caso non c'era spazio per i sentimenti, Sergio doveva approfittare della situazione. Balzando sulle zampe, il goffo pennuto corse oltre la soglia della porta, rimasta fortunosamente aperta. L'ultimo pensiero che Sergio lasciò nella stanza fu che alla fine, con quel colpo di cranio, Luis la porta l'aveva aperta davvero.
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