Nella realtà, per compiere il gesto di Katy nella terza vignetta, si sollevano i palmi fino alla posizione che ho illustrato, e poi si fanno "vibrare" in direzione del soggetto da mostrare. Come se li si volesse lanciare in quella direzione. E' un gesto che trovo molto comico e mi dispiace che in un fumetto non possa essere completamente riprodotto. Per questo quando guardo la terza vignetta di questa striscia ne sono soddisfatto, perché mi sembra di essere riuscito comunque a rendere il senso del gesto, nonostante le limitazioni del mezzo di comunicazione.
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mercoledì, novembre 30, 2011
martedì, novembre 29, 2011
Drizzit 157
Quando ho scritto la sceneggiatura di questa striscia, non mi sono preoccupato di come avrei realizzato "Baba Yaga vestita elegante per un ricevimento" né ho pensato che Drizzit avesse bisogno di un cambio d'abito. Successivamente ho notato che ho disegnato Baba sempre vestita con abito elegante, quindi per rendere la cosa ancora più esplicita le ho aggiunto una collana di perle e uno scaldamani di pelliccia, di quelli che andavano di moda fino ai primi del '900. Drizzit invece l'ho lasciato così, in fondo è il suo interprete mica il compagno. Se l'avessi disegnato in giacca elegante sarebbe stato ridicolo, e avrebbe potuto essere scambiato per il maggiordomo.
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Perché scrivo
Vi segnalo questo pezzo di Hanif Kureishi apparso su Internazionale. Lo scrittore parla del mestiere di scrivere, di cosa significa per lui, e di come la scrittura sia un processo creativo al quale non saprebbe mai rinunciare. Leggendolo, ci ho visto un po' di quel che sono, di quel che vorrei essere, e di quello che ammiro in una persona.
"Spesso gli scrittori si percepiscono, e vengono descritti, come dei nullafacenti, dei perditempo e dei fannulloni, e questo perché buona parte della nostra attività si svolge mentre non lavoriamo, nel nostro inconscio e al bar. Non saprei da dove cominciare a spiegarvi quanto possa essere faticoso guardare fuori dalla finestra interrogandosi sulla propria penna preferita, e sul colore di inchiostro più adatto per quel giorno, e in ogni caso temo che non sarei troppo convincente.
Perdere tempo è comunque sempre più fruttuoso della concentrazione ossessiva. Non lo sarebbe se sapessi in anticipo che cosa penso, soprattutto su argomenti importanti come la scrittura, l’insegnamento, il liberismo e il cosiddetto fondamentalismo religioso. So però di essere interessato a quello spazio in cui s’intrecciano filosofia, letteratura e psicoanalisi, all’interazione tra la mente e il mondo. E che come argomento prediligo la sostanziale estraneità dell’essere umano, a se stesso come agli altri."
Riporto un paio di passi che ho particolarmente apprezzato:
"Spesso gli scrittori si percepiscono, e vengono descritti, come dei nullafacenti, dei perditempo e dei fannulloni, e questo perché buona parte della nostra attività si svolge mentre non lavoriamo, nel nostro inconscio e al bar. Non saprei da dove cominciare a spiegarvi quanto possa essere faticoso guardare fuori dalla finestra interrogandosi sulla propria penna preferita, e sul colore di inchiostro più adatto per quel giorno, e in ogni caso temo che non sarei troppo convincente.
Perdere tempo è comunque sempre più fruttuoso della concentrazione ossessiva. Non lo sarebbe se sapessi in anticipo che cosa penso, soprattutto su argomenti importanti come la scrittura, l’insegnamento, il liberismo e il cosiddetto fondamentalismo religioso. So però di essere interessato a quello spazio in cui s’intrecciano filosofia, letteratura e psicoanalisi, all’interazione tra la mente e il mondo. E che come argomento prediligo la sostanziale estraneità dell’essere umano, a se stesso come agli altri."
E poi, in conclusione:
"Può darsi che l’ozio sia la levatrice dell’arte, ma in me il desiderio di scrivere non è diminuito nel corso degli anni. Semmai è aumentato. C’è ancora la stessa tensione quotidiana a raggiungere un briciolo di verità, o perlomeno a buttar giù qualche parola. Oppure, meglio ancora, ad avere una buona idea prima di andare a letto, un’idea che possa far avanzare il lavoro. Mi piace essere sorpreso da quel che scrivo, e a volte mi capita perfino di ridere davanti ai risultati. Sono il mio primo lettore. Se qualcosa piace a me, forse piacerà anche agli altri.
Spesso mi domando se ormai non ho detto tutto. Potrei tranquillamente ripeterlo da capo e a metà prezzo, ma uno non smette mai di crescere, di seppellire vecchi sé, cercare nuovi ostacoli e nuove resistenze nel materiale, e desiderare di appuntare parole alle cose. Non sono sicuro che esista uno scrittore che smette definitivamente di sentirsi goffo, o a tratti superficiale. Ci sono cose che non gli riusciranno mai bene, cose sulle quali vorrà lavorare. Con l’età, gli scrittori rallentano, leggono di più, e lottano contro la disperazione. Ma anche durante il declino, pochi artisti sono disposti a rinunciare alla creatività. È sempre emozionante essere raggiunti da una buona idea. La fine di una vita è interessante quanto il suo inizio. Se chiedete a uno scrittore quale delle sue opere preferisca, la risposta non potrà che essere: quella che devo ancora scrivere."
Spesso mi domando se ormai non ho detto tutto. Potrei tranquillamente ripeterlo da capo e a metà prezzo, ma uno non smette mai di crescere, di seppellire vecchi sé, cercare nuovi ostacoli e nuove resistenze nel materiale, e desiderare di appuntare parole alle cose. Non sono sicuro che esista uno scrittore che smette definitivamente di sentirsi goffo, o a tratti superficiale. Ci sono cose che non gli riusciranno mai bene, cose sulle quali vorrà lavorare. Con l’età, gli scrittori rallentano, leggono di più, e lottano contro la disperazione. Ma anche durante il declino, pochi artisti sono disposti a rinunciare alla creatività. È sempre emozionante essere raggiunti da una buona idea. La fine di una vita è interessante quanto il suo inizio. Se chiedete a uno scrittore quale delle sue opere preferisca, la risposta non potrà che essere: quella che devo ancora scrivere."
lunedì, novembre 28, 2011
Drizzit 156
In realtà "detappizzare" Drizzit non era esattamente nelle mie intenzioni. Avevo bisogno di un motivo per il quale una sua vecchia conoscenza potesse non riconoscerlo (vedrete più avanti nella storia). Poi però mi sono detto: se Baba Yaga ha la possibilità di trasformare in teiere le anime sgradite, perché non dovrebbe "abbellire" quelle che le piacciono? Ed ecco trasformato Drizzit nella versione di se stesso più conforme ai gusti della strega.
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sabato, novembre 26, 2011
Drizzit 155
Credo che dovrei calcare la mano maggiormente nel definire la personalità di Drizzit. Nelle strisce realizzate fin qui si capisce che è buono, ma non quanto è buono. Vorrei che fosse chiaro che Drizzit è super buono, cioè che è un coacervo di ideali e indefessa virtù, e che è privo di qualsivoglia inclinazione alla malizia (intesa come tendenza al male). Magari lavorandoci sopra riuscirò a rendere meglio l'idea.
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Ma i cacciatori di vampiri sono ancora discriminati
Apro la pagina de Il Fatto Quotidiano e ci trovo le dichiarazioni di Padre Amorth, noto esorcista. Manco ve le sto a riportare, se volete farvi due ristate potete andare direttamente sul pezzo e leggervele. Però di riflesso resto indignato.
Il punto è questo: quasi la prima cosa che ha fatto Ratzinger quando è diventato Papa, è stato elogiare l'operato degli esorcisti e ribadire l'importanza del loro ministero. Gli esorcisti, capite? Gente che studia come scacciare i demoni. O meglio come scacciare Satana. Dai corpi della gente. Il Papa ha benedetto il loro operato. Persone come Padre Amorth vanno in giro a dire che scacciano i demoni dal corpo delle persone, anzi ci sono corsi apposta per prepararti a certe pratiche. Adesso io non so come la pensate voi, ma secondo me sono cazzate.
Come il sangue di San Gennaro. Mettetevi l'anima in pace: è una mistura chimica che si può riprodurre tranquillamente in laboratorio e che si scioglie agitandola un pochino.
Come le madonnine di coccio che piangono. Qualcuno va lì e ci mette il sangue, poi dice che piangono, ma quando si chiede di fare analisi del sangue comparative ai membri della parrocchia il permesso viene negato.
Come le stigmate di Padre Pio. Se le faceva da solo, probabilmente, e grazie a questo saggio espediente adesso il suo santuario vende più monili di quanto l'ikea venda comodini.
Il bello è che le stesse persone che credono a queste cazzate, poi con la faccia come il culo, vanno in televisione a dire che gli oroscopi, la cartomanzia, gli amuleti di Wanna Marchi sono frodi e magari anche circonvenzione di incapaci a scopo di lucro. Insomma non vedo come un prete che crede nelle madonnine di coccio che piangono sangue possa andare in televisione e dire che non si deve credere nella cartomanzia. Sono lo stesso tipo di stronzate. Non è che siccome la prima è promossa dal Vaticano allora è meno stronzata di quella portata avanti da una piccola azienda di Napoli che va in onda su satellite.
Comunque quello che mi indigna, alla fine, non è nemmeno questa ipocrisia. Quello che mi indigna davvero, è la mancanza di rispetto nei confronti di altre nobili professioni, come i cacciatori di vampiri, gli sterminatori di zombi, e gli uccisori di lupi mannari. Perché il Papa tollera (ma che dico? benedice!) il ministero degli esorcisti, e nessuno rivolge mai una parola di conforto o di elogio nei confronti degli altri loro colleghi? Poveretti... costretti a lavorare nel buio, non supportati ufficialmente dalla Chiesa che quindi non rigira loro nemmeno una fetta dell'8 per mille... Ma io dico, è mai possibile? ...amici della Chiesa Valdese, almeno voi, due parole anche a loro, le volete dire?
venerdì, novembre 25, 2011
Drizzit 154
Trovo particolarmente riuscita questa striscia. Mi piace innanzitutto la tempistica, perfettamente scandita dalle tre vignette (vorrei che tutte le mie strisce avessero tempistiche come questa, ahimé); poi il fatto che Wally e Dotto stiano bevendo una birra in una locanda, un evento che rende più realistico il contesto delle storie; infine mi piace l'espressione di Katy nella seconda vignetta. Sono stato parecchio indeciso se disegnare o meno la nuvoletta nera con il teschio bianco nell'ultimo riquadro... alla fine mi ha convinto il fatto che senza quella nuvoletta, la terza vignetta sarebbe stata troppo vuota.
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giovedì, novembre 24, 2011
Drizzit 153
Per alcune strisce mi pongo il problema della fruibilità rispetto al piccolo pubblico di lettori di Drizzit. Personalmente trovo che strisce come questa, che giocano sulla personalità e sulle interazioni tra i personaggi, siano molto interessanti. Ma mi chiedo se la maggior parte dei lettori non preferisca strisce con sequenze più d'azione, o più dichiaratamente fantasy, o più ridicole. Nel bilancio generale cerco di accontentare un po' tutti. Magari se Drizzit avrà un futuro più roseo, mi permetterò anche di sondare le opinioni di chi lo legge, per trovarci conferme e/o smentite.
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martedì, novembre 22, 2011
Drizzit 152
Esatto, Topple era proprio il paese che avrebbero dovuto evitare perché lì Katy aveva questioni in sospeso. Il nome del paese non l'ho inventato. Per quei pochi di voi che avessero presente di cosa sto parlando, era il primo paese che si incontrava giocando a Final Fantasy Mystic Quest per Gameboy, uno dei giochini della Square sulla quale ho gettato decine di ore della mia adolescenza.
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lunedì, novembre 21, 2011
Drizzit 151
"Signorina non so che dirle... è un cadavere bagnato." Direi che è una battuta di chiusura soddisfacente, ma se avessi avuto più spazio avrei allungato la risposta del guaritore... non so qualcosa del tipo: "Signorina non so che dirle, quello che mi avete portato è solo un cadavere bagnato... e state anche sgocciolando su tutto il pavimento!"
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domenica, novembre 20, 2011
Drizzit 150
Per la striscia numero 150 avrei voluto fare qualcosa di speciale. Ma poi ho rinunciato. E' solo un numero come un altro. Per disegnare le prime due vignette avevo intenzione di riciclare i disegni di altre vignette precedenti. Col senno di poi, se non l'avessi fatto avrei risparmiato tempo: ho dovuto allungarli, ritoccarli, ricolorarli, adattarli ai nuovi riquadri. Riguardo invece alla terza vignetta, spero che l'espressione dell'uomo-seppia sia sufficientemente esplicativa.
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sabato, novembre 19, 2011
La Santa Cresta
Girando nelle chiese, sopra qualche altare all'ombra di un paio di colonne, è facile imbattersi negli opuscoli (inclusivi di bollettino prestampato) che invitano a donare per il sostentamento dei sacerdoti. Avendo tra le mie conoscenze qualche sacerdote, so quanto la Chiesa passa loro di stipendio, ed è obiettivamente poco. Perciò ho sempre pensato che ai sacerdoti venga distribuito quanto si può, e niente di più, né di meno.
Poi mi viene segnalato questo articolo su l'Espresso, e mi cadono le braccia. Solo con l'8x1000, alla Chiesa viene destinato (esclusivamente per il sostentamento dei sacerdoti, non per altro) tre volte tanto quanto effettivamente rigira loro. Insomma già solo con quello potrebbe triplicare il loro stipendio. Non che ce ne sia bisogno, visto che comunque le parrocchie, tra donazioni e altri introiti, se la cavano bene (non ho mai visto un sacerdote patire la fame).
"Trentunomila e 478 euro virgola qualcosa. E' la somma che lo Stato, quindi l'intera platea dei contribuenti, ha versato nel 2010 per il mantenimento di ognuno dei 33 mila e 896 sacerdoti in servizio attivo nelle diocesi del Paese. Il totale fa un miliardo e 67 milioni di euro, l'importo del cosiddetto 8 per mille (salito nel 2011 a un miliardo, 118 milioni, 677 mila, 543 euro e 49 centesimi). E l'assegno l'ha incassato la Chiesa, attraverso la Conferenza episcopale. Che poi a ciascuno di quei preti ha girato direttamente solo 10.541 euro, un terzo di quanto ha stipato nei propri forzieri. L'espressione è un po' forte, ma i numeri sono numeri: e dicono che i vescovi fanno la cresta sullo stipendio dei loro sottoposti."
Ma allora mi chiedo, a che cazzo servono quei bollettini?
Drizzit 149
L'intenzione ovviamente era quella di rievocare quei ridicoli spot anni '80 di giocattoli come Barbie o Playmobil, dove i pupazzi cambiavano mestiere in base al vestito e tutte le varie opzioni venivano elencante di seguito: Ken astronauta! Ken giardiniere! Ken principe azzurro! ...recentemente anche le costruzioni LEGO hanno cominciato a produrre serie collezionabili di omini. Qualcuno di quelli l'ho comprato anche io, lo confesso.
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venerdì, novembre 18, 2011
Drizzit 148
Baba Yaga è una strega dell'immaginario dell'est Europa, presente anche in molte leggende russe. Siccome si tratta di una strega, ho voluto disegnarla mentre armeggia con un calderone. In tutte le vignette precedenti si fa riferimento a lei come a una veggente, una divinatrice, un oracolo. La verità ovviamente è che si tratta di un essere malvagio, nonostante le apparenze.
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giovedì, novembre 17, 2011
Skyrim, ovvero il misterioso motivo per il quale la Bethesda non sforna giochi perfetti
Recentemente ho ripreso a videogiocare assiduamente. Messi in pausa i libri e i racconti che devo terminare, ho deciso di trastullarmi per qualche settimana appresso ad alcuni titoli piuttosto gustosi che si sono affacciati sul panorama videoludico negli ultimi tempi. Dopo aver finito per l'ennesima volta Shadow of The Colossus nella sua nuova edizione HD per PS3, ho acquistato Skyrim.
Riguardo quest'ultimo titolo, vale la pena spendere qualche parola, casomai aveste intenzione di spendere 70 euro per acquistarlo, invogliati dalle buone recensioni che il gioco sta ottenendo su riviste del settore e blog. Avendo giocato anche a Morrowind, Oblivion, Fallout 3 e a Newt Vegas, so bene come la Bethesda lavora, e quali sono i suoi obiettivi. Differentemente dalle ambizioni di coinvolgimento cinematografico di molti videogiochi attuali, Skyrim segue nelle intenzioni i suoi predecessori, puntando invece a rievocare un immedesimazione del giocatore in prima persona all'interno di un mondo virtuale dettagliatissimo. Raramente (volendo quasi mai) il punto di vista esce della visuale in prima persona, al punto che occorre voltarsi attivamente per seguire i dialoghi tra diverse persone quando ci si trova coinvolti in una discussione. La ricostruzione degli ambienti, dei paesaggi e l'attenzione ai dettagli sono i punti di forza del gioco. Il filo della trama scompare sommerso dalle centinaia di missioni secondarie più o meno importanti che il giocatore può scegliere di affrontare o meno, mentre in questo gioco ancora più che negli altri è possibile cimentarsi in una serie di attività di costruzione, artigianato e professione che contribuiscono tanto quanto l'ammazzare i nemici al passaggio di livello. Insomma si potrebbe anche trascorrere gran parte del tempo in cerca di ingredienti per una sostanziosa zuppa di farro, e cucinarla, per ottenere comunque punti esperienza sufficienti a crescere. Ma dubito che molti lo faranno.
In molti stanno già lamentandosi per il cospicuo numero di bug presenti nel gioco. Il mio disappunto però deriva dalla evidente non volontà dei programmatori di rifinire alcuni difetti evidenti che da anni affliggono i titoli Bethesda. Possibile che saliti a cavallo ancora non sia possibile sfoderare l'arco e attaccare? Ogni volta occorre scendere e affrontare il nemico, poi risalire. Senza considerare che il gioco non si premura di segnalarvi dove si trovano la vostra cavalcatura o eventuali vostri alleati, con il risultato che se una volta scesi da cavallo questi viene attaccato e fugge, bisognerà perdere ore a perlustrare l'intera zona cercando di capire dove diavolo sia fuggito. Allo stesso modo, se il vostro compagno alleato viene divorato dietro l'angolo da una tigre, voi lo scoprirete solo quando dopo chilometri vi volterete a guardare indietro e non lo troverete più a seguirvi. Questi non sono "bug" bensì sono dettagli che la Bethesda non sembra proprio considerare importanti.
Tra le altre cose che i giochi Bethesda non vogliono proprio considerare ci sono le relazioni tra i personaggi. Che un compagno ti segua per tutto il gioco o che tu lo incontri casualmente una volta sola, il massimo che puoi ottenere da lui è uno sconto sui prezzi o una confidenza in più sulle dicerie di paese. Qualsiasi tipo di romancing è bandito, ma sarebbe chiedere troppo. Basterebbe anche solo che voltandosi verso il proprio compagno, dopo aver sconfitto un drago o completato una missione, si possano chiedere le sue opinioni a riguardo. O che gli si possa comprare un cavallo (se voi ce l'avete, lui vi seguirà a piedi per tutto il mondo, di corsa!). Se l'obiettivo del gioco era l'immedesimazione, questi dettagli sono tutt'altro che trascurabili.
Su ogni altro aspetto, Skyrim è inattaccabile. Grafica di altissimo livello, trama interessante (e sottotrame altrettanto interessanti), ore e ore di gioco, centinaia di articoli e oggetti da utilizzare, bellissimo anche il passaggio di livello con le abilità che si sviluppano in "rami". Insomma un titolo che non si può evitare di consigliare, ma che ancora una volta ti costringe ad aggiungere "è comunque un gioco Bethesda." Che vi piaccia o meno poi, dipende da voi.
In molti stanno già lamentandosi per il cospicuo numero di bug presenti nel gioco. Il mio disappunto però deriva dalla evidente non volontà dei programmatori di rifinire alcuni difetti evidenti che da anni affliggono i titoli Bethesda. Possibile che saliti a cavallo ancora non sia possibile sfoderare l'arco e attaccare? Ogni volta occorre scendere e affrontare il nemico, poi risalire. Senza considerare che il gioco non si premura di segnalarvi dove si trovano la vostra cavalcatura o eventuali vostri alleati, con il risultato che se una volta scesi da cavallo questi viene attaccato e fugge, bisognerà perdere ore a perlustrare l'intera zona cercando di capire dove diavolo sia fuggito. Allo stesso modo, se il vostro compagno alleato viene divorato dietro l'angolo da una tigre, voi lo scoprirete solo quando dopo chilometri vi volterete a guardare indietro e non lo troverete più a seguirvi. Questi non sono "bug" bensì sono dettagli che la Bethesda non sembra proprio considerare importanti.
Tra le altre cose che i giochi Bethesda non vogliono proprio considerare ci sono le relazioni tra i personaggi. Che un compagno ti segua per tutto il gioco o che tu lo incontri casualmente una volta sola, il massimo che puoi ottenere da lui è uno sconto sui prezzi o una confidenza in più sulle dicerie di paese. Qualsiasi tipo di romancing è bandito, ma sarebbe chiedere troppo. Basterebbe anche solo che voltandosi verso il proprio compagno, dopo aver sconfitto un drago o completato una missione, si possano chiedere le sue opinioni a riguardo. O che gli si possa comprare un cavallo (se voi ce l'avete, lui vi seguirà a piedi per tutto il mondo, di corsa!). Se l'obiettivo del gioco era l'immedesimazione, questi dettagli sono tutt'altro che trascurabili.
Su ogni altro aspetto, Skyrim è inattaccabile. Grafica di altissimo livello, trama interessante (e sottotrame altrettanto interessanti), ore e ore di gioco, centinaia di articoli e oggetti da utilizzare, bellissimo anche il passaggio di livello con le abilità che si sviluppano in "rami". Insomma un titolo che non si può evitare di consigliare, ma che ancora una volta ti costringe ad aggiungere "è comunque un gioco Bethesda." Che vi piaccia o meno poi, dipende da voi.
mercoledì, novembre 16, 2011
Drizzit 147
Ogni tanto anche Wally dovrebbe avere i suoi momenti di carattere, altrimenti il suo personaggio resta uno smidollato frignone che di tanto in tanto si trasforma in mostro. E' importante invece che la dinamica tra i personaggi, cioè il modo in cui i personaggi interagiscono l'un con l'altro, non sia sempre scontata e monolitica. Non voglio che il rapporto tra Wally e Katy o tra Dotto e Drizzit sia sempre uguale e scontato, come lo è ad esempio quello di Lucy e Schroeder dei Peanuts. Vorrei che le cose si evolvessero. In fondo ho già ricordato molte volte che, come striscia a fumetti, Drizzit è insolita perché racconta una storia.
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Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
martedì, novembre 15, 2011
Drizzit 146
Trovo molto divertente l'immagine di Katy che si agita cercando di liberarsi da Wally, che le ha appena impedito di ingoiare delle monete d'oro. Inoltre credo che "gigante idiota" sia esattamente la definizione di ciò che Katy pensa di lui, anche al di fuori di questi litigi.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
lunedì, novembre 14, 2011
L'Analista
Ho scritto questo breve racconto quasi un anno fa, per un concorso di racconti brevissimi. Ha vinto un altro mio racconto, ma è un peccato che questo se ne resti chiuso in un buio e freddo hard-disk senza che nessuno possa leggerlo. Così ho deciso di pubblicarlo sul mio blog. Buona lettura.
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Il dottor Draghi riprese fiato dopo l'ennesimo, devastante, colpo di tosse. Ormai la sua pettinatura era compromessa e gli occhiali erano scesi a metà del naso. Con la mano cercò di asciugarsi il viso, passandosi velocemente le dita attorno al ben curato pizzetto.
«Mi perdoni, cosa stava dicendo?» Domandò con voce rauca. Ma una nuova raffica di colpi di tosse lo assalì, impedendo al suo paziente di rispondere. Il paziente in questione era Giorgio Pirelli, un autista di filobus sovrappeso, con la moglie alcolista e l'amante nigeriana. Giorgio Pirelli soffriva di claustrofobia, ed era in terapia da diversi mesi. Era sempre stato claustrofobico, ma la sua paura per gli spazi chiusi negli ultimi anni era andata peggiorando, e ultimamente si ritrovava costretto a girare per la città tenendo le porte del filobus aperte, cosa che non tutti i passeggeri apprezzavano. Soprattutto d'inverno.
«Ho bisogno di un bicchiere d'acqua... torno subito.» Gli disse l'analista. Poi si alzò e uscì dalla stanza. Giorgio si guardò attorno. Ufficio pulito, in ordine. C'era anche un lettino, ma non era mai stato invitato a usarlo. E non l'avrebbe fatto, preferiva la sedia. Lavorava seduto tutto il giorno, le sedie erano qualcosa di familiare per lui, di comodo, di confortevole. Si appoggiò allo schienale facendolo scricchiolare, aggiustò il sedere sul cuscino, strinse i braccioli con entrambe le mani e si schiarì la gola. Pochi secondi dopo la voce di Draghi lo sorprese che fantasticava sulle fantasie floreali della carta da parati.
«Mi scusi... forse sono i postumi di un raffreddore.» Riprese il dottore. La sua sedia si scansò, ma il dottore non si vedeva. Giorgio restò un attimo immobile, sorpreso. Si voltò, per controllare se Draghi fosse alle sue spalle, ma si sentì incalzare da davanti: «Prosegua...»
Un buffo pupazzo di pezza saltò di colpo sulla sedia imbottita, arrampicandosi con goffaggine oltre la scrivania. Aveva tutta l'apparenza di un orsacchiotto, con due bottoni neri a fargli da occhi. L'orso di stoffa si sedette a fatica. Non era più alto di trenta o quaranta centimetri, e adesso se ne stava immobile su quella sedia enorme, come se fosse stato abbandonato da qualche bambino distratto.
«Cos'è, uno scherzo?» Asserì timidamente Giorgio. Accennò anche un sorrisino. L'orsacchiotto restò immobile e in silenzio. Poi, con la voce ferma del dottor Draghi, gli domandò: «Uno scherzo? Quale scherzo?»
Giorgio trasalì. Nel parlare, il pupazzo di pezza aveva mosso leggermente la testa.
«Dottor Draghi... lei è un orsetto giocattolo...» Disse timidamente Giorgio. L'orsacchiotto si sporse in avanti e con la mano di stoffa, senza le dita e con un pollice appena abbozzato, afferrò la bic vicino al blocco note dove Draghi appuntava le sue cose. «Lei crede che io sia un orsetto... giocattolo? Una bambola per bambini?» Chiese. Giorgio era disorientato, incredulo.
«Sì... lei... lei è un pupazzo imbottito! ...non ho le allucinazioni! ...è assurdo!» Gridò, agitandosi sempre di più.
«Vuole un bicchiere d'acqua? La vedo agitato.» Gli fece l'orsetto, ruotando la penna.
«Un bicchiere d'acqua? ...ma lei è un pupazzo di pezza!»
A quel punto Giorgio si passò la mano sugli occhi, fece scivolare le dita sulle sopracciglia e sbuffò con forza nel proprio palmo. Un'allucinazione, non c'era altra spiegazione. Non gli era mai capitato, ma era l'unica cosa razionale. Non era stata una giornata particolarmente pesante... il solito turno, un turista tedesco a cui spiegare che non si può comprare il biglietto sull'autobus, la mamma che ha chiamato per sapere come andavano le cose. Ma il caldo, forse la stanchezza accumulata in tutta la settimana. Di certo la cosa migliore era ignorare quello che aveva davanti, quello che i suoi occhi vedevano. Era semplice. Lo faceva già, tutti i giorni. Quando la moglie lo insultava, agitandogli a pochi centimetri dal naso una bottiglia di grappa mezza vuota. Quando uscendo dal pianerottolo di casa incrociava l'odiosa signora Pina, con quel suo grosso cane scemo, e lei lo malediceva con lo sguardo perché Giorgio non pagava mai con puntualità la quota del condominio. E intorno a lui, ogni giorno, c'erano i diecimila volti di tutte le persone che incontrava, mentre il filobus infilava stridendo una via dopo l'altra. Quindi poteva farlo, poteva ignorare il pupazzo. Ma non voleva, era stanco di fingere, di cancellare la realtà, di calare una tendina e non preoccuparsi nemmeno di quello che si intravedeva in controluce.
«Dottore... Credo di essere preda di un'allucinazione, la più terribile delle allucinazioni. – Confessò, scuotendo la testa e cercando di fissare l'orsacchiotto nel mezzo dei bottoni – Un'allucinazione terribilmente reale... e persistente... credo che lei debba aiutarmi.»
L'orsacchiotto si allungò sulla scrivania e spinse verso di lui una scatolina bianca colma di piccole pillole nere e rosse. «Ne prenda una. Starà subito meglio.» Disse.
Giorgio afferrò una pillola e la ingoiò rapidamente, senza nemmeno bisogno di un bicchiere d'acqua. Inspirò. Era vero, si sentiva già meglio. Ma l'orsacchiotto di pezza restava lì, sulla poltroncina del suo psicanalista, con la voce del suo psicanalista.
«Per oggi ci fermiamo qui.» Gli disse. E zompettando giù dalla sedia e attraverso la stanza, lo invitò alla porta. Giorgio raccolse le sue cose, salutò il pupazzo come se niente fosse, e si avviò giù per le scale. Sentiva che la pillola stava facendo effetto, iniziava a calmarsi. Uscì dal condominio e si ritrovò in strada. Il rumore del traffico, l'aria carica di polvere, il chiacchiericcio del marciapiede. Era la sua città. Si guardò intorno, sgranò gli occhi incredulo, poi il suo volto si fece bianco. Cadde a terra privo di sensi. Un coniglietto di peluche corse a vedere cosa aveva. «Chiamate un'ambulanza!» Gridò a una paperella di gomma. Ma una bambola di coccio lì nei paraggi disse «Chiamo col cellulare!» e fece lei il numero. Nel frattempo, una folla di gormiti si fermò a curiosare, scattando alcune foto.
«Mi perdoni, cosa stava dicendo?» Domandò con voce rauca. Ma una nuova raffica di colpi di tosse lo assalì, impedendo al suo paziente di rispondere. Il paziente in questione era Giorgio Pirelli, un autista di filobus sovrappeso, con la moglie alcolista e l'amante nigeriana. Giorgio Pirelli soffriva di claustrofobia, ed era in terapia da diversi mesi. Era sempre stato claustrofobico, ma la sua paura per gli spazi chiusi negli ultimi anni era andata peggiorando, e ultimamente si ritrovava costretto a girare per la città tenendo le porte del filobus aperte, cosa che non tutti i passeggeri apprezzavano. Soprattutto d'inverno.
«Ho bisogno di un bicchiere d'acqua... torno subito.» Gli disse l'analista. Poi si alzò e uscì dalla stanza. Giorgio si guardò attorno. Ufficio pulito, in ordine. C'era anche un lettino, ma non era mai stato invitato a usarlo. E non l'avrebbe fatto, preferiva la sedia. Lavorava seduto tutto il giorno, le sedie erano qualcosa di familiare per lui, di comodo, di confortevole. Si appoggiò allo schienale facendolo scricchiolare, aggiustò il sedere sul cuscino, strinse i braccioli con entrambe le mani e si schiarì la gola. Pochi secondi dopo la voce di Draghi lo sorprese che fantasticava sulle fantasie floreali della carta da parati.
«Mi scusi... forse sono i postumi di un raffreddore.» Riprese il dottore. La sua sedia si scansò, ma il dottore non si vedeva. Giorgio restò un attimo immobile, sorpreso. Si voltò, per controllare se Draghi fosse alle sue spalle, ma si sentì incalzare da davanti: «Prosegua...»
Un buffo pupazzo di pezza saltò di colpo sulla sedia imbottita, arrampicandosi con goffaggine oltre la scrivania. Aveva tutta l'apparenza di un orsacchiotto, con due bottoni neri a fargli da occhi. L'orso di stoffa si sedette a fatica. Non era più alto di trenta o quaranta centimetri, e adesso se ne stava immobile su quella sedia enorme, come se fosse stato abbandonato da qualche bambino distratto.
«Cos'è, uno scherzo?» Asserì timidamente Giorgio. Accennò anche un sorrisino. L'orsacchiotto restò immobile e in silenzio. Poi, con la voce ferma del dottor Draghi, gli domandò: «Uno scherzo? Quale scherzo?»
Giorgio trasalì. Nel parlare, il pupazzo di pezza aveva mosso leggermente la testa.
«Dottor Draghi... lei è un orsetto giocattolo...» Disse timidamente Giorgio. L'orsacchiotto si sporse in avanti e con la mano di stoffa, senza le dita e con un pollice appena abbozzato, afferrò la bic vicino al blocco note dove Draghi appuntava le sue cose. «Lei crede che io sia un orsetto... giocattolo? Una bambola per bambini?» Chiese. Giorgio era disorientato, incredulo.
«Sì... lei... lei è un pupazzo imbottito! ...non ho le allucinazioni! ...è assurdo!» Gridò, agitandosi sempre di più.
«Vuole un bicchiere d'acqua? La vedo agitato.» Gli fece l'orsetto, ruotando la penna.
«Un bicchiere d'acqua? ...ma lei è un pupazzo di pezza!»
A quel punto Giorgio si passò la mano sugli occhi, fece scivolare le dita sulle sopracciglia e sbuffò con forza nel proprio palmo. Un'allucinazione, non c'era altra spiegazione. Non gli era mai capitato, ma era l'unica cosa razionale. Non era stata una giornata particolarmente pesante... il solito turno, un turista tedesco a cui spiegare che non si può comprare il biglietto sull'autobus, la mamma che ha chiamato per sapere come andavano le cose. Ma il caldo, forse la stanchezza accumulata in tutta la settimana. Di certo la cosa migliore era ignorare quello che aveva davanti, quello che i suoi occhi vedevano. Era semplice. Lo faceva già, tutti i giorni. Quando la moglie lo insultava, agitandogli a pochi centimetri dal naso una bottiglia di grappa mezza vuota. Quando uscendo dal pianerottolo di casa incrociava l'odiosa signora Pina, con quel suo grosso cane scemo, e lei lo malediceva con lo sguardo perché Giorgio non pagava mai con puntualità la quota del condominio. E intorno a lui, ogni giorno, c'erano i diecimila volti di tutte le persone che incontrava, mentre il filobus infilava stridendo una via dopo l'altra. Quindi poteva farlo, poteva ignorare il pupazzo. Ma non voleva, era stanco di fingere, di cancellare la realtà, di calare una tendina e non preoccuparsi nemmeno di quello che si intravedeva in controluce.
«Dottore... Credo di essere preda di un'allucinazione, la più terribile delle allucinazioni. – Confessò, scuotendo la testa e cercando di fissare l'orsacchiotto nel mezzo dei bottoni – Un'allucinazione terribilmente reale... e persistente... credo che lei debba aiutarmi.»
L'orsacchiotto si allungò sulla scrivania e spinse verso di lui una scatolina bianca colma di piccole pillole nere e rosse. «Ne prenda una. Starà subito meglio.» Disse.
Giorgio afferrò una pillola e la ingoiò rapidamente, senza nemmeno bisogno di un bicchiere d'acqua. Inspirò. Era vero, si sentiva già meglio. Ma l'orsacchiotto di pezza restava lì, sulla poltroncina del suo psicanalista, con la voce del suo psicanalista.
«Per oggi ci fermiamo qui.» Gli disse. E zompettando giù dalla sedia e attraverso la stanza, lo invitò alla porta. Giorgio raccolse le sue cose, salutò il pupazzo come se niente fosse, e si avviò giù per le scale. Sentiva che la pillola stava facendo effetto, iniziava a calmarsi. Uscì dal condominio e si ritrovò in strada. Il rumore del traffico, l'aria carica di polvere, il chiacchiericcio del marciapiede. Era la sua città. Si guardò intorno, sgranò gli occhi incredulo, poi il suo volto si fece bianco. Cadde a terra privo di sensi. Un coniglietto di peluche corse a vedere cosa aveva. «Chiamate un'ambulanza!» Gridò a una paperella di gomma. Ma una bambola di coccio lì nei paraggi disse «Chiamo col cellulare!» e fece lei il numero. Nel frattempo, una folla di gormiti si fermò a curiosare, scattando alcune foto.
domenica, novembre 13, 2011
Drizzit 145
All'inizio le battute in questa striscia erano più sintetiche, ma mentre la disegnavo mi sono accorto che in un fumetto del genere, a strisce, di tanto in tanto sarebbe stato meglio inserire delle vignette in cui i personaggi fanno una specie di "riassunto" di quanto è accaduto. Altrimenti è facile per il lettore perdere il filo. Ammesso ovviamente che intenda seguirlo, visto che solitamente le strisce a fumetti non hanno alcun filo, e possono essere lette anche saltuariamente. Beh in ogni caso il mio Drizzit segue un filo, quindi ho ampliato le battute facendo in modo che Baba Yaga e il protagonista in qualche modo spieghino a che punto siamo.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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giovedì, novembre 10, 2011
Drizzit 144
La sceneggiatura diceva vignetta 2: Baba Yaga si dirige verso la porta con l'aspetto di chi si è appena svegliato e una tazza di caffé in mano - vignetta 3: Baba Yaga firma il modulo di consegna mentre un corriere attende paziente fuori dalla porta, e si intravede un grosso pacco. Poi mentre stavo disegnando la sequenza delle due vignette, mi rendo conto che la tazza del caffé era di troppo! Non avrebbe potuto reggere e firmare il modulo con una mano sola. Dove sarebbe finita la tazza? ...ma questo è il bello della magia. Tutto è più comodo.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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martedì, novembre 08, 2011
Drizzit 142 + 143
Posto queste due strisce insieme perché... avevo dimenticato di aggiornare il blog! Comunque la prima delle due è una sorta di intermezzo, suppongo che giunti a questo punto i lettori siano più interessati a sapere che fine fa Drizzit piuttosto che al periplo verso la luce dei suoi amici. Ma è importante non dimenticarceli.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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sabato, novembre 05, 2011
Drizzit 141
Questa farà più ridere chi gioca a D&D, ne sono sicuro.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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venerdì, novembre 04, 2011
Drizzit 140
Qui si introduce l'interessante questione se il paradiso (o anche l'inferno) siano unici per tutti i piani di esistenza, o se ogni mondo che la fantasia umana può partorire abbia un aldilà diverso. Il regno dei cieli corrisponde al valhalla e ai campi elisi, o sono tre posti diversi nei quali si capita in base a cosa si crede? La mia teoria per Drizzit è che paradiso sia sempre lo stesso, e che vi giungano anime da ogni luogo e da ogni tempo. Per cui il simpatico "impiegato" che sta accogliendo l'elfo scuro deve averne davvero viste di tutti i colori.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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mercoledì, novembre 02, 2011
Drizzit 139
Era da parecchio tempo che non facevo miagolare Glenda. Mi sembrava l'occasione adatta.
Striscia precedente; Striscia successiva; Leggi Drizzit dall'inizio
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martedì, novembre 01, 2011
Lucca Comics & Games 2011
Ho pubblicato sul blog della Gilda del Drago Nero il resoconto della nostra giornata a Lucca in occasione di Lucca Comic & Games 2011. Se vi interessa leggerlo, potete trovarlo qui.
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La casaregola dei colpi mirati
Discutendo con alcuni giocatori di Pathfinder GdR, ho sentito l'esigenza di mettere nero su bianco una variante della regola dei colpi mirati che renderebbe molto più fluida quella originale, presentata in Ultimate Combat. Si tratta in realtà della semplice somma di regole già esistenti, e già applicate nel caso di molti mostri. La sintetizzo qui sotto, così da potervi fare riferimento nelle prossime partite.
Mirare a una zona del corpo: esistono colpi mirati facili, impegnativi e difficili, secondo quanto già descritto in Ultimate Combat. Colpire una zona del corpo piccola e specifica (come orecchio, occhio, naso, mano, piede, ginocchio, gola eccetera) comporta una penalità di -10 al tiro per colpire ed è considerato un colpo mirato difficile. Colpire una zona del corpo di medie dimensioni (un braccio, la testa, una gamba) è considerato un colpo mirato impegnativo che comporta una penalità di -5 al tiro per colpire. Un colpo mirato facile invece è uno che prende di mira una zona grande o comunque non soggetta a movimenti improvvisi durante il combattimento, come il torace o l'addome, e la penalità è solo -2.
Sferrare un colpo mirato è un'azione standard che non innesca attacchi di opportunità. Si può mirare a una zona anche con un incantesimo, ma la CA con la quale bisogna confrontarsi non è quella a contatto ma quella reale (il manuale dice che questa differenza è giustificata dal fatto che dirigere con precisione un raggio di energia non è facile come lanciare una freccia). Inoltre l'occultamento in caso di colpo mirato, se presente, è aumentato di una categoria: leggero diventa pesante e pesante diventa totale. Le penalità per la copertura, anche minime, impediscono un colpo mirato.
Conseguenze: le conseguenze derivano dalla zona del corpo colpita e dalla sua funzione; generalmente non si causa il normale danno e si infligge invece alla vittima una penalità di -2 alle prove che coinvolgono la parte colpita per la durata di 1d4 round. Il manuale Ultimate Combat è molto più specifico ed elenca penalità zona per zona, inoltre elenca effetti aggiuntivi (come danni alle caratteristiche) nel caso in cui si assesti un critico o si infliggano almeno 50 danni (che sono comunque "virtuali" cioè non si sottraggono ai punti ferita totali del bersaglio).
Mirare a una zona del corpo: esistono colpi mirati facili, impegnativi e difficili, secondo quanto già descritto in Ultimate Combat. Colpire una zona del corpo piccola e specifica (come orecchio, occhio, naso, mano, piede, ginocchio, gola eccetera) comporta una penalità di -10 al tiro per colpire ed è considerato un colpo mirato difficile. Colpire una zona del corpo di medie dimensioni (un braccio, la testa, una gamba) è considerato un colpo mirato impegnativo che comporta una penalità di -5 al tiro per colpire. Un colpo mirato facile invece è uno che prende di mira una zona grande o comunque non soggetta a movimenti improvvisi durante il combattimento, come il torace o l'addome, e la penalità è solo -2.
Sferrare un colpo mirato è un'azione standard che non innesca attacchi di opportunità. Si può mirare a una zona anche con un incantesimo, ma la CA con la quale bisogna confrontarsi non è quella a contatto ma quella reale (il manuale dice che questa differenza è giustificata dal fatto che dirigere con precisione un raggio di energia non è facile come lanciare una freccia). Inoltre l'occultamento in caso di colpo mirato, se presente, è aumentato di una categoria: leggero diventa pesante e pesante diventa totale. Le penalità per la copertura, anche minime, impediscono un colpo mirato.
Conseguenze: le conseguenze derivano dalla zona del corpo colpita e dalla sua funzione; generalmente non si causa il normale danno e si infligge invece alla vittima una penalità di -2 alle prove che coinvolgono la parte colpita per la durata di 1d4 round. Il manuale Ultimate Combat è molto più specifico ed elenca penalità zona per zona, inoltre elenca effetti aggiuntivi (come danni alle caratteristiche) nel caso in cui si assesti un critico o si infliggano almeno 50 danni (che sono comunque "virtuali" cioè non si sottraggono ai punti ferita totali del bersaglio).
Bene qui entra in gioco la mia casaregola (termine inventato da Marco per tradurre houserule): il danno del colpo viene comunque applicato, e se effetti aggiuntivi del colpire una zona sono giustificabili, il giocatore che sferra il colpo mirato può chiedere che vengano applicati al posto del normale effetto (-2 alle prove per 1d4 round). Ma cosa significa? Semplice: se ad esempio la zona mirata è un occhio, il colpo causa comunque il danno della sua freccia o del suo coltello (perché non dovrebbe? una freccia in un occhio fa male) e inoltre il giocatore può decidere anziché infliggere -2 alle prove per 1d4 round, di accecare il bersaglio. Perché non renderlo possibile? Lo accecherà per 1d4 round, e sarebbe molto più realistico che una misera penalità di -2 e compenserebbe il devastante -10 al tiro per colpire che occorre sopportare per riuscire nell'intento. Altra opzione: causare il danno e innescare anche una manovra di combattimento. Ad esempio mirando a un piede (penalità -10 al tiro) si potrebbe sbilanciare l'avversario, sostituendo alla penalità -2 per 1d4 round la possibilità di compiere una manovra in combattimento (BMC contro DMC, come di consueto) per gettare a terra il bersaglio. Ma potrebbero farlo tutti e sempre? Ne abbiamo discusso, e forse così sarebbe troppo forte. Così ho pensato a una soluzione.
Utilità aggiuntiva dei talenti di manovra: poiché i talenti come "Sbilanciare migliorato" o "Disarmare migliorato" e altri simili, permettono in genere di effettuare queste manovre senza subire un attacco di opportunità e con un bonus +4 al tiro della manovra, a questi potebbe essere aggiunto il vantaggio di sferrare quelle manovre in conseguenza di un colpo mirato. In tal caso comunque, non si applicherebbe nessun bonus +4 alla manovra.
Cioè chi possiede ad esempio Disarmare migliorato, può tentare come sempre una manovra di combattimento di disarmare senza incappare in un attacco di opportunità preventivo, e con un bonus +4 alla manovra. Ma in più, con questa variante, può anche far conseguire quella stessa manovra (senza il bonus +4) a un colpo mirato, quando la zona a cui si mira è adatta allo scopo. Cioè ad esempio se si sta mirando alla mano di un avversario (non certo a un piede).
Playtesterò il tutto quanto prima.
Utilità aggiuntiva dei talenti di manovra: poiché i talenti come "Sbilanciare migliorato" o "Disarmare migliorato" e altri simili, permettono in genere di effettuare queste manovre senza subire un attacco di opportunità e con un bonus +4 al tiro della manovra, a questi potebbe essere aggiunto il vantaggio di sferrare quelle manovre in conseguenza di un colpo mirato. In tal caso comunque, non si applicherebbe nessun bonus +4 alla manovra.
Cioè chi possiede ad esempio Disarmare migliorato, può tentare come sempre una manovra di combattimento di disarmare senza incappare in un attacco di opportunità preventivo, e con un bonus +4 alla manovra. Ma in più, con questa variante, può anche far conseguire quella stessa manovra (senza il bonus +4) a un colpo mirato, quando la zona a cui si mira è adatta allo scopo. Cioè ad esempio se si sta mirando alla mano di un avversario (non certo a un piede).
Playtesterò il tutto quanto prima.
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